Realtà virtuale. Bastano queste due semplici parole per richiamare alla mente un vasto immaginario che coinvolge arte, letteratura, cinema e videogiochi. Dopotutto la ricerca di un medium “trasparente”, capace cioè di simulare il mondo reale in maniera così perfetta da convincere l’osservatore dell’inesistenza del medium stesso, ha origini antichissime, che risalgono addirittura al Rinascimento. Questo fu infatti il periodo in cui si diffusero gli studi sulla prospettiva lineare, ovvero la schematizzazione geometrica dello spazio e degli oggetti al di là della tela, il cui obiettivo era riprodurre con esattezza matematica l’esperienza visiva, dando così l’impressione che il quadro si annullasse come medium e diventasse una finestra sul mondo.
La ricerca di immediatezza si è poi evoluta con il trompe-l’oeil prima e con la fotografia dopo, fino a investire il cinema e, appunto, l’industria della realtà virtuale. Proprio quest’ultima, che oggi sta vivendo un periodo d’oro con dispositivi come il Playstation VR o l’Oculus Rift, per certi versi rappresenta il culmine di questa ambizione, almeno per ora.
Le potenzialità di questa tecnologia non potevano certo lasciare indifferente la cultura popolare, che ha affrontato la questione in innumerevoli libri e film. Scrittori come Daniel F. Galouye, Philip K. Dick e William Gibson hanno spesso trattato questo tema, puntando il dito sull’apparente incapacità di distinguere tra realtà e finzione. Da lì la palla è passata al cinema, che forse ha saputo dare forma ancor di più a tali pensieri, proponendo storie intriganti e visioni spettacolari. Centinaia le pellicole che hanno trattato l’argomento, ma di seguito ho deciso di proporne dieci che a mio parere hanno dato, in modi diversi, un contributo fondamentale e che pertanto meritano di essere ricordate e/o (ri)scoperte.
Per comodità le elencherò in ordine di uscita nelle sale. Ovviamente vi saranno alcuni spoiler, perciò siete avvertiti.
1. Tron (di Steven Lisberger, 1982)
Quando uscì fu un flop clamoroso, eppure con il tempo divenne un autentico cult. Com’è giusto che sia, visto che la pellicola di Steven Lisberger è stata innovativa per svariate ragioni, sia dal punto di vista delle tematiche trattate (il mondo del computer) sia per quanto riguarda l’utilizzo di effetti speciali digitali. Ma di cosa parla? Il giovane programmatore Kevin Flynn (Jeff Bridges) è convinto che il capo della compagnia Encom gli abbia rubato i progetti per alcuni videogiochi di successo. Decide così di entrare di nascosto nell’edificio della società per cercare le prove.
Peccato però che, per impedirglielo, il Master Control Program, l’intelligenza artificiale che controlla il palazzo, lo “digitalizzi” e lo spedisca nientemeno che nella Rete, che agli occhi di Flynn appare come un mondo parallelo in grafica computerizzata. Per tornare nel mondo reale, Flynn potrà contare sull’aiuto di Tron, un programma guerriero creato da un suo amico, Alan (Bruce Boxleitner). Molto consigliato anche il seguito del 2010, il sottovalutato Tron: Legacy di Joseph Kosinski.
2. Atto di Forza (di Paul Verhoeven, 1990)
Ispirato al racconto di Philip K. Dick Ricordiamo per voi, Atto di forza (Total Recall, in originale) ha come protagonista Douglas Quaid (Arnold Schwarzenegger), un operaio che, insoddisfatto dalla propria vita e ossessionato da sogni riguardanti Marte, decide di recarsi alla Rekall, una compagnia che fa vivere ai propri clienti esperienze virtuali attraverso l’impianto di falsi ricordi. A Quaid viene proposta un’avventura come agente segreto sul pianeta rosso, ma qualcosa va storto: il nostro sarebbe effettivamente una spia e quella che pensava essere la sua vita non è altro che un innesto.
Braccato dai suoi vecchi colleghi, Quaid fugge su Marte e si unisce a una rivolta in corso, mentre cerca nel frattempo di recuperare i ricordi perduti. Ma come accade spesso nelle opere di Dick, non tutto è come sembra e infatti, in molte occasioni nel corso del film, verrà instillato in Quaid (e nello spettatore) il dubbio che tutto quello che sta succedendo non sia reale, ma semplicemente un sogno artificiale.
3. Il tagliaerbe (di Brett Leonard, 1992)
Del racconto di Stephen King da cui è tratto, il film di Brett Leonard ha praticamente solo il nome. Inizialmente infatti doveva essere un progetto completamente originale, intitolato Cyber God. Solo all’ultimo si è deciso di associarlo alla storia, opera dello scrittore del Maine, di un giardiniere dotato di poteri sovrannaturali. Questi, sul grande schermo, diventa un giovane ritardato di nome Jobe Smith (Jeff Fahey), usato come cavia da laboratorio dal dottor Angelo (un Pierce Brosnan pre-Bond), uno scienziato che conduce esperimenti per incrementare le capacità cerebrali tramite droghe speciali e periodiche immersioni nella realtà virtuale.
Il trattamento trasforma Jobe in un genio, ma le cose però si complicano quando il tagliaerbe comincia a sviluppare inattesi poteri psichici, dalla telepatia alla telecinesi. Man mano che le sue capacità crescono, aumenta anche il senso di onnipotenza di Jobe, che arriva addirittura a trasferire la propria essenza nel mondo digitale con l’intento di raggiungere tutte le reti informatiche del pianeta. Ora, ad essere sincero Il tagliaerbe è lungi dall’essere un capolavoro. Anzi, in alcuni punti sfiora il trash e gli effetti digitali, benché suggestivi, sono molto datati. Ciononostante rimane un piccolo cult, essendo il primo film ad aver trattato in maniera esplicita il tema della realtà virtuale (che Leonard ha poi affrontato nuovamente in Virtuality).
4. Strange Days (di Kathryn Bigelow, 1995)
Scritto da James Cameron e diretto dall’allora sua moglie Kathryn Bigelow, Strange Days riprende da un altro piccolo cult, Brainstorm di Douglas Trumball, l’idea di un dispositivo capace di registrare le esperienze sensoriali di una persona e trasferirle a un’altra, ma la inserisce in un contesto da noir cupo e violento. Protagonista della vicenda è l’ex-poliziotto Lenny Nero (Ralph Fiennes), ora spacciatore di “registrazioni sensoriali” fruibili attraverso lo SQUID, una versione ultratecnologica di caschetto per la realtà virtuale. In una Los Angeles decadente che attende con trepidazione l’arrivo dell’anno 2000, Lenny si trova coinvolto in un complotto che coinvolge gli omicidi di una sua amica prostituta e di un importante rapper di colore.
Numerosi i temi affrontati da questa pellicola ingiustamente bistrattata alla sua uscita, dallo stupro al razzismo della polizia (con particolare riferimento al pestaggio di Rodney King del 1991), passando per l’ossessione della società contemporanea per il voyeurimo e i media, dei quali viene evidenziata proprio l’aspirazione all’immediatezza trasparente. Da antologia il piano sequenza in soggettiva che apre il film.
5. Nirvana (di Gabriele Salvatores, 1997)
Chi ha detto che gli Italiani non sanno fare fantascienza? Nel ’97 Salvatores si cimenta con il genere realizzando un film cyberpunk di chiara ispirazione gibsoniana, in cui un programmatore di videogames, Jimi (Christopher Lambert), si trova ad interagire con il protagonista del suo ultimo lavoro, Solo (Diego Abatantuono). Questi, a causa di un virus che ha infettato il gioco, è improvvisamente diventato consapevole della finzione in cui si trova e, incapace di sopportare la verità, chiede al suo creatore di essere cancellato dal file matrice prima che il gioco venga moltiplicato e venduto in tutto il mondo.
Jimi intraprende così un viaggio che lo porta nei bassifondi della città e nella rete informatica, aiutato nella sua missione dagli hacker Joystick (Sergio Rubini) e Naima (Stefania Rocca). Il tutto mentre Solo cerca di convincere la donna di cui è innamorato che il mondo in cui si trovano è falso. Nivana è un film parecchio bizzarro, che mischia temi filosofici tipici della sci-fi americana (il senso di un’esistenza mediata e generata in un ambiente artificiale) con uno stile molto nostrano (metà degli attori viene dal Colorado Cafè!), ma il risultato è comunque affascinante.
6. Apri gli occhi (di Alejandro Amenábar, 1997)
Dall’Italia alla Spagna. Sempre nel ’97, il futuro regista di The Others e Agora firma quest’opera a metà tra il thriller fantascientifico e il melodramma. César (Eduardo Noriega) è il giovane rampollo di una ricca famiglia. Un giorno incontra la bella Sofia (Penélope Cruz) e se ne innamora. Peccato che una sua ex, in un moto di gelosia, lo coinvolga in un incidente che lo lascia orribilmente sfigurato. Allontanato dagli amici e dalla stessa Sofia a causa del suo aspetto, César cade in un profondo stato di depressione.
Ad un certo punto però, del tutto inaspettatamente, la sua vita sembra migliorare: Sofia torna da lui e i medici riescono a ricostruirgli il volto. Ma accadono anche cose più strane e inquietanti e César inizia a fare fatica a distinguere tra sogno e realtà. Non voglio spoilerarvi troppo lo sconvolgente finale, ma considerando il titolo dell’articolo penso che avrete già una mezza idea di dove il film andrà a parare…
7. eXistenZ (di David Cronenberg, 1999)
Il 1999 è stato un anno prolifico per i film sulla realtà virtuale. In questo periodo sono infatti uscite le prossime tre pellicole della lista. La prima è questo capolavoro firmato David Cronenberg. La famosa creatrice di videogames Allegra Geller (Jennifer Jason Leigh) presenta il suo ultimo lavoro, “eXistenZ”, un gioco che, attraverso una periferica biomeccanica da collegare alla spina dorsale, promette un’immersione totale in un’ambiente artificiale. Scampata a un’attentato da parte di un gruppo terroristico tecnofobico, Allegra vuole assicurarsi che la sua creazione non abbia subito danni, pertanto entra nel gioco, accompagnata da una guardia di sicurezza incaricata di proteggerla (Jude Law).
Senza rinunciare ai suoi temi tipici (l’ibridazione corpo-macchina), Cronenberg riprende la poetica di Dick meglio di chiunque altro, spingendo l’acceleratore sull’ambiguità tra verità e finzione. Il risultato è un’opera surreale e complessa, in cui ci si sposta tra varie realtà fino al punto da non riconoscere più quella autentica. Un’incertezza che nemmeno nel finale viene spenta.
8. Matrix (di Andy e Larry Wachowski, 1999)
Non poteva certo mancare quello che per molti è il virtual reality movie definitivo, un’autentica pietra miliare del genere cyberpunk. L’hacker Neo (Keanu Reeves) scopre che il mondo che lui credeva essere reale non è altro che una neuro-simulazione interattiva (“Matrix” appunto) creata dalla macchine, ribellatesi alla razza umana, per tenere sotto controllo le persone, che sono tenute in stato vegetativo e sfruttate come “batterie”. In questo contesto, Neo scopre di essere l’Eletto, ovvero colui che libererà l’umanità dalla schiavitù dei robot.
Prendendo ispirazione dagli studi ontologici di filosofi come Platone, Cartesio e Kant e dalla critica sociologica di Baudrillard, i Wachowski firmano una pellicola geniale, che fa leva sulla possibilità che percezioni ed esperienze non siano altro che illusioni, mettendo così in dubbio la nostra conoscenza effettiva del mondo. Un’acuta analisi gnoseologica mascherata da spettacolare e avvincente blockbuster d’azione, che mischia elementi presi dalla sci-fi classica, dal western e dal wu xia pian per dare vita paradossalmente a qualcosa di straordinariamente innovativo.
9. Il tredicesimo piano (di Josef Rusnak, 1999)
Dei tre film usciti nel ’99, questo è stato il più sfortunato: accolto poco bene dalla critica, è stato anche un pesante flop. Piuttosto comprensibile considerato che è decisamente meno riuscito dei precedenti. Eppure non è affatto da buttare. Basato sul libro Simulacron 3 di Daniel F. Galouye, immagina che al tredicesimo piano di un edificio una compagnia privata lavori alla creazione di una realtà virtuale modellata sulla Los Angeles degli anni ’30 e “abitata” da personaggi programmati per essere pensanti. La gente all’esterno può interagire con questo mondo “pilotando” un proprio avatar all’interno della simulazione. Un giorno il capo del progetto viene ucciso e il suo collega, Douglas Hall (Craig Bierko), decide di indagare. Ma la ricerca lo porta a una sconvolgente verità.
Come ho già detto, Il tredicesimo piano non raggiunge le vette di eXistenZ e Matrix, in particolare inciampa un po’ nel terzo atto. Tuttavia è una pellicola avvincente che regala un ottimo plot twist e alcune sequenze visivamente suggestive.
10. Inception (di Christopher Nolan, 2010)
Finiamo in bellezza con un’altro caposaldo della fantascienza contemporanea, firmato nientemeno che Christopher Nolan. Inception racconta la storia di Dom Cobb (Leonardo diCaprio), un ladro di fama internazionale che, attraverso un macchinario in grado di creare sogni artificiali, è capace di entrare nel subconscio delle persone e carpirne segreti. Quello che più desidera però è tornare a casa dai suoi figli, cosa impossibile visto che le autorità pensano che abbia ucciso sua moglie. La svolta arriva quando un importante uomo d’affari giapponese gli propone di compiere un “innesto”, ovvero di impiantare un’idea nella mente di un rivale per convincerlo a smembrare la sua compagnia. In cambio le accuse sul conto di Cobb saranno fatte cadere. Il nostro accetta, ma la missione si rivela più difficile del previsto, anche a causa dei fantasmi che lo stesso Cobb si porta dietro.
Inception è un capolavoro di regia e sceneggiatura, un’avventura che si snoda su più livelli di realtà fino a confonderli, lasciando gli spettatori in un costante stato di incertezza (emblematico il finale con la trottola). La perdita di cognizione tra ciò che è reale e ciò che non lo è, al punto da non vedere più alcuna differenza tra i due estremi, è di fatto il tema centrale del film. E ciò che quest’ultimo sembra suggerirci è che forse tutti i livelli di realtà hanno la stessa validità.