Film

10.000 AC: Un brodo primordiale parecchio insapore

Dopo aver distrutto il mondo innumerevoli volte, lo specialista di cinema catastrofico Roland Emmerich ha deciso nel 2008 di fare un balzo indietro nel tempo per raccontare le “origini” della civiltà. 10.000 AC. colloca la narrazione in una terra abitata da una tribù di cacciatori di mammuth che, ben prima dell’invenzione della scrittura, sanno esprimersi per congiuntivi e figure retoriche dantesche. Questi hanno adottato Evolet (Camilla Belle), unica sopravvissuta di un’altra tribù a cui si attribuisce il primato della scoperta del mascara con qualche secolo di anticipo, di cui si innamora a prima vista D’Leh (Steven Strait), il nostro giovane protagonista dal fisico aitante, oliato e perfettamente rasato. Quando però un’orda di misteriosi cattivi egizianeggianti saccheggiano il villaggio e rapiscono Evolet e perte della tribù, D’Leh darà sfogo al suo complesso dell’eroe lanciandosi all’inseguimento… Finché, scampato miracolosamente alle fauci di una tigre dai denti a sciabola, non scopre di essere, colpo di scena!, il prescelto di una profezia.

L’avete riconosciuta? Sì, è la trama di Apocalypto di Mel Gibson. Ovviamente ritrattata in alcune dinamiche per schivare le accuse di plagio, e innestata in uno scenario fanta-preistorico che non si limita solo a stuprare la veridicità storica (cosa che poteva anche starci, se il film fosse stato migliore), ma abbatte a colpi di fucile da cecchino pure le basilari regole della logica (mammuth nel deserto? WTF!).

Eleneare tutte le brutture presenti nella sceneggiatura significherebbe spoilerare tutto il film (cosa che potrei anche fare visto che non siete così folli da andarvelo a vedere, giusto?), ma basti dire solo che i dialoghi sono troppo involontariamente comici nel loro essere pomposi per poter venir presi sul serio, e la recitazione (da strapparsi i capelli) non aiuta di certo a rendere sopportabile la fruizione. Tralasciando la prevedibilità di una trama che gioca con l’ormai reiterata strategia della profezia per giustificare le scene più improbabili (alcune persino fantozziane per quanto assurde), e gli innumerevoli plagi richiami ad altri film più famosi e riusciti, i personaggi sono di un’antipatia immane, tant’é che nelle rare volte in cui stanno rischiando la pelle si arriva a fare il tifo per la Nera Mietitrice!

Chiaro, quindi, che a Emmerich interessasse principalmente usare la “storia” come scusa per accumulare effetti speciali che sopperiscano alla povertà di un film che fallisce persino l’unico obiettivo prefissato, ovvero l’intrattenimento. Peccato che persino quegli stessi effetti speciali su cui tanto si è puntato siano quanto di meno memorabile ci si potesse aspettare da un blockbuster ad alto budget: se trucchi pratici e miniature sono tutto sommato accettabili, gli inserti in CGI paiono obsoleti pure per una produzione del 2008.

10.000 AC è un film manierista per come separa nettamente i buoni troppo buoni e i cattivi arroganti e stupidi, insopportabile per prevedibilità, paradossalmente noioso nel suo ritmo elevato e ruffiano nella ricerca a ogni costo dell’identificazione del pubblico con l’eroe della storia che desidera salvare l’amore della vita. Aggiungiamo poi una colonna sonora di Harald Kloser che copia, peggiorandoli, i lavori di Hans Zimmer, e abbiamo tutte le caratteristiche del giocattolone hollywoodiano nocivo anche per il cinema d’intrattenimento.

Fatevi un favore e recuperatevi La guerra del fuoco di Annaud.

Riccardo Antoniazzi

Classe 1996. Studente di lettere moderne a tempo perso con il gusto per tutto ciò che è macabro. Tenta di trasformare la sua passione per la scrittura e per il cinema in professione.
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