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In Asia con l’ansia: tre film horror orientali da vedere

Tra i traumi cinematografici che mi sono capitati da giovine, non posso fare a meno di ricordare il primo The Ring.

Classico pomeriggio tra amiche delle medie, qualche patatina, un’Estathé, ci guardiamo un filmino horror? Ma sììì dai che figoh!1! Tanto sono coraggiosa, pensavo, c’è il sole, sono in compagnia e io sono spakkakuli, che mi frega…

Minchia, non ho dormito tranquilla per anni! Poi beccai la versione originale del film, quella giappo-horror. E da lì mi resi conto di una grande verità sul cinema made in Asia. Mette strizza più dell’occidentale.

Digerito il trauma della prima adolescenza, mi sono appassionata al genere e mi sono guardata diversi film, a volte prendendo delle cantonate pessime (tipo La bara… altro che ansia, due palle in giostra che non avete idea). Poi finalmente ho trovato diversi film fatti da Dio. Da lì mi sono partiti molti trip mentali e riflessioni all’uopo. Sono giunta alla conclusione che:

  • In Asia i ritmi sono lentissimi, molto diversi da quelli occidentali. È pieno di tempi silenziosi e trascinati, a volte anche un po’ morti.
  • Le storie alla base rasentano spesso la tragedia greca.
  • I bambini e le donne sono i più rompicoglioni e raccapriccianti fra tutte le creature.
  • Non bisogna fidarsi delle femmine (minorenni e non) con capelli lunghi e camicia da notte.
  • Fare foto porta una sfiga tremenda.
  • I personaggi si inchinano di continuo.
  • L’ACQUA È IL MALE ASSOLUTO. Evita di lavarti, fare il bagno o la doccia. Puzzerai, ma almeno resterai vivo.

Se rimaniamo solo sui primi due punti viene fuori che non solo gli horror orientali mettono un scago e un’ansia tremenda, ma sono anche TRISTI. Inesorabilmente tristi, dolenti, tragici. E lenti. Non abbiamo i continui botti nelle orecchie e rumori a caso, tanto per farvi saltare sulla sedia. No, qui il male striscia lento e ti dà una scudisciata sulle chiappe quando meno te l’aspetti. E gli spettatori ringraziano.

Oggi, quindi, voglio proporvi una tripletta di film che sono lenti, tristi e mettono ansia a pallettoni.

 

DARK WATER (Hideo Nakata, 2002)

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La sottoscritta era ragazzina, sera tardi, zapping annoiato, cosa vado a beccare se non la serata horror di MTV, quando era ancora un canale decente? Però il film non era il solito Ringu o Ju-On.

Vidi l’ultima scena, bambina indemoniata e posseduta in ascensore, mi salì l’ansia e decisi che era meglio dormire. Anni dopo, finalmente, lo guardai per intero e mi resi conto di che piccolo capolavoro fosse questo film. Siamo in Giappone, abbiamo una madre in fase di divorzio che sta combattendo per la custodia della figlioletta di sei anni, una casa fatiscente e una preoccupante macchia d’umido sul soffitto. Fin qui abbiamo i soliti binari del grande schermo de paura, nulla di nuovo. Ma il ritmo è silenzioso e lento, il fantasma di una misteriosa bambina in impermeabile giallo appare e scompare all’improvviso, poche sono le musiche, gli ambienti sono freddi e gelidi. L’ansia cresce a livelli da codice rosso, ma il tutto è mitigato dal rapporto tenero e forte tra la madre e la figlioletta. Ma è proprio questo rapporto e la sua tenerezza profonda a dar vita a un finale pauroso ma anche tragico, una roba che non solo fa paura, ma lascia anche con un groppo in gola. Buono anche il remake americano con Jennifer Connellydi cui abbiamo parlato qui.

 

Spoiler: 

La mamma protagonista infatti scopre che il fantasma è di una bambina annegata nella cisterna del condominio anni prima. La bambina è uno spirito dolente un poco stronzo, ma sta cercando un’altra mamma. E la madre che fa? Per evitare che il fantasma minacci sua figlia decide di cedere e rimanere prigioniera del fantasma! Quindi ricapitolando, madre sfigata, una bambina morta che vuole una madre e una figlia piccola che perde la mamma per… oddio sto per piangere.

 

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                                                                       La mia pacatissima reazione al finale di Dark Water

 

A TALE OF TWO SISTERS (Ji-woon Kim, 2003)

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Ci spostiamo in Sud Corea con questo horror che conserva il sapore della fiaba senza rinunciare a massicce dosi di lacrime e ansiah. Di sangue ne vediamo poco, ma ciò non guasta per niente, la paura attanaglia nelle atmosfere e in una strana presenza dalla faccia brutta che girella per la casa della famiglia Bae.

Le due sorelle Bae Soon-yeon e Bae-Soon Mi sono appena rientrate da un istituto per malattie psichiatriche a seguito della morte della mamma. Si ritrovano nella casa di famiglia con il padre e la di lui nuova moglie, che è anche ex infermiera della mamma delle ragazze. Intanto la presenza del fantasma diventa sempre più minacciosa, mentre il padre delle ragazze è il solito fesso che non si accorge di nulla.

Una nota a margine per questo film. LE MUSICHE! Alzate il volume al massimo perché le musiche sono qualcosa di meraviglioso, e completamente diverse dalla solita colonna sonora dei film horror.

Spoiler

Plot twist da urlo per questo film che già di suo tiene incollati alla sedia. La maggiore delle sorelle, dopo essersi fatta il mazzo per combattere il fantasma e la matrigna cattiva (ma siamo sicuri?) scopre che lei è l’unica sorella rimasta. La sorella più piccola infatti era morta subito dopo il suicidio della madre. E dov’era il corpo della madre? In un armadio, che crolla miseramente sopra la figlia! Ok, lo so che questa fa un po’ ridere ma vi assicuro che vederlo sullo schermo fa un effettaccio. La sorella maggiore si rende allora conto di essersi immaginata la sorella per tutto il film e di conseguenza viene fatta curare dal padre in un istituto. Tuttavia rimane molta ambiguità, dato che la matrigna torna a casa e trova uno strano “qualcosa” ad aspettarla…

 

SHUTTER (Banjong Pisanthanakun e Parkpoom Wongpoom, 2004)

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Mamma mamma guarda come mi diverto

No, no non sto parlando di Shutter Island, questo è solo Shutter. Concludiamo spostandoci in Thailandia, dove troviamo il fotografo Tun con la sua morosa Jane che fa bisboccia con un gruppo di amici. Sulla strada di ritorno la coppia è leggermente brilla e investe una tipa capellona che gira in mezzo alla strada. PAM! I due decidono di darsela a gambe. Qualche giorno dopo, Tun immortala la festa di laurea del corso. Una volta sviluppate le foto, si accorge che tra gli studenti ci sono strane macchie sfocate e un volto inquietante abbestia che compare a random. Gli amici del fotografo intanto cominciano a suicidarsi tipo lemming. Tun e la sua tipa cominciano a indagare sul fantasma, MAAAAAAAA…

Guardatelo. Ok, c’è l’ansia, ma il fantasma è da farsela addosso. Un plauso sentito ai truccatori thailandesi. E fate molta attenzione alla trama… potreste anche… che ne so, cominciare a tifare per il cattivo.

Un’altra nota di merito è la cura tutta artigianale del film. Niente digitale, solo ombre e luci nei punti giusti e trucco da urlo.

Spoiler

Spettacolare giramento di frittata anche in questo caso. Scopriamo che la ragazza fantasma, Natre, in vita era stata una ragazza asociale ma innocua. E innamoratissima del protagonista, con cui aveva avuto una breve storia. Lui l’aveva scaricata e lei si era uccisa. Peccato che Natre cominci a mandare indizi alla nuova fidanzata del fotografo. Arriviamo quindi al colpaccio di scena: gli amici di Tun avevano organizzato un incontro con la ragazza per ordinarle di lasciare in pace l’ex fidanzato. La cosa si era conclusa in una violenza di gruppo, che Tun aveva immortalato con alcune foto, in modo che la ragazza non potesse parlare. Piena di vergogna, Natre si era uccisa.

Come cambiare bandiera in una frazione di secondo. All’improvviso il tifo da stadio è tutto per Natre, nella speranza che finalmente riesca a prevalere una qualche giustizia. E succede in un modo un po’ fuori dagli schemi. Dopo un inseguimento alla ricerca del fantasma la polaroid scatta una foto di Tun e lui si accorge che Natre è aggrappata alle sue spalle. Terrorizzato si butta dalla finestra. Lo ritroviamo ancora vivo in un istituto psichiatrico, con il fantasma di Natre sulle sue spalle. Forse per amore, o forse per vendetta.

 

Concludo informandovi che questi film sono tratti da racconti e leggende metropolitane, e che hanno generato una grossa infornata di remake occidentali e plagi dallo stesso Oriente o dall’India. Personalmente vi consiglio sempre la versione originale, per andare sul sicuro.

Tenete da conto questa tripletta quando avrete bisogno di una dose massiccia di adrenalina.


P.s. Se gli horror sono la vostra passione, fate un salto dai nostri amici di Horror Italia 24!

Michela Mellina

Nasce nel 1990 in mezzo ai colli toscani dove impara la dura legge della provincia. Coltiva la sua passione per i libri,il cinema,il disegno e la misantropia. Le piace confrontarsi con persone disagiate almeno quanto lei.
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