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True Detective – Stagione 1

True Detective: tra killer e psicanalisi, è l’essenza del noir.

Chi l’ha detto che la TV produce solo spazzatura? Negli ultimi anni, infatti, stiamo assistendo ad un’evoluzione del piccolo schermo che, sempre più spesso, decide di dare vita a progetti di alto livello. La nostrana Gomorra, per fare un esempio, ma anche Game of Thrones, Sherlock, Fargo, House of Cards… la lista è piacevolmente lunga. Tra questi nomi io inserisco senza pensarci un secondo anche True Detective, la cui prima stagione mi ha lasciata letteralmente senza fiato (sulla seconda, invece, preferisco non pronunciarmi).

True Detective

Iniziamo con alcuni dati tecnici: True Detective è una serie antologica (cioè con trame diverse di stagione in stagione) uscita nel 2014 sul canale HBO. Scritta da Nic Pizzolatto e diretta da Cary Fukunaga, si è valsa dell’interpretazione magistrale di Woody Harrelson e Matthew McConaughey nelle parti dei detective Martin Hart e Rustin Cohle. Thriller, crime, drama: la storia è un giallo cupo tinto di nero e di rosso sangue, in cui due linee temporali diverse si incrociano seguendo la stessa storia fosca.

True DetectiveNel 1995 i due detective Hart e Cohle indagano sul brutale assassinio di una donna che sembra essere stata vittima di strani rituali pagani. Subito emergono collegamenti con altri omicidi. Tuttavia, se il lavoro procede, il rapporto tra i due colleghi collassa presto: i caratteri di Martin e Rust sono molto diversi e destinati a scontrarsi. Nel 2012 i due ex detective sono interrogati da due poliziotti in merito a quel primo omicidio, facendo subito capire che stanno cercando un collegamento con un simile fatto avvenuto di recente. Hart e Cohle si ritroveranno loro malgrado a indagare di nuovo insieme.

Se la trama in sé non è niente di nuovo, è l’atmosfera creata – fin dalla splendida sigla iniziale – a dare alla serie un tono nuovo, mai visto in tv. In soli otto episodi Nic Pizzolatto e Cary Fukunaga sono riusciti a dare vita ad un mondo cupo, ma sempre realistico ed estremamente caratterizzato fin nei minimi dettagli. È l’essenza del genere noir, in cui i protagonisti sono così umani con le loro sfaccettature caratteriali positive e negative, non sempre ben distinte; uomini con le spalle curve sotto il peso del mondo, da sopportare insieme a quello delle loro torbide coscienze. La forza della prima stagione, infatti, non è nella storia ma nei suoi sentimenti: il killer è il MacGuffin della situazione, il pretesto da cui sviluppare luoghi e personaggi indimenticabili. Quindi perché la prima stagione di True Detective è un prodotto imperdibile?

True DetectivePerchè c’è il mood. Lo stile della stagione si intuisce già dall’ipnotico tema iniziale, in cui la canzone country Far From Any Road di The Handsome Family accompagna un susseguirsi di immagini in doppia esposizione. In due minuti e cinquanta vediamo i volti dei protagonisti apparire tra riprese aeree di paesaggi cittadini, forme femminili emergere da zone industriali abbandonate. I volti di Martin e Rust accesi dalle fiamme o persi tra luci e ingorghi stradali. Basta questo per capire in che mondo, e in che serie tv, ci stiamo cacciando.

True DetectivePerchè è ambientato in Louisiana. Lo stato del Sud è, a tutti gli effetti, il terzo protagonista della serie (non me ne voglia Michelle Monaghan, co-protagonista in quanto moglie di Martin). Una palude grigia solcata da strade vuote, dove la natura selvaggia si affaccia nelle periferie malfamate e nel cui folto sottobosco si aggirano presenze animalesche: non mostri ma uomini orribili, colpevoli di fatti ancora più orribili. Il sud degli Stati Uniti ha un suo passato molto specifico, in cui cronaca e Storia si mescolano a fanatismi religiosi, abusi di potere, situazioni tragiche di assistenza sociale. True Detective raccoglie questi argomenti e ne ricava un perfetto racconto gotico del sud. Le città, i paesaggi ripresi sono tanto belli quanto spaventosi e la stessa voluta doppiezza si trova nei caratteri degli altri due protagonisti.

Perchè ci sono Marty & Rust. Da un lato troviamo Martin Hart, interpretato da Woody Harrelson (già visto e adorato in Natural Born Killers). È l’uomo medio: sposato, con figli e amante giovane, un uomo accattivante e un bravo poliziotto, che non riesce (e soprattutto non vuole) guardare più in là del suo naso. Imprigionato dalla più classica delle vite borghesi, sfoga i suoi istinti nel sesso facile e nell’alcol. Dall’altro troviamo invece Rustin Cohle, ovvero Matthew McConaughey in puro stato di grazia, che ne rappresenta l’esatto opposto. Introverso, cupo, solitario, cinico e parecchio filosofo. Si intuisce (e viene poi spiegata) una storia tragica alle spalle: un lavoro sotto copertura che ha lasciato i segni, un lutto gravissimo in famiglia che l’ha marchiato a fondo. Tutto ciò, insieme ad un’ampia cultura, crea il mondo interiore di Rust: è un luogo buio e parecchio cerebrale, ma assolutamente brillante per la finezza con cui riesce a definire il mondo che lo circonda. Quello che crede non deve essere necessariamente condiviso, tuttavia è impareggiabile il modo con cui i suoi concetti filosofici nichilisti fanno a fette gli uomini che gli stanno attorno.

True Detective

Inutile dire che è McConaughey a conquistare l’attenzione del pubblico: il volto scavato dalla magrezza post Dallas Buyers Club e la voce bassa (vi prego, guardatelo in inglese, l’accento del Sud è meraviglioso) attirano lo sguardo e non lo lasciano più andare. Tuttavia non ci sarebbe Rust senza Marty, ed è qui che la parte di Harrelson si fa indispensabile per bilanciare i toni pesanti della storia: l’uno senza l’altro sarebbero macchiette poco credibili, e invece insieme rappresentano ciascuno la metà nascosta dell’altro. Rust è la mente e Marty il corpo, Rust vive dentro di sé mentre Marty cerca al di fuori quello che gli manca. Rustin Cohle conosce perfettamente se stesso e, come dice, “dopo tutti questi anni, è una vittoria“, Martin Hart non ha la stessa consapevolezza e si ritrova a quarant’anni senza sapere cosa fare, con questa sensazione “che la vita ti sia tra le dita come se il futuro fosse alle tue spalle, come se fosse sempre stato alle tue spalle“. I due sembrano lontanissimi tra loro, eppure sono le due facce della stessa medaglia.

In conclusione? La prima stagione di True Detective è una stagione di psicanalisi che costringe lo spettatore a riflettere su quello che accade per arrivare a riflettere su se stesso, persino a tornare indietro con il cursore per riascoltare gli scambi tra i due detective. È viaggio che scava nella natura umana attraverso la rappresentazione di due singoli uomini: il killer di donne e bambini è un pretesto, quello che interessa è capire cosa è successo a Marty e Rust, cosa li ha fatti diventare quello che sono oggi e che cosa, alla fine,  è in grado di redimerli.

True Detective

“Avvicinati all’oscurità e l’oscurità si avvicinerà a te.”

“Rust: Una volta c’era solo l’oscurità, ma se me lo chiedessi, ti direi che la luce sta vincendo.”

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Giulia Cipollina

28 anni, laureata, lavoro in un negozio di ottica e fotografia. Come se già non bastasse essere nerd: leggo tanto, ascolto un sacco di musica e guardo ancora più film - ma almeno gli occhiali per guardare da vicino posso farmeli gratis.
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