
8 Mile: la storia dei vinti
Il rap è una delle forme d’arte più spontanee che esista; basti pensare al fatto che le radici di questo genere sono quelle delle “freestyle battle” ossia “duelli” fino all’ultima rima improvvisati, con un accompagnamento musicale come base. D’altronde, cosa c’è di più spontaneo dell’improvvisazione? Ciò che accomuna la storia di molti artisti del genere e la filosofia alla base di questa forma d’arte è la rivincita sociale; con una metafora sportiva potremmo dire che la rivincita sociale che accomuna molti artisti hip-hop è come la squadra neo-promossa con zero aspettative, che però riesce a vincere il campionato. Da qui nasce quel senso di rivoluzione che in molti maleinterpetano banalizzandolo in un semplice “fuck the rules”. 8 Mile è il biopic che racconta la vita di uno dei più famosi e grandi (se non IL) degli artisti hip-hop, prima del raggiungimento della sua fama globale, ossia: Eminem.
Cresciuto sulla 8 Mile (strada di Detroit dalla quale prende il nome il film, molto azzeccato perché ci dà subito un’idea di ciò che andremo a visionare senza girarci troppo intorno), una strada malfamata che divide i quartieri dominati dalle gang di bianchi da quelle dominate dalle gang di afroamericani, Jimmy Smith Jr. (tutti i nomi saranno di pura fantasia per preservare la privacy e l’anonimato di tutti i partecipanti alle vicende che sono, ovviamente, ispirate in maniera piuttosto rigorosa alla vera storia di Eminem) vive una vita di stenti, con relazioni irregolari, problemi con la sua famiglia di appartenenza, specie con la madre ed il suo patrigno (non ha mai conosciuto suo padre) e con un bisogno economico che fa fatica a soddisfare. L’unica cosa che riesce a distorglierlo dalla realtà donandogli dei momenti felici è la musica, unica compagna e valvola di sfogo. Insieme ai suoi amici ha il sogno di sfondare nel mondo dell’hip-hop, specificatamente cerca di incidere una demo e per farlo cerca un lavoro per mettere dei soldi da parte. Nella ricerca di realizzazione di questo sogno vedremo tutte le vicissitudini che separano B-Rabbit (suo iniziale soprannome) dal raggiungimento dell’obbiettivo che perseguirà; proprio in questa parte della pellicola ci renderemo conto delle miserabili condizioni nelle quali vive il nostro protagonista, non tanto per rivelarci il motivo di un banale “fanculo la società”, bensì per mostrarci come Eminem abbia toccato il fondo prima di risalire, per mezzo della musica, una mano tesa nel buio, ed al suo talento, una scala che gli permette di superare tutti i confini e le limitazioni della sua situazione.
Anche se i personaggi secondari non trovano molto spazio (specie considerando che 8 Mile è un biopic), sono ben scritti e interpretati e molto importanti sia nelle vicende, sia nella “poetica” della produzione, mostrando tutti i volti della sconfitta sociale che li accomuna e che è probabilmente la corda che gli tiene legati gli uni agli altri, oltre quella sanguigna nei confronti dei parenti (la madre e la sorella). Parlando di personaggi, mi sento in dovere di parlare della co-protagonista del film, che rimane nascosta ed invisibile per buona parte della produzione, ma che oscura di prepotenza tutto il resto quando si palesa: la musica. Al di là della funzione catartica e di “scardina-confini” che le viene attribuito, la musica non solo riesce a condensare la suspance ed il pathos che gli eventi creano, riesce anche ad essere il momento focus della produzione, similmente a ciò che accade nei film con una componente d’azione marcata, in cui l’azione stessa diventa necessaria, sia per il ritmo, sia per riuscire a far sussultare, emozionare ed intrattenere gli spettatori. In alcuni casi però, è serva della storia, momenti nei quali funge da semplice colonna sonora; anche in questo caso però ha un ruolo diverso rispetto a molte altri produzioni, specie per chi, fan dell’artista di cui il film ricostruisce l’inizio della carriera, riconoscerà i pezzi che vengono usati, magari perchè li ha ascoltati fino alla noia.
Dal punto di vista tecnico il prodotto si dimostra meritevole, azzeccata la regia, specie nei molti dinamici momenti “d’azione”. La fotografia rende alcuni fotogrammi memorabili e dona buona parte dell’atmosfera che ha Detroit in questa pellicola. La recitazione convince in toto, Eminem, interpretando sé stesso, si è dimostrato un interprete capace, stupendo molti (è anche vero che interpretare sé stessi nella propria storia non sia il ruolo più difficile della cinematografia, ciò non toglie che il lavoro dell’artista sia davvero lodevole). I personaggi secondari però, non sono da meno, e spicca l’eccezionale interpretazione di Kim Basinger, nei panni della madre di Jimmy, e la piccola sorellina interpretata anch’essa magistralmente.
8 Mile può esser considerato il film che racconta in maniera completa e priva di stereotipi la filosofia hip-hop, nonchè uno dei migliori biopic degli ultimi 15 anni, capace non solo di focalizzarsi in maniera astuta sugli aspetti più considerevoli e pregni di una “morale”, ma anche di raccontare la storia di Eminem senza troppi fronzoli e senza “romanzare” eccessivamente le vicende realmente accadute. Come contorno poi, vi è un’ottima prova attoriale di tutto il cast e delle musiche che (penso sia quasi inutile dirlo) sono perfettamente calzanti col contesto. Descrivendolo in poche parole, mi sento di affermare che 8 Mile sia il miglior film sulla filosofia hip-hop mai fatto, senza se e senza ma.