Film

Dio esiste e vive a Bruxelles

Quando si parla di cinema il rischio di sembrare spocchiosi è dietro l’angolo, pertanto oggi la mia missione è smentire questo luogo comune. Però accidenti, non si capisce se i traduttori italiani ci siano o ci facciano.

Mi spiego: il titolo originale del film è Le Tout Nouveau Testament: titolo azzeccato, considerando che si parla di un Dio che gira in vestaglia ma non ha niente a che vedere con la simpatia del grande Lebowski, e della sua figlia adolescente che decide di ribellarsi e di riscrivere, per l’appunto, il Nuovo Testamento. Ecco, in italiano l’hanno reso con un iper didascalico Dio esiste e vive a Bruxelles; praticamente manca solo il codice postale. Ma siccome noi cinefili non siamo spocchiosi, la smetto di menarmela e passo alla trama.

Qualora non si fosse capito, l’assunto attorno a cui ruota tutto il film è che Dio esiste davvero, vive a Bruxelles, ha una moglie sottomessa e remissiva, una statuina di ceramica a ricordo del primogenito (JC, al secolo Jesus Christ) che ha deciso di scappare di casa con un gruppo di amici, e una figlia, Ea, che a stento lo sopporta. E che ha tutte le ragioni per farlo: Dio è cattivissimo, vessa la madre e picchia lei, e si diverte a torturare l’umanità con modellini degni dei migliori plastici di Bruno Vespa e con un pc in stile 2001: Odissea nello Spazio. Ma Ea non ci sta: con l’aiuto del fratello riesce a sabotare il computer e inviare a tutti gli uomini un sms con la data della loro morte (naturalmente decisa dal padre), scappare dall’oblò della lavatrice e ritrovarsi catapultata nel mondo reale, dove recluterà sei improbabili apostoli per cambiare le cose.

Jaco Van Dormael riesce ad alternare risate e commozione, presentandoci barboni saggi, bambini malati, aspiranti serial killer e ricche signore annoiate che decidono di mandare finalmente a quel paese il marito per un molto più devoto e prestante gorilla – Catherine Deneuve in questo ruolo gigioneggia, ma d’altronde se non può permetterselo lei allora chi?

Cinico al punto giusto – Dio non ha né le intenzioni né le speranze di redimersi, e finisce esiliato in uno sperduto paese con suffisso -stan, rischia lo scivolone finale quando il potere passa nelle mani di una Dea, ma fortunatamente la sequenza di fiori e arcobaleni femministi dura solo pochi minuti. Per il resto, il film è riuscitissimo proprio perché è al tempo stesso poetico e scorretto; per intenderci, potrebbe ricordare Il favoloso mondo di Amélie, solo che qui al posto della melassa sprigionata da Audrey Tautou troviamo il livore e la meschinità di un Benoït Poelvoorde mai così a suo agio.

Per carità, Le Tout Nouveau Testament è studiato a tavolino per essere amato: si arruffiana lo spettatore con la divisione in capitoli, la voce fuori campo, gli scenari onirici e quel tipo di umorismo che ti fa sentire subito estremamente intelligente; epperò non si può dire che non faccia passare quasi due ore di intrattenimento come non se ne vedeva da un sacco di tempo.

Francesca Berneri

Classe 1990, internazionalista di professione e giornalista per passione, si laurea nel 2014 saltellando tra Pavia, Pechino e Bordeaux, dove impara ad affrontare ombre e nebbia, temperature tropicali e acquazzoni improvvisi. Ama l'arte, i viaggi, la letteratura, l'arte e guess what?, il cinema; si diletta di fotografia, e per dirla con Steve McCurry vorrebbe riuscire ad essere "part of the conversation".
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