Netflix sgancia un’altra bomba di serie TV. Sarà un’altra delle sue punte di diamante?
La domanda è sorta spontanea di fronte alla sponsorizzazione di Altered Carbon, uscita su Netflix qualche settimana fa. I presupposti per una serie interessante c’erano tutti: la storia, la fantascienza, una bella ambientazione… Insomma, valeva il rischio. Ho dunque deciso di procedere alla visione e qui vi riporto le mie impressioni.
In due pro e due contro, così facciamo le cose schematicamente.
Pro
Setting, sballo per gli occhi
Innanzitutto, come si evince già dal trailer, il primo pollice in su va alla scenografia di Altered Carbon. Le ambientazioni fantascientifiche, pur se di stampo bladerunneriano, sono bellissime, e ben utilizzate. Cosa diavolo vuol dire ben utilizzate? Presto detto.
Ultimamente le produzioni di stampo fantascientifico tendono ad essere tutte sacrificate in nome di belle ambientazioni, bella fotografia, bella CGI. Ecco, questo a mio avviso fa leggermente schifo in nome di un cinema che dovrebbe essere composito. Altered Carbon usa le proprie ambientazioni dove e come necessario, onde accentuare e comunicare sensazioni. Prevalentemente, come si confà ad una storia simile, per sottolineare l’imponenza della tecnologia/della natura, la magniloquenza di certi ambienti e l’inquietudine di altri. Chapeau davvero.
Personaggi/attori
Nonostante alcuni ruoli siano piuttosto pieni di cliché, l’interpretazione nel suo complesso risulta abbastanza buona. Devo ammettere che – come spesso accade – a spiccare non sono tanto i protagonisti, quanto nello specifico una spalla e l’antagonista. Non vi svelerò i dettagli, vi dico solo che con “spalla” mi riferisco al gestore di un albergo, di nome Poe, che si presenta così:

Contro
La lunghezza/complessità
Allora, io capisco che possa essere necessario fare serie TV dagli episodi lunghi un’ora, soprattutto laddove gli episodi non sono molti (Altered Carbon, nello specifico, ne ha 10 in questa stagione). Però, considerato lo svolgersi della trama, io vi giuro che 56 minuti a episodio non erano necessari. Anzi, per quanto mi riguarda avrei sentito maggiormente la suspance e accusato di più i cliffangher se l’episodio avesse avuto la sua durata media di 40 minuti. E a chi prova a dirmi che non si riesce a fare una serie come si deve in pochi episodi brevi dico: guardatevi The End Of The F**king World e poi ne riparliamo.
Per quanto riguarda la complessità, mi riferisco a come viene gestito il soggetto, di per sé semplice e interessante. In un futuro distopico, la coscienza umana è contenuta in dei chip, e pertanto trasferibile in corpi nuovi, detti custodie. Ciò consente, di fatto, l’immortalità. Su questo sfondo si sviluppa un’indagine circa la “morte” di uno dei potenti, che coinvolgerà il protagonista, Takeshi Kovacs, in mille casini, scoperte e intrecci con grosse e dolorose fette del suo passato.
Fino a qui tutto bene. Il problema è questa trama fornisce il pretesto per creare un casino pazzesco, ed eccessivo: Tizio che è Tizio ma in un’altra custodia che era quella di Caio, Caio che mette la propria pila (così si chiamano i chip su cui si trovano i “dati” del vivente in questione) su due custodie, visioni, retrospezioni, realtà virtuali e chi più ne ha più ne metta. Uno si distrae due secondi per grattarsi il naso e non sa più cosa sta guardando.
I dialoghi
Contro la mia volontà sono stata costretta a guardare la serie in italiano, e il doppiaggio non fa poi così schifo. I dialoghi, a tratti ricontrollati in lingua originale, un po’ sì. Non ho altro da aggiungere.
Il rischio
Come vi dicevo già nel titolo, credo che il problema sia il voler dare alla fantascienza, spesso e volentieri attraverso la distopia, un maggior sentore di serietà, com’è giusto che sia. Purtroppo, ci tocca dire che bisogna saperlo fare. Ci sono prodotti, come Black Mirror e Blade Runner 2049, che sanno gestire le componenti sopracitate, come la complessità della trama e l’orgasmo visivo, in maniera ottimale. Non sacrificano la trama, non sacrificano gli attori e ne escono vincitori. Altered Carbon riesce nel non perdersi pezzi, ma esagera troppo nel voler infilare delle note di serietà, finendo con l’appesantire eccessivamente.
Pare che impreziosire la fantascienza sia come mettere il peperoncino negli spaghetti aglio e olio: puoi creare un capolavoro o rovinare qualcosa di molto caro a qualcuno.