Film

28 giorni dopo… e sono cazzi amari

Forse mi converrebbe dire che ho scelto di recensire il britannico 28 giorni dopo (2002) perché è un gran bell’horror, uno dei migliori degli ultimi 15 anni. O perché all’apparenza quello che sembra essere un semplice zombie movie catastrofico è in realtà un film molto più complesso, che descrive magnificamente una delle ossessioni che ci tormenta ai nostri giorni: la paura delle malattie e del contagio. Oppure per la morale del film: il vero bastardo è l’uomo, l’homo lupus e non il signor zombie e bla bla bla. Eh ma che noia, non voglio essere così menosa.

Quindi rinizio e faccio la persona sincera.

Ho scelto di recensire 28 giorni dopo per dei motivi davvero superficiali, ma che rappresentano ciò che ho realmente apprezzato del film.

Primo motivo: mi piace davvero tanto come il regista, Danny Boyle, ha attualizzato e reinterpretato il concetto di zombie. Sempre se così si possano definire i nostri amichetti, dal momento che sono di base uomini infetti che hanno contratto una malattia del sangue, propagatasi dalle scimmie all’uomo. Tecnicamente la persona contagiata muore dopo pochi secondi e ama nutrisi di carne umana quindi per tagliare la testa al toro li ribattezzeremo “zombie-infetti“.

Siamo abituati a concepire lo zombie come infinitamente lento, impacciato nei movimenti e che diventa veramente pericoloso solo se in gruppo, quando il malcapitato stronzo di turno finisce accerchiato. Vi dico solo che Boyle ha reclutato degli atleti per impersonare le sue creature, che corrono molto veloce e sono potenti nei movimenti, quindi anche presi singolarmente sono dolori. Esteticamente sono molto somiglianti agli umani, non c’è nessuna bara, nessun cimitero, non cadono a pezzi ma sono agili, vomitano sangue e hanno dei bellissimi occhi rossi accesi. Applausino dovuto ai truccatori. Il punto forte? Le urla strazianti ed assordanti che emettono. A me hanno completamente gelato il sangue.

Infected_20

Secondo motivo, molto più sentito: la Londra spettrale descritta nel film. Io vivo a Londra e il mio sogno è quello di vederla completamente silenziosa e vuota, di averla tutta per me. Ma il massimo che sono riuscita ad ottenere è una citta dormiente all’alba di domenica mattina, appestata da cori di ubriachi che fanno rotolare le lattine di birra per terra.

Il nostro protagonista Jim (un Cillian Murphy all’epoca sconosciuto) si sveglia dal coma in un letto di ospedale con il pipino di fuori, 28 giorni dopo che degli animalisti hanno avuto la brillante idea di liberare da un laboratorio scimmie infette da rabbia. Jim esce dall’ospedale e si ritrova prigioniero in una Londra disabitata, unico apparente superstite di un’epidemia che ha sterminato il genere umano. Quella scena rappresenta il momento più bello del film perché riesce a trasmetterti in modo efficace l’ansia e l’angoscia che prova il protagonista. C’è chi si sentirebbe Dio, ma c’è anche chi trova la solitudine meno sopportabile di un’orda di feroci zombie. Londra viene ripresa in diversi momenti della giornata, con colori diversi, inquadrature che ti mozzano il fiato, ma pensate anche per metterti addosso un’ansia micidiale. Boyle gira il film con mezzi limitatissimi: due spicci e interamente in digitale ma il risultato è impressionante. Dalla regia del MacGuffin mi fanno segno di tagliare con i miei momenti London glory e di ripartire con la narrazione.

28-Days-Later

Terzo e ultimo motivo: hai la sensazione di vedere tre film in uno (di generi addirittura diversi).

  • Primo film che definirei horror/apocalittico: Londra e l’epidemia. Jim inseguito dagli zombie-infetti riesce a trovare altri superstiti e decide di partere alla volta di Manchester, dopo che ha captato via radio il messaggio registrato da una base militare che promette cure e cibo.
  •  Secondo film, road movie:  l’on the road tra la verde campagna britannica dei nostri 4 sopravvissuti, i momenti di pace e serenità, le risate, i supermercati da saccheggiare senza pagare, i cavalli che corrono liberi nei prati. Sembra un’allegra scampagnata tra amici.
  • Terzo film, il thriller: il gruppo riesce a raggiunger Manchester ma capisce di essere caduto dalla padella alla brace. I nemici non sono più gli zombie-infetti ma i sadici soldati della base militare, che forse sono fin peggio.

Il finale del film è l’unica pecca che davvero rimprovero al regista, ma per il resto… alla grandissima Boyle!

State attenti la prossima volta che venite a Londra, potreste trovarla deserta e squarciata da urla decisamente non umane. E allora fidatevi, iniziate a correre… che sono cazzi amari.

 


P.s. Se gli horror sono la vostra passione, fate un salto dai nostri amici di Horror Italia 24!

Sarah Tavella

25anni (+3). Novese per nascita, londinese d'adozione. Lavora nel Marketing e come direbbe Amélie Poulain, "a Sarah Tavella piace": perdere la voce ai concerti rock, i film dove vince il cattivo, guidare senza una meta.
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