
8 donne e un mistero: i mostri sacri del gentil sesso in una raffinata commedia noir
Le vacanze di Natale hanno quel magico potere di farci sentire tutti più buoni, certo, ma pure un po’ Parenti Serpenti. Sarà la neve che ovatta, saranno le abbuffate che convogliano tutto il sangue allo stomaco e ne lasciano poco al cervello, fatto sta che, all’incirca tra il panettone e l’ammazzacaffè, arriva quel momento in cui il parentame proprio non lo vorremmo fra i piedi. Morto, magari. Ma naturalmente è sconveniente formulare ad alta voce questi pensieri: a meno che a farlo non sia François Ozon, e che come casse di risonanza usi tutte le grandissime del cinema francese. Ecco, se avete bisogno di disintossicarvi dal passato recente, immergetevi nell’innevata campagna d’oltralpe con 8 donne e un mistero.

Girato nel 2002 e basato sulla pièce teatrale di Robert Thomas – e del teatro questo film ha parecchio –, 8 donne e un mistero porta in scena il tipico dramma da alta borghesia: donne giovani e meno giovani che mal si sopportano ma che devono salvare le apparenze, tutte quante riunite nella villa di famiglia ai confini della civiltà per le vacanze natalizie, e un unico uomo, il capofamiglia, che un mattino viene ritrovato con un coltello piantato nella schiena. Nell’arco di una sola giornata, tagliate fuori dal mondo dalla neve e dalle abili mosse dell’assassino(a?), le otto protagoniste si ritrovano a dover indagare su moventi e identità del colpevole. Che, pensate un po’, altri non può essere che una di loro.

E che protagoniste: Catherine Deneuve è Gaby, elegante moglie del defunto Marcel e possibile ereditiera delle sue fortune, salvo cambiamenti dell’ultimo minuto nel testamento; a farle da spalla e nemesi abbiamo nientemeno che Fanny Ardant, sorella di Marcel dal passato burrascoso e anticonformista; che dire poi delle figlie del morto, Suzon (Virginie Ledoyen) e Catherine (Ludivine Sagnier), rispettivamente un’aspirante borghese con qualche segreto e un’adolescente ribelle e ingegnosa? E ancora: Isabelle Huppert nei panni di Augustine, nevrotica e ovviamente zitella sorella di Gaby, e Emmanuelle Béart alias Louise, sensuale cameriera dall’aria angelica e dalla mente diabolica. Per finire ecco a voi Madame Chanel (Firmine Richard), grassoccia governante, e Mamy (Danielle Darrieux), madre di Gaby e Augustine con più di qualcosa da nascondere. Ci sono le basi per una miscela esplosiva, n’est-ce pas?

8 donne e un mistero è proprio questo: una commedia noir con al centro un confronto-scontro tra le maggiori attrici francesi in circolazione. Su tutte, naturalmente, dominano i battibecchi tra Deneuve e Ardant, quasi un omaggio alla Nouvelle Vague e al cinema del Secolo Breve; ma anche Isabelle Huppert che elemosina consigli di seduzione ad Emmanuelle Béart è qualcosa a metà tra l’esilarante e il fascinoso. Su tutto aleggia un elegante alone saffico, che trova il suo culmine nel bacio tra i due mostri sacri di cui sopra e che non sfocia mai nella volgarità; e del resto come potrebbe, con donne di questa levatura, una simile regia e un copione così intellettualmente leggero? Due battute su tutte: la Deneuve che afferma serafica che lei ha i suoi problemi, il marito i suoi, non ne parlano mai e va bene così; e poco dopo la di lei madre che, parlando del suo, di matrimonio, si ritrova ad ammettere che aveva un marito perfetto, premuroso, gentile, ma che insomma, proprio non lo poteva soffrire e, tragedia massima, non aveva neppure nulla da rimproverargli.

Chicche finali, Ozon fa cantare ad ognuna delle sue muse una canzone – il mezzo spogliarello di Fanny Ardant da solo vale il film –, e veste ciascuna con un colore diverso: Gaby è fasciata in un classico tubino verde bottiglia, la nuora Pierrette in uno sgargiante abitino rosso fuoco, la bella Louise indossa la divisa da cameriera austera ma non troppo, Suzon è in un lezioso rosa confetto e così via.

Ho scritto che 8 donne e un mistero è il film perfetto per uscire indenni dalle feste, ma devo correggermi: in realtà, è il film perfetto per ogni momento dell’anno, che sia Natale, Pasqua o perché no, per festeggiare diversamente l’otto marzo. Perché una cosa elegante, divertente, sardonica e pure un po’ gialla non la si può mica relegare all’inverno, no?