Film

Si scrive American Movie, si legge American Dream

1996, completato il suo primo film American Job, il regista misconosciuto Chris Smith è sicuro di una cosa: la sua strada è il film di finzione, il documentario non è roba per lui. A distanza di tre anni, il suo documentario American Movie è un successo strepitoso e la sua carriera è in rampa di lancio.

American Movie (1999) racconta la storia di Mark Borchardt, aspirante regista che, rincorrendo il sogno di dirigere il suo lungometraggio Northwestern, decide di concludere un vecchio progetto accantonato da tempo, un mediometraggio horror intitolato Coven, nella speranza di distribuirlo e racimolare i fondi necessari per realizzare il film. I soldi non sono però l’unico problema, Mark deve fare i conti anche con il suo abuso di alcol, la mancanza di un lavoro, la moglie che gli vuole togliere il diritto di vedere i tre figli, mentre nel frattempo porta avanti la produzione del film con l’aiuto di amici e parenti che non hanno alcuna conoscenza in materia di cinema.

Già sarebbe interessante se si trattasse della trama di un film di pura fantasia, è fantastico sapendo che si tratta di un documentario.

Mark Borchardt sul set di Coven.

Di certo il regista Chris Smith ignorava in quale impresa si stesse barcamenando quando, dopo aver conosciuto casualmente Mark Borchardt all’università, decise di recarsi insieme a lui al Festival Internazionale del cinema di Toronto, dove Mark andava alla ricerca di finanziatori per Northwestern. L’idea iniziale era quella di realizzare un cortometraggio sull’aspirante regista che cerca di farsi largo nel complesso mondo del cinema (Davide contro Golia), ne scaturirono invece due anni di riprese logoranti ma proficui, in quanto il film si rivelò una rappresentazione graffiante del sogno americano come in pochi erano riusciti a fare prima, aggiudicandosi anche il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival nella categoria documentario.

Mark: “Il sogno americano lo porto con me ogni giorno”.

Sebbene a primo impatto la nostra attenzione si focalizzi sull’eccentricità di Mark & Co., ciò che ci rimane alla fine è la sua ostinata tenacia e determinazione. Smith né idealizza né schernisce il suo soggetto, ma lo racconta in maniera onesta, lasciando emergere – senza nascondere – tutte le frustrazioni e i conflitti che un forte desiderio come quello di Mark comporta. Frustrazioni che tutti noi, in maniera differente, abbiamo avuto modo di sperimentare nel tentativo di raggiungere i nostri obbiettivi.

Il fim non scade mai nel melenso – come già detto – è un ritratto onesto, e così come non occulta le frustrazioni non occulta nemmeno i momenti comici (che talvolta coincidono) e che Smith è bravissimo ad esaltare con un montaggio eccelso.

Mark e il suo miglior amico Mike Schank.

L’enorme successo del film non ha avuto un impatto altrettanto enorme sulla carriera di Mark, che a distanza di quasi vent’anni arranca, ma porta avanti fieramente la sua carriera cinematografica. Tuttavia ha avuto un grande impatto sulla carriera del regista Chris Smith, rafforzando il legame tra il suo American Movie e l’American Dream (il suo American Dream).

Altro legame che si crea è quello tra Smith e il documentario. Sebbene il suo reale interesse fosse sempre stato (e rimane) quello per i film di finzione, l’affermazione di American Movie lo lega indissolubilmente al documentario. Questo non ha frenato la sua ispirazione, dal 2000 ad oggi ha preso parte alla realizzazione di otto differenti documentari, tra i quali: The Yes Men (2003), Collapse (2009) e Jim & Andy: The Great Beyond (2017). Ottimi film, tutti molto diversi tra loro, accomunati dall’interesse di Smith nel raccontare l’uomo e le sue ossessioni, gente con una vocazione.

American Movie
Jim Carrey e Chris Smith (2017).

Oggi, dopo il buon riscontro della suo ultimo lavoro Jim & Andy: The Great Beyond, e a distanza di undici anni dal suo ultimo film di finzione, The Pool (2007), Smith ha promesso che vuole tornare a dirigere un nuovo film.

Non c’è dubbio che se inseguirà il suo desiderio con un decimo del coraggio – e incoscienza – di Mark Borchardt, o di buona parte dei personaggi da lui raccontati, vedremo presto un altro grande film.

Daniele Manis

Laureato al Dams di Bologna. Attualmente conduce una vita casa e chiesa in quel di Los Angeles, sperando che - prima o poi - Brazzers si accorga del suo talento registico.
Back to top button