
Amar: perchè chiamarlo “ci piacciono gli stronzi” era troppo lungo
L’amore è quella cosa che mannaggiaachicelohafattofare. Ecco, partendo da questo presupposto dopo aver sorriso come idioti sotto effetto di chissà quale droga entriamo inevitabilmente in quella fase depressa dopo la fine di una relazione. Esatto, io non vorrei distruggere il vostro romanticismo fatto di poesia e cuoricini, quindi lascerò questo infame compito a Netflix che presenta il film Amar. Il titolo fortunatamente non è stato tradotto per evitare spiacevoli casini come spesso succede, tanto anche senza la s finale possiamo capire che siamo in Spagna dove, tra una cerveza e una sangria, c’è anche il tempo per incasinarsi la vita.
Tutti abbiamo avuto un primo amore (forse anche ultimo) e ci siamo sentiti vivere dentro un film con la musica in sottofondo, pronta a coprire lo sgranocchiare di popcorn di un pubblico piuttosto indeciso se invidiarci o scommettere su chi lascia chi. Amar ci porta così dentro la vita di Laura (María Pedraza, forse la rivedremo nella Casa di carta) e Carlos (Pol Monen). Lei è la classica liceale che s’innamora di un futuro avvocato un po’ fighettino. Va tutto bene, bacini, mani intrecciate, sesso da paura anche nei posti più strani, ma fino a quando?
Il regista Esteban Crespo riadatta un suo vecchio cortometraggio per trasformarlo in un film sul significato dell’amore. È possibile essere cinici senza sentimenti o è meglio chiudersi in una gabbia interiore per riuscire ad accettare principalmente se stessi? Nella sua analisi viene fuori un’interessante interpretazione, lasciando sospeso il giudizio finale.
Guardando i modi di fare un po’ goffi di questa giovane coppia inevitabilmente compiamo un’autoanalisi su noi stessi, ricordando i primi amori o le relazioni che si sono subito fermate davanti ad un visualizzato. Amare qualcuno non è mai un gesto meccanico come il ticchettio dell’orologio, ma è una maledizione improvvisa. L’innamoramento è quella cosa subdola che brucia il fegato, ma anche quella forza di gettarti all’impazzata verso quell’ideale di persona che si vuole vicino. Carlos verso la fine si mette a correre, correre sempre più veloce con le gambe leggere e la testa piena di pensieri verso Laura. La somiglianza con la corsa di Luca in Notte prima degli esami farà cadere qualche lacrimuccia. Il problema della nostra generazione è proprio questo: amiamo i film con i finali agrodolci, canticchiamo Calcutta sotto l’ombrellone e siamo romantici anche negandolo apertamente.
A questo punto, visto che sono entrato in confidenza con il lettore, volevo raccontare un segreto. Sì: subisco il fascino delle stronze, delle ragazze con le Vans ai piedi e disegnini colorati che spuntano sotto la maglietta. Poi, se per caso vogliamo aggiungere anche un ciuffo nero corvino e un piercing, voilà. Ho idealizzato l’amore modellandolo sulle mie esperienze passate e soprattutto sui film tipo Amar. Perché ogni volta che conosco qualcuna sembra quella giusta, ma finisco per incasinarmi la vita e riguardare film così.