
13 Hours – The Secret Soldiers of Benghazi
PERCHÉ VALE ASSOLUTAMENTE LA PENA GUARDARE L’ULTIMA FATICA DI MICHAEL BAY
Quante volte avete maledetto le pubblicità prima di un film? Soprattutto quando fanno passare sullo schermo lo spot di un qualcosa di totalmente fuori tema come una sala slot o un ceramificio. Qualche mese fa però andai al cinema con degli amici e, proprio dopo lo spazio pubblicitario nell’illustre cinema di Castel di Sangro, proiettarono ancora un paio di trailer. Eravamo stufi di aspettare l’inizio de La grande scommessa e ci accanimmo verso quello che si sarebbe poi rivelato l’ottimo prodotto targato Michael Bay: 13 Hours – The Secret Soldiers of Benghazi.
A prima vista poteva sembrare la classica pacchianata americana tutta spari ed esplosioni. De gustibus, ci mancherebbe, però all’occhio saltava subito una cosa: la fedeltà delle ambientazioni. Incuriosito da quello che si è rivelato essere forse il maggior punto di forza della pellicola, sono andato al cinema con la mia ragazza a guardare un film di guerra. Esperienza da fare almeno una volta nella vita.
Circa tre mesi dopo aver visto per la prima volta il trailer, armati di pop-corn e buone intenzioni, ci siamo accomodati in una sala semi-vuota, entrando proprio durante la pubblicità di una sala slot. Corsi e ricorsi storici, che vogliamo farci.
Sin dall’inizio del film si percepisce che il tutto è “una cosa seria”. Jack da Silva (John Krasinski) è un contractor alla sua dodicesima missione al fianco dei servizi segreti americani che, contattato dal suo vecchio amico Tyrone “Rone” Woods (James Badge Dale), si reca a Bengasi per mettersi al servizio di una dependance segreta della CIA. Assieme ad altri cinque veterani (un altro contractor, tre ex marines e un ranger) hanno l’incarico di difendere i membri dell’Agenzia attivi nell’area della città libica.
La vicenda, adattamento cinematografico del libro 13 Hours di Mitchell Zuckoff nonché storia vera, si sviluppa attorno all’operato dell’ambasciatore Chris Stevens, che da Tripoli si reca a Bengasi, alloggiando nel consolato temporaneo USA ed esponendosi così ad un possibile raid terroristico. Scontato dire che qualcosa accadrà, anche vista l’imminente ricorrenza del dodicesimo anniversario dell’11 settembre.
Nel complesso, il film colpisce principalmente per tre aspetti:
- Ambientazioni e costumi
- Ritmo incalzante
- Somiglianza ai veri protagonisti della storia, di cui vengono mostrate le foto nei titoli di coda
Per tutta la durata della pellicola si ha l’impressione di essere davvero in Libia. Costumi, veicoli, strade e palazzi combaciano alla perfezione con le immagini che si vedevano (e vedono) nei TG quando si parla di Tripoli e Bengasi. La velocità delle riprese e l’alternanza tra grandangoli, primi piani e piani sequenza aiutano lo spettatore a rimanere concentrato e a godersi la qualità della regia. Davvero una figata.
Ciò che davvero stupisce però è il sorprendente grado di imparzialità. Ok, stiamo parlando di un war movie americano con Michael Bay alla regia. Ogni dubbio su ciò che ho appena scritto è più che lecito. Ma, con il cuore, TheMacGuffin vi invita a prendere visione del film senza pregiudizi. Ne rimarrete stupefatti.
Raccomando a coloro che seguiranno il nostro consiglio di scrollarsi di dosso qualsiasi tipo di voglia di fare critica politica. Si parla di una storia vera, di fatti realmente accaduti a due passi da noi che non si ha intenzione di strumentalizzare. Finalmente un film privo di ipocrisie radical chic. Ottimo spunto da cui ripartire.
P.S. Nel cast ci sono tanti volti visti in serie tv. John Krasinski e David Denman sono rispettivamente Jim e Roy in The Office (versione americana), David Costabile è Gale di Breaking Bad, Dominic Furmusa è Kevin in Nurse Jackie e James Badge Dale è Robert Leckie in The Pacific.