
Piccoli crimini coniugali: un noir ironico per coppie di mezza età (e non solo)
Va detto: nonostante la mia innata spocchia, nonostante il mio smodato amore per il teatro, nonostante l’allegria che mi pervade ogni volta che sento pronunciare il nome di Éric-Emmanuel Schmitt, autore dal quale è tratta l’opera di cui sto per parlarvi, quando mi sono spaparanzata sul divano per immergermi nella visione di Piccoli crimini coniugali ero piuttosto scettica.
I pareri che avevo sentito fino a quel momento sul film del 2017 di Alex Infascelli erano infatti tiepidini: ci prova, carino, bravi gli attori, però che noia, in sintesi. Strategicamente munita di caffè e cioccolato per fronteggiare eventuali colpi di sonno, sono presto arrivata alla conclusione che chi ha trovato poco avvincente Piccoli crimini coniugali deve avere una capacità di concentrazione più scarsa di quella di un pesce rosso. Perché questa piccola perla in poco meno di un’ora e mezza concentra tutto: dramma, commedia umana, humour nero, thriller e pure qualche piccolo risvolto horror.
Di per sé, la trama è estremamente semplice: una coppia di mezza età benestante, squisitamente intellò e perfetto stereotipo della borghesia colta che popola ogni grande città, rientra dall’ospedale. Lui ha una ferita in testa – è caduto, probabilmente – e non ricorda più nulla del suo passato. Lei tenta in modo più o meno amorevole di fargli tornare la memoria. Fin qui, una piccola tragedia familiare come ce ne sono tante. Ma se lui è Sergio Castellitto e lei Margherita Buy, indovinate un po’, le cose si complicheranno. Che succede sei lei, complice la momentanea amnesia, prova a trasformare il marito nell’uomo che vorrebbe, anziché nell’uomo che è? E lui ha dimenticato tutto sul serio, o la sua è solo un’ottima recita? E poi, sarà davvero caduto, o l’incidente ha sfumature più scure di quanto si vorrebbe far credere?
Piccoli crimini coniugali si regge soltanto sulla bravura degli attori e sulla bellezza degli interni; più che reggersi, si erge. Una casa lussuosa, cupa e moderna, con stampe e fotografie che sembrano altrettanti personaggi e che fanno capolino dalle fessure nei modi più inquietanti, fa da cornice a un Castellitto e a una Buy in forma smagliante. Il primo migliora con gli anni e porta in scena con sorprendente maestria le insicurezze e le vanità di un uomo non più giovane ma non ancora vecchio; la seconda, il viso meravigliosamente sfatto, finalmente si libera dal ruolo di nevrotica, smette di sussurrare e urla, piange, beve, si spettina. Unica luce in questo noir ironico, un camino modernissimo e delle fiamme che divampano ora per illuminare, ora per rassicurare, ora per spaventare.
Piccoli crimini coniugali dà forma e parole alla psiche umana e ai suoi lati più contorti. I suoi protagonisti non sono né eroi né maniaci: sono noi, semplicemente. Nei nostri momenti più bui, ma pur sempre noi: capaci di passare dalla bellezza alla bestialità con la stessa facilità con cui passiamo dal salotto allo studio. Per fortuna che, alla fine, si torna sempre all’ingresso.
Due giganti della recitazione e un regista riescono a trasformare quello che rischiava di essere l’ennesimo filmetto autoreferenziale italiano in qualcosa che potrebbe stare a ben diritto nelle sale straniere. O su un palco teatrale, anche. Da vedere quando si ha voglia di eleganza e brutalità, tutto quanto in un colpo solo.