Film

Coffee and Cigarettes: i vizi per eccellenza in un cult firmato Jarmusch

Devo confessarlo: quando ho finalmente deciso, con solo quei sedici anni di ritardo, di darmi alla visione di Coffee and Cigarettes, ero piuttosto scettica. Va bene che è Jim Jarmusch, va bene che parla di due delle simil-droghe più amate al mondo e che ho una discreta dipendenza per almeno una delle due, va bene che è un cult che più cult non si può, ma appunto per questo temevo si trattasse dell’ennesimo fenomeno di massa irrimediabilmente sopravvalutato. Ebbene: sarà il bianco e nero, saranno  le inquadrature dall’alto che fanno sia natura morta che campagna pubblicitaria, saranno i dialoghi a metà tra il surreale, il comico e il disincantato, fatto sta che Coffee and Cigarettes è davvero un film imperdibile. Non un capolavoro – meglio: una di quelle cose che devono essere viste prima di morire.

Assemblato nel 2003, ma in cantiere già dal 1986, Coffee and Cigarettes è fatto da undici corti; non solo non c’è una trama generale, ma spesso nemmeno i singoli episodi brillano per logica. Eppure, uno vorrebbe continuare a sorbirsene, uno dopo l’altro, freneticamente – come una tazza di caffè, una sigaretta, o ancora meglio il matrimonio fra le due. Un esempio? Il primo e forse più iconico, Strano conoscersi, ci mostra un giovanissimo Roberto Benigni intento a tracannare un caffè dopo l’altro in un bar; compare un perfetto sconosciuto, i due chiacchierano del nulla e finiscono per scambiarsi non solo le sedie, ma anche i rispettivi ruoli nella vita. Tutto qui? Sì. E ve lo vedreste e rivedreste all’infinito.

Per fortuna che subito dopo compaiono i Gemelli, due adolescenti annoiati in un baraccio da periferia americana: il caffè non è più espresso ma brodaglia, i dialoghi quelli complici e irritati come solo tra fratelli, e la star è un cameriere logorroico e lievemente complottista, nientemeno che Steve Buscemi. Serve altro? Eccovi serviti con Da qualche parte in California, che nel 1993 si aggiudicò la Palma d’Oro a Cannes: e come poteva essere altrimenti, con Iggy Pop e Tom Waits che gigioneggiano ai tavoli di un juke-box di notte, fingono di aver smesso di fumare con scarsi risultati, e fanno a gara a chi è il più modesto ma anche il più bravo?

Coffee and Cigarettes prosegue con Queste ti uccideranno, adorabile parodia di due anziani italoamericani (Joseph Rigano e Vinny Vella) che cercano di convincersi ad abbandonare i rispettivi vizi – è superfluo dire che la battaglia è persa in partenza. E poi ancora Renée e Nessun problema, ritratti di silenzi e solitudini ai tavolini di un caffè, e soprattutto Cugine, forse il migliore di tutti: dove Cate Blanchett interpreta una sorta di sé stessa più antipatica e allo stesso tempo una cugina spiantata e anticonformista; il bar di un hotel di lusso, due raffinatissimi espressi, un tailleur nero, un eskimo da poco prezzo e tanta, tanta insofferenza.

Jarmusch continua con Jack mostra a Meg la sua bobina di Tesla, ovvero tentativi nerd e un filino maldestri di seduzione, e Cugini?, l’equivalente maschile e un po’ british di cui sopra: non compare caffè ma solo tè, Steve (Francesco Prando) è uno spocchiosissimo e notissimo attore, Alfred (Pasquale Anselmo) un aspirante tale nonché suo presunto cugino; un grandioso Parenti serpenti condensato in pochi minuti. Dulcis in fundo con Delirio, con uno scatenato Bill Murray nei panni di sé stesso, e Champagne, una riflessione malinconica sulla vita o giù di lì.

Coffee and Cigarettes non è un film da Olimpo del cinema e non cambierà la storia della settima arte: però è un meraviglioso, irrinunciabile inno alle nostre idiosincrasie, una gustosissima prova di attori e di regia, un Jim Jarmusch al quadrato. Unico inconveniente: se state pensando di abbandonare qualche vizio, magari aspettate qualche mese prima di vedervelo.

Francesca Berneri

Classe 1990, internazionalista di professione e giornalista per passione, si laurea nel 2014 saltellando tra Pavia, Pechino e Bordeaux, dove impara ad affrontare ombre e nebbia, temperature tropicali e acquazzoni improvvisi. Ama l'arte, i viaggi, la letteratura, l'arte e guess what?, il cinema; si diletta di fotografia, e per dirla con Steve McCurry vorrebbe riuscire ad essere "part of the conversation".
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