
Hellboy, dall’Inferno al grande schermo
Hellboy è un supereroe diverso dagli altri… soprattutto perché è un demone.
Dopo l’articolo su Il Labirinto del Fauno, torno a parlare – anzi, a scrivere – di Guillermo Del Toro, questa volta attraverso il suo supereroe Hellboy. Uscito nel lontano 2004, Hellboy è la trasposizione dell’omonimo fumetto di Mike Mignola per la Dark Horse e, pur essendo un fantasy supereroistico, si allontana completamente dai film tratti da comics ai quali siamo abituati.
Perché? Perchè alla regia c’è Del Toro, e perchè Hellboy è un diavolo con la coda e le corna infuocate.
Ma un diavolo vero e proprio, un demone sbucato dall’inferno, che però lavora con gli esseri umani nel Bureau per la Difesa e la Ricerca del Paranormale, diretto dal Professor Broom (John Hurt, signori e signori), “papà” di Hellboy. Broom ha trovato il diavolo quand’era solo un cucciolo (si dice cucciolo quando si parla di demoni?), nel lontano 1944 e l’ha adottato come suo figlio. Hellboy è quindi cresciuto come un uomo, in mezzo a esseri umani e creature straordinarie, con cui lavora al Bureau. Con lui ci sono infatti agenti speciali, belle ragazze pirocinetiche, e un simpatico uomo pesce dal nome di Abe Sapiens. Insieme devono combattere la venuta di Rasputin che vuole usare l’eredità demoniaca del nostro eroe per scatenare il pandemonio sulla Terra.
Come nel Fauno, anche Hellboy si distingue per un vividissimo universo mostruoso (nel senso di “composto da mostri”). Del Toro fa suo l’immaginario di Mignola e, rimodellandolo a suo gusto, crea un universo esoterico parallelo al nostro sorprendentemente reale. Quando per la prima volta ho visto Hellboy, ho pensato subito alla scena della cantina di Star Wars: c’è una tale mescolanza di esseri, tutti veri e tutti talmente perfetti nella loro mostruosità, da risultare reali ai nostri occhi increduli. Il bello del film è infatti la capacità del regista di mescolare effetti speciali (ci sono anche quelli ovviamente) a riprese dal vero, per un effetto visivo finale da brivido.
Guillermo del Toro ricrea le atmosfere tetre del fumetto alla perfezione, e i suoi interpreti sono scelti con cura. Il diavolo rosso è il grande Ron Perlman, grande in tutti i sensi: un attore di un certo calibro e con una certa presenza scenica, ingigantita dal costume che lo trasforma letteralmente nell’eroe demoniaco. Non avrebbero potuto scegliere interprete migliore per questo rozzo, scorbutico mostro dal cuore d’oro. Accanto a lui il già citato John Hurt, poi Selma Blair nei panni dell’interesse amoroso del nostro, Jeffrey Tambor come supervisore di Hellboy e il solito Doug Jones… che interpreta chissà quanti personaggi in costume nel film.
Nel complesso, pur avendo qualche pecca nella trama (probabilmente dovute a mancanze insite nel materiale di partenza, Hellboy era infatti la prima prova di Mignola), il film è un piacevolissimo salto dentro un mondo magico mai visto prima di allora. Un mondo vivido, grazie alle maschere di Del Toro e alla storia brillante di Mignola, nel quale è sempre divertente vedersi catapultati. Non dico che vorrei incontrare un Sammael mentre vado al lavoro, o un Behemoth, ma un Hellboy come vicino di casa con cui bermi un paio di birre la sera, perché no.
PS: nel 2008 è uscito il sequel, Hellboy – The Golden Army, altrettanto fantasioso ed esoterico. Questa volta il regista si allontana un po’ dal fumetto originale, adottando una trama meno storica e più fantasy, ma sempre d’effetto. Imperdibili le sequenze del mercato dei troll e della lotta con l’Elementare, davvero spettacolari dal punto di vista visivo.
PPS: è stato da poco annunciata la progettazione del reboot, Hellboy: Rise of the Blood Queen, di Neil Marshall, con David Harbour (Stranger Things) nei panni del Diavolo Rosso. Sarà all’altezza degli originali?