Film

A Beautiful Mind – il biopic definitivo

Ogni volta che ripenso ai film che da bambino hanno plasmato il mio amore per il cinema, mi dimentico sempre di A Beautiful Mind. Sono sempre pronto a spendere fiumi di parole per Il Corvo, Il Gladiatore, Terminator, Alien, Tre uomini e una gamba (ok, va bene, così su due piedi fa abbastanza ridere vedere Aldo, Giovanni e Giacomo in questa lista, ma di questo magari parliamo un’altra volta) ecc…, ma per il capolavoro di Ron Howard, premiato come miglior film agli Oscar del 2002, non trovo mai spazio.

Per questo, quando l’altro giorno dopo tanti anni me lo sono riguardato, sono rimasto stupito nello scoprire che ricordavo a memoria la maggior parte delle battute. Sapevo che questo film da piccolo mi piaceva, ma non avevo mai compreso quanto in realtà lo avessi amato in quegli anni, e quanto continui ad amarlo tutt’ora.

Perché A Beautiful Mind è semplicemente un film magnifico, che riesce a raccontare con una maestria quasi unica una vita pazzesca. Una storia che entra subito dritta nel cuore e rimane indimenticabile per chiunque la veda. Ron Howard è riuscito a regalarci quello che per me è il biopic definitivo, poiché il suo film ne contiene quelli che a mio avviso sono gli ingredienti fondamentali:

  • Una storia meritevole di essere raccontata: la vita che ci passa davanti è quella di John Nash, matematico che con le sue scoperte cambiò per sempre il mondo dell’economia. Il film parte dagli anni passati da Nash alla Princeton University, dove nel 1947 elaborerà la sua famosa “teoria dei giochi”, fino alla vincita del Premio Nobel per l’economia, nel 1994. Una volta laureato, in piena Guerra Fredda, le incredibili capacità di John saranno adoperate dal governo americano al fine di decriptare i codici sovietici. La storia prenderà poi una piega totalmente inaspettata, in grado di cambiare completamente la natura del film, ma di questo parliamo più avanti.

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  • Attori grandiosi: probabilmente in questo film vediamo il miglior Russell Crowe di sempre. Semplicemente impressionante. Il suo John Nash, tanto geniale quanto impacciato ed insicuro nei rapporti sociali, è semplicemente uno dei personaggi più commoventi ed efficaci che io ricordi. E che dire poi della DIVINA Jennifer Connelly, una delle tante donne della mia vita, che interpreta la moglie di John. Troppo bella e troppo scandalosamente brava per essere vera (bravura che le valse l’Oscar come miglior attrice non protagonista). I due attori riescono a dare vita ad una coppia indimenticabile, che rappresenta la vera marcia in più del film. Senza dimenticare anche le grandissime prove di Ed Harris e Paul Bettany.
  • Le musiche: non può esistere un grande film senza una grande colonna sonora. In questo caso James Horner si supera: le sue canzoni sono un vero e proprio doping emozionale per il film. Pezzi come A Kaleidoscope of Mathematics e Nash Descends Into Parcher’s World  sono solo degli esempi di quanto una traccia musicale possa donare all’anima di una pellicola.
  • La regia: il biopic è un sottogenere estremamente bastardo, perchè il rischio di scadere nello stucchevole o di limitarsi al compitino è sempre dietro l’angolo (qualcuno ha detto The Imitation Game?). In questo caso, Ron Howard è bravissimo a gestire come un direttore d’orchestra il grande materiale che si ritrova fra le mani, mostrando una sensibilità e una tecnica che lo renderanno un vero e proprio maestro di questa tipologia di film (dopo A Beautiful Mind, che gli varrà l’Oscar per la miglior regia, dirigerà altri tre bellissimi biopic: A Cinderella Man, Frost/Nixon e Rush). In tutto questo, Howard non si fa pregare quando c’è da utilizzare la classe dietro la macchina da presa (vedi la magistrale scena nella quale Nash viene letteralmente travolto dalla sua scoperta sulle dinamiche dominanti).

Se il film però cambia passo e si distacca dall’etichetta di “solito drammone” è per il COLPO DI SCENA che chiude la svolta thriller della storia. E mi dispiace, ma anche se è uno SPOILER gigantesco, non posso proprio non parlarne, quindi facciamo che, dopo questa bella immagine, la lettura sarà off limits per chiunque non voglia sputtanarsi il film. Io vi ho avvertito eh.

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                                                                 E io ancora devo capire come cazzo si gioca a Sudoku 

Senza giri di parole, la rivelazione della pazzia di John, che gli fa credere di essere una spia vittima di un complotto, è uno dei colpi di scena che hanno segnato la mia infanzia. Improvvisamente, John vede quella che credeva essere la sua vita andare in frantumi. E ci fa male scoprire come Charles (Paul Bettany), l’unico vero amico che John abbia mai avuto, sia in realtà un’invenzione della sua mente malata, partorita forse per sopperire alla solitudine della giovinezza.

Da questo momento in poi, il film scivola dal thriller al dramma puro, e quello a cui assistiamo ci spezza il cuore. Dalle cure alle quali viene sottoposto Nash, che lo trasformano in un vegetale incapace di essere un buon marito e un buon padre, al sostegno della moglie Alicia. E alla fine, quando John impara finalmente a controllare la sua mente, arriva la scena che da bambino mi intristiva maggiormente: quella in cui Nash è costretto a salutare per sempre le sue visioni alle quali voleva sinceramente bene, ma che lo stavano trascinando nell’abisso della follia.

Va detto che, nella seconda parte, il film si discosta notevolmente dalla vera storia di John Nash. Il matematico infatti non ebbe mai allucinazioni visive come la sua controparte cinematografica. La sua schizofrenia si manifestò invece in deliri che lo convincevano di essere in contatto con civiltà aliene, di essere l’imperatore dell’Antartide o il piede sinistro di Dio (quest’ultima è francamente bizzarra).

Lo stesso rapporto con la moglie Alicia non è stato sempre solido come viene rappresentato nel film, essendosi i due separati per un lungo periodo proprio per le avversità che la coppia doveva affrontare a causa dei numerosi ricoveri di John. Tuttavia, nonostante le difficoltà, dopo alcuni anni John e Alicia si risposarono, fino a morire insieme nel maggio del 2015. La coppia di anziani era su un taxi presso l’areoporto di Newark, di ritorno dalla Norvegia, dove Nash aveva appena ricevuto il premio Abel, quando un incidente stradale se li portò via.

Il vero John Nash e la vera Alicia in ogni caso ebbero modo di vedere A Beautiful Mind prima di morire. E mi piace pensare che la visione di questo film a loro dedicato, fatto con tanto amore e tanta passione, li abbia almeno in parte ripagati delle sofferenze che hanno dovuto vivere. Perché io non dimenticherò facilmente John e Alicia Nash, e sono sicuro che sarà così per tutti coloro che avranno visto il film di Ron Howard. Una delle tante ragioni per le quali il cinema, oltre che arte, è soprattutto magia.

Signore e signori, ecco a voi il grande John Nash.

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Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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