Film

A Star Is Born. Altrimenti conosciuto come: il film con Lady Gaga struccata

Uno degli eventi più attesi della 75esima Mostra del Cinema di Venezia era senza dubbio il debutto in un ruolo da protagonista di Lady Gaga. Sì, avete letto bene: Lady Gaga. Che aveva già ricoperto piccole parti al cinema (Machete Kills Again, Sin City – Una donna per cui uccidere) e vinto persino un Golden Globe per la serie American Horror Story: Hotel, ma mai come adesso aveva dovuto reggere un’intera produzione sulle spalle, senza nemmeno la stampella della “bizzarria”.

Come è facile intuire dal titolo, A Star Is Born è un remake (il terzo, se non vado errato) di È nata una stella, melò del 1932 di William E. Wellman che in soldoni racconta la storia d’amore tra un artista più maturo e affermato e una ragazza piena di talento che ancora non è riuscita a sfondare.

Nel ruolo della “non bellissima” che fu a suo tempo di attrici del calibro di Judy Garland e Barbra Streisand, proprio la grande outsider Lady Gaga, svestitasi totalmente di Lady Gaga. È quasi un trauma vederla senza maschere, senza trucco, senza travestimenti – se girasse così per il Lido, non la riconoscerei – e ci si mette un po’ ad abituarsi a inizio film.

Lady Gaga

Che non abbia una formazione attoriale un po’ si vede, ma c’è da dire che in qualche modo, come capitò a Eminem con 8 Mile, la cantante interpreta un personaggio vicino alla sua comfort zone di esperienza. Ally, infatti, all’inizio è reduce da varie porte sbattute in faccia, principalmente a causa del suo aspetto troppo comune, e quando farà carriera le verrà chiesto di trasformarsi (a differenza della sua controparte reale, però, il personaggio rifiuterà categoricamente la tinta biondo platino) sia fisicamente che artisticamente. Sappiamo come Lady Gaga sia dotata di una gran voce, soffocata, all’inizio della sua fama, da produzioni dance e digitali e dal “personaggio” costruitasi – e costruitale – attorno.

Ammetto di poter essere a tutti gli effetti considerata nella schiera dei suoi fan, quindi forse è con gli occhi dell’affetto che do al film mezza stella in più, ma secondo me è stata bravina, oserei dire convincente. Però devo anche ammettere che pure Bradley Cooper, per cui non nutro una grande passione, ha fatto un buon lavoro. Interpretativo innanzitutto: in questa versione della storia il protagonista è un famoso cantante country barba-munito e affetto dal demone della bottiglia, e la faccia da guascone di Bradley scompare del tutto dietro il personaggio.

Ma soprattutto, come Lady Gaga, anche Cooper è qui in una veste inedita: quella di regista. Considerati i rischi che si prende ha fatto un lavoro assolutamente dignitoso. Insomma: nulla di che per un regista veterano, un ottimo risultato per un attore che ha fatto per la prima volta il fatidico passaggio da davanti a dietro la macchina da presa. Una doppia sfida, per entrambi gli interpreti.

I due passano quasi tutto il film ad amoreggiare e sbaciucchiarsi (pure appena svegli: chissà che fiato) e, per essere una coppia attoriale così bizzarra, dimostrano molta chimica.

Lady Gaga

Forse l’unico appunto un po’ delicato, che per altro penso verrà avanzato all’uscita del film e potrebbe decretarne un insuccesso negli USA, è che questa storia risulta un poco anacronistica al giorno d’oggi, specie dopo il movimento #MeToo. È nata una stella è alla fine, anche nell’aggiornamento del contesto, la storia di un maturo Pigmalione che si incapriccia di una donna e in considerazione di questo le apre le porte dello star system. In alcuni passaggi sembrava persino 50 sfumature senza il sadomaso: lui che la stalkera, lui che la spinge con insistenza a fare cose che la mettono a disagio come cantare di fronte a un palasport gremito di persone, il tutto romanticizzato all’ennesima potenza. A una lettura cinica è difficile distinguere (se esiste) il confine dove, nel personaggio maschile, finisca il desiderio e inizi l’ammirazione, viene rappresentato come fosse un unico sentimento. Quindi è probabile che molti spettatori (non solo femminili) storcano un po’ il naso considerandola, più che come storia d’amore tra pari, come una relazione tra un’arrivista qualunque e un Weinstein un po’ più figo dell’originale.

D’altro canto, però, il personaggio maschile è ubriaco per circa due ore di pellicola quindi potrebbero anche esserci gli estremi per la circonvenzione d’incapace.

Un film godibile, ben fatto, non eccelso, in cui sicuramente l’elemento più interessante resta lei, un’inedita Lady Gaga in veste di eroina romantica. Su tutto, spicca ciò di cui all’inizio della sua carriera nessuno si era accorto: la sua bellissima voce, calda e piena di sfumature, capace di spaziare da Edith Piaf alla musica country al pop.

Per questo, seppur remake, il film finisce per possedere elementi quasi biografici per la cantante: il rapporto simbiotico col padre, le discriminazioni sull’aspetto fisico – il naso, come Barbra! -, il dirottamento della sua musica in chiave pop, sono tutti punti che Ally e Gaga hanno in comune.

Merita di essere visto al cinema? Sicuramente da chi ammira il talento poliedrico di questa ragazza ed è un minimo curioso di vedere il suo volto “umano”.

Ma non aspettatevi gli outfit fatti con le bistecche, solo per stavolta.

Francesca Bulian

Storica dell'arte, insegnante, fangirl, cinefila. Ama i blockbusteroni ma guarda di nascosto i film d'autore (o era il contrario?). Abbonata al festival di Venezia. "Artalia8" su YouTube, in genere adora parlare di tutto ciò che di bello e sopportabile gli esseri umani sono capaci di produrre.
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