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Altri 10 film che necessiterebbero di una director’s cut

Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana scrissi un articolo in cui elencavo alcuni film che, a parer mio, avrebbero bisogno di una director’s cut. Com’è noto, infatti, non sempre la versione di un lungometraggio che vediamo in sala corrisponde a quella pensata dal regista. Che sia per la stupidità dei produttori o per fattori esterni, spesso capita che un’opera venga mutilata e rimaneggiata in fase di montaggio, con esiti discutibili.

All’epoca portai in evidenza solo 10 casi, lasciando comunque intendere che non fossero gli unici. In effetti sono innumerevoli le pellicole che hanno subito questo infausto destino. A volte, per fortuna, tali opere possono godere di una seconda vita grazie appunto alle extended cut (o director’s cut), anche quando le probabilità sembrano infinitesimali. Si pensi solo alla famigerata Snyder Cut di Justice League, la cui uscita imminente (18 marzo) mi ha dato l’imbeccata per questo pezzo. Ironico, considerato che a ispirare il primo articolo era stata proprio la versione estesa di un altro film del DCEU (e di Zack Snyder): Batman v Superman.

Zack Snyder
Caro Zack, dobbiamo smetterla di incontrarci così!

In ogni caso, non tutte le opere cinematografiche incontrano la medesima fortuna. Molte sono destinate a restare “monche”, nonostante là fuori esistano (forse) edizioni più complete e riuscite che il pubblico dovrebbe avere il diritto di giudicare. Pertanto ho deciso di scavare più a fondo e riportare altri 10 esempi di lungometraggi che necessitano di director’s cut. E se in passato avevo provato a stilare una classifica, stavolta, per comodità, mi limiterò a seguire un ordine cronologico.

 

L’orgoglio degli Amberson (The Magnificent Ambersons, di Orson Welles, USA, 1942)

L'orgoglio degli Amberson

Quando nel 1939 fece il suo ingresso ad Hollywood, Orson Welles aveva appena 25 anni e un’esperienza esclusivamente teatrale e radiofonica. Ciononostante godette di una libertà creativa inconsueta per l’epoca, il cui risultato fu quel capolavoro di Quarto Potere. Purtroppo lo scarso successo commerciale del film convinse la RKO a mettere le mani sull’opera successiva del regista, L’orgoglio degli Amberson. Furono così tagliati oltre 40 minuti di girato, e il finale originale fu sostituito da uno realizzato ex novo da Robert Wise, più ottimista ma anche più stucchevole e palesemente posticcio. Alla fine la pellicola resta comunque un’affascinante parabola sullo scorrere del tempo e i mutamenti della società, ma chissà che la versione di Wells non fosse ancora meglio. Purtroppo sembra che i rulli con le scene eliminate siano ormai andati perduti per sempre.

 

Dune (di David Lynch, USA/Italia/Germania, 1984)

Dune

Adattare per il grande schermo il celebre romanzo fantascientifico di Frank Herbert è stata una vera impresa. Dopo il fallimento del progetto firmato Alejandro Jodorowski, la palla passò a Dino De Laurentiis, che ingaggiò un giovanissimo David Lynch per dirigere la pellicola. Le riprese, effettuate per lo più in Messico, furono segnate da parecchi incidenti di percorso, come un’intossicazione alimentare dell’intero cast e la scoperta di carcasse di cani in uno dei set (storia vera).

Ma il vero dramma si consumò in post-produzione: lo studio estromise Lynch dalla fase di editing e ridusse il montato finale da 5 ore a soli 137 minuti. Troppo pochi per raccontare in maniera corretta l’epico conflitto tra le casate Atreides e Harkonnen. A onor del vero, esistono già due versioni estese del film, della durata di 3 ore ciascuna. Nessuna di queste però è approvata da Lynch (una è addirittura accreditata ad Allen Smithee, il nome usato dai registi che non vogliono avere nulla a che fare con la propria opera). Sono in molti a richiedere una director’s cut ufficiale, ma l’autore di Twin Peaks ha praticamente disconosciuto il suo blockbuster e non è interessato a lavorarci ancora.

 

Superman IV (Superman IV: The Quest for Peace, di Sidney J. Furie, USA/UK, 1987)

Superman IV

Il flop critico e commerciale di Superman III spinse i produttori Alexander e Ilya Salkind a vendere i diritti cinematografici dell’Uomo d’Acciaio alla Cannon Films, che decise di procedere con un quarto capitolo basato su un soggetto originale di Christopher Reeve. Peccato che, a pochi giorni dall’inizio delle riprese, la casa di produzione dimezzò il budget da 30 a 15 milioni di dollari, “così, de botto, senza senso”. Ciò costrinse il regista Sidney J. Furie a perseguire una politica del risparmio che ebbe conseguenze a dir poco tragicomiche, come il dover riutilizzare la stessa immagine di Superman che vola più volte nel corso del film e l’affidarsi ad effetti speciali ridicoli già per l’epoca.

Soprattutto però fu necessario tagliare un mucchio di scene d’azione, giudicate troppo costose da completare in post-produzione, più molte altre per un totale di oltre mezz’ora. Addirittura fu eliminata un’intera sottotrama riguardante la creazione di Bizzarro. Ripristinare quelle sequenze non salverebbe il film dalle assurdità della sceneggiatura (che purtroppo sono tante), ma almeno lo aiuterebbe a guadagnare un po’ più di spessore e coerenza interna.

 

Batman Forever (di Joel Schumacher, USA, 1995)

Batman Forever

Dopo che Batman – Il ritorno fu giudicato troppo cupo, la Warner tagliò i ponti con Tim Burton e incaricò Joel Schumacher di dirigere un terzo capitolo più colorato e divertente. Il risultato? Quello che tutti considerano l’inizio della fine della saga originale del Cavaliere Oscuro, prima del colpo di grazia di Batman & Robin. Eppure non tutti sanno che il primo montaggio di Schumacher (della durata di quasi 3 ore) era sorprendentemente dark e maturo, ed esplorava maggiormente il trauma di Bruce Wayne, il suo senso di colpa e i dubbi riguardanti la propria missione di vigilante. Più approfonditi (e minacciosi) erano anche i due villain della situazione, Due-Facce ed Enigmista. Recentemente qualcuno, sulla scia del successo del movimento #ReleaseTheSnyderCut, ha iniziato a richiedere il rilascio di questa versione inedita. Magari capita il miracolo…

 

La bussola d’oro (The Golden Compass, di Chris Weitz, USA/UK, 2007)

La bussola d'oro

Prima dell’arrivo della serie HBO/BBC, ci fu un tentativo di trasporre la trilogia di Queste oscure materie di Philip Pullman sul grande schermo. Il progetto purtroppo si arenò al primo film, e non è difficile capire perché. La produzione, preoccupata per le reazioni negative delle associazioni cristiane, spinse per edulcorare le tematiche antireligiose presenti nel romanzo. Non contenta, costrinse il regista Chris Weitz a tagliare il finale, giudicato troppo drammatico (alcuni spezzoni sono visibili su Youtube).

Senza più un climax adeguato, si dovette a questo punto invertire il secondo e il terzo atto, causando varie incongruenze, forzature e divergenze dal materiale originale. Inutile dire che queste intromissioni furono tra le cause dell’insuccesso di pubblico e critica. Ora, con la versione televisiva ormai avviata e qualsiasi possibilità di un sequel sfumata (anche per via del troppo tempo trascorso), probabilmente nessuno nutre più interesse in una director’s cut. Eppure personalmente sarei curioso di vedere come sarebbe stato il film nella sua forma completa, cronologicamente corretta e (immagino) più fedele al libro.

 

The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro (The Amazing Spider-Man 2, di Marc Webb, USA, 2014)

The Amazing Spider-Man 2

Credo che siamo tutti d’accordo nell’affermare che The Amazing Spider-Man 2 è il peggior film sull’Uomo-Ragno di sempre (sei salvo, Spider-Man 3). Il motivo è presto detto: il secondo capitolo del dittico di Marc Webb è un’accozzaglia di trame e sottotrame tenute insieme a suon di coincidenze e forzature. In sole due ore e venti minuti si è cercato di raccontare contemporaneamente la storia d’amore tra Peter Parker e Gwen Stacy, lo scontro con Electro, la trasformazione di Harry Osborne in Goblin, il mistero sulla scomparsa dei genitori di Peter… il tutto mentre venivano poste le basi di eventuali sequel e spin-off (ovviamente mai realizzati).

Quando si ha a che fare con una tale sovrabbondanza di eventi, spesso la cosa migliore da fare è eliminare alcuni archi narrativi. Invece in questo caso si è deciso di tenerli tutti (o quasi, vedesi la scomparsa di Shailene Woodley nel ruolo di Mary Jane), limitandosi a tagliuzzarne alcune parti per raggiungere la durata prefissata. Ciò ha solo causato maggior confusione. In un certo senso, è stato commesso lo stesso errore di Batman v Superman. Ed esattamente come in quel caso, una versione integrale aiuterebbe a mettere un po’ di ordine. Almeno a detta del regista, il quale sostiene che nella sceneggiatura originale le varie sottotrame fossero gestite meglio. Gli vogliamo credere?

 

Suicide Squad (di David Ayer, USA, 2016)

Suicide Squad

So cosa state pensando: ma non esiste già una versione estesa di Suicide Squad? Vero, ma l’extended cut presente nel blu-ray è ancora molto distante dal film pensato da David Ayer. Innanzitutto il tono doveva essere più cupo e drammatico, ma dopo il parziale insuccesso di Batman v Superman la produzione ordinò dei reshoot per aggiungere umorismo e alleggerire l’atmosfera. Inoltre il montaggio-videoclip con cui sono introdotti i protagonisti a inizio film non era previsto, la relazione tra Joker e Harley Quinn doveva apparire più “tossica” e il terzo atto era completamente diverso.

Dopo essere sopravvissuto alla caduta dell’elicottero, Mr. J avrebbe dovuto stringere un patto con Incantatrice per governare Gotham, per poi cercare di riconquistare Harley; quest’ultima avrebbe rifiutato l’offerta del compagno, scegliendo di rimanere leale alla squadra. Una conclusione perfetta per l’arco narrativo del personaggio interpretato da Margot Robbie, che nella versione cinematografica è stato completamente stravolto. C’è da dire che, tra tutte le possibili director’s cut esaminate nell’articolo, quella di Suicide Squad sembra la più vicina ad un’effettiva realizzazione. Se infatti la Snyder Cut avrà successo, HBO Max potrebbe dare l’ok ad un’ipotetica Ayer Cut. Incrociamo le dita.

 

L’uomo di neve (The Snowman, di Tomas Alfredson, USA/UK/Svezia, 2017)

L'uomo di neve

Un giallo tratto da uno dei romanzi migliori di Jo Nesbø, prodotto da Martin Scorsese, diretto da Tomas Aldredson, scritto dallo sceneggiatore di Drive Hossein Amini e con protagonista Michael Fassbender. Cosa poteva andare storto? Be’, a quanto pare tutto, visto il film mediocre che è uscito fuori. La verità è che la lavorazione è stata a dir poco travagliata, già durante la fase di riprese in Norvegia. A causa di problemi di budget e del programma di lavoro affrettato, non è stato infatti possibile filmare un buon 10-15 % dello script.

Ciò ha provocato non pochi problemi in post-produzione, costringendo il regista a girare alcune scene connettive a Londra e a montare il materiale disponibile alla bell’e meglio. Il risultato? Varie incoerenze, sottotrame che non vanno da nessuna parte e un finale estremamente frettoloso. Come se non bastasse, nel processo sono anche andate perdute molte sequenze presenti nel trailer, tra cui una in cui il protagonista (il detective Harry Hole) cerca disperatamente di entrare in una casa in fiamme. Sentite anche voi questo desiderio di director’s cut?

 

The Predator (di Shane Black, USA/Canada, 2018)

The Predator

Shane Black è senz’altro uno degli autori più geniali di Hollywood, avendo scritto (e talvolta diretto) cult come Arma Letale, L’ultimo boyscout, Kiss Kiss Bang Bang e The Nice Guys. Affidargli la regia del quarto capitolo della saga di Predator sembrava la scelta giusta, specie considerato che aveva già lavorato come script doctor per il primo film (ritagliandosi inoltre il piccolo ruolo di Hawkins). Peccato che la Fox gli abbia sabotato la pellicola in corso d’opera.

Pare infatti che il terzo atto originale proiettasse la mitologia della serie in territori troppo audaci (sarebbero dovuti comparire l’Area 51, diverse specie aliene e persino un gruppo di Predator ribelli). Così i produttori hanno costretto Black a rigirare il finale, rendendolo più “classico” ma anche più anonimo. Nel mentre, molte sottotrame sono andate perdute e per giustificare alcuni passaggi della storia si è dovuto aggiungere una scena conclusiva… che non ha un briciolo di senso! Black ovviamente si è dichiarato favorevole al rilascio di una director’s cut, purtroppo a causa del mezzo flop della pellicola, lo studio non ha intenzione di spendere altri soldi per completarla.

 

X-Men: Dark Phoenix (Dark Phoenix, di Simon Kinberg, USA, 2019)

Dark Phoenix

Ultimo capitolo della serie principale degli X-Men e secondo tentativo di trasporre la saga della Fenice Nera al cinema, Dark Phoenix si è rivelato una mezza delusione per critici e fan. Principalmente perché, dopo un inizio promettente, la pellicola di Simon Kinberg fallisce nel fornire lo spettacolo e la drammaticità che il pubblico si aspettava. Eppure inizialmente le cose dovevano essere un tantino differenti. Il finale originale prevedeva infatti non solo un attacco alla sede delle Nazioni Unite, ma anche una spettacolare battaglia spaziale. Sfortunatamente questa conclusione era troppo simile a quella di Captain Marvel, così è stata sostituita con una lunga sequenza di assalto al treno. Che è anche ben realizzata, solo che non è proprio quello che ci era stato promesso e, soprattutto, sembra piazzata lì con lo sputo. A questo punto preferirei vedere cosa aveva in mente Kinberg prima delle modifiche.

Fabio Ferrari

Classe 1993, laureato al DAMS di Torino, sono un appassionato di cinema (soprattutto di genere) da quando sono rimasto stregato dai dinosauri di "Jurassic Park" e dalle spade laser di "Star Wars". Quando valuto un film di solito cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma talvolta so essere veramente spietato. Oltre che qui, mi potete trovare su Facebook, sulla pagina "Cinefabio93".
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