Serie TV

Ammaniti è riuscito ne Il miracolo a salvare la fiction italiana? [NO SPOILER]

Il miracolo è l’ultima serie made in Italy prodotta da Sky e potrebbe aver fatto storcere il naso a molti. Ma a noi del MacGuffin piacciono eccome le cose che fanno storcere il naso!

Questo nuovo capitolo della storia recente della cinematografia italiana si va ad aggiungere a una stagione caratterizzata da due filoni molto diversi. Da una parte l’altalenante susseguirsi di alti e bassi per la categoria “film”, dall’altra una costante ascendenza della categoria “serie” che negli ultimi 10 anni ha tirato fuori bombe a mano come Romanzo criminale, Gomorra – La serie, In Treatment, Suburra – La serie, 1992 e The Young Pope.

Il panorama non sembra così grigio come un tempo, vero? Eppure le fiction della Rai continuano a esistere, rigogliose come erbacce nell’orto. Don Matteo 11, Un medico in famiglia 10, Provaci ancora prof! 7 e Un passo dal cielo 4, solo per dirne qualcuna. Quindi sì, una bella fetta di panorama seriale in Italia è rimasto segregato in stupidi cliché, banalità e situazioni trite e ritrite. Fino ad oggi.

IL MIRACOLO È TRASFIGURARE IL BANALE

La serie scritta da Niccolò Ammaniti riesce in un intento fino ad ora (quasi) mai raggiunto da nessuno, ovvero trasformare gli stupidi cliché, le banalità e le situazioni trite e ritrite in qualcosa di originale. Il Primo Ministro sull’orlo del baratro politico e psicologico, un prete pedofilo (ok, questo neanche troppo originale) che dondola tra il fanatismo religioso e la deriva sociale, la First Lady super laica, paranoica e un po’ (tanto) zoccola e la ricercatrice della scientifica esuberante ma rinchiusa in casa per vegliare sulla madre morente.

E in mezzo a tutto questo circo c’è lei, una madonnina di plastica che piange sangue. E tanto anche.

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“Che strano destino. Dobbiamo provare tanti timori e dubbi per una cosa così piccola. Un oggettino…”

Da qui il dualismo di ogni situazione, di ogni personaggio e ogni scelta, sempre declinati in una doppia lettura che mette a confronto razionalità e irrazionalità. La precarietà politica del premier (Guido Caprino) a confronto con la precarietà della sua famiglia, spaccata e fragile come tutte le famiglie contemporanee. Il parroco Marcello (Tommaso Ragno) che vorrebbe credere ancora nella sua religione ma nel frattempo ruba gettoni delle macchinette e spende i soldi delle missioni in Africa per comprarsi i gratta-e-vinci. La ricercatrice Sandra (Alba Rohrwacher) che studia il dna del sangue miracolato mentre il capo della polizia deve preoccuparsi di come stoccare le enormi quantità di liquido. Un boss mafioso che perde completamente il senno dopo aver assistito al miracolo mentre il mondo attorno ad esso sembra andare a rotoli.

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Emblematico per usare un eufemismo

Nulla più sembra banale dopo i primi due episodi e lo spettatore stesso si rende conto di essere davanti ad un racconto grottesco della nostra società, divisa tra ciò che è inspiegabile e ciò che si spiega anche fin troppo bene.

AMMANITI SCENEGGIATORE È ANCORA DA APPLAUSI

La bravura dello scrittore romano non la scopriamo oggi e i suoi due lavori più conosciuti, Io non ho paura e Come Dio comanda, sono lì a testimoniarlo. Ne Il miracolo, però, Ammaniti si scopre anche abile regista, a fianco di Lucio Pellegrini (La vita facile) e Francesco Munzi (Anime Nere).

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Registi e cast al completo

La sua maniera cupa e disincantata di raccontare una assurda realtà lo mette per forza di cose in confronto con l’ultimo capolavoro della televisione italiana, il The Young Pope di Sorrentino e Jude Law, anch’esso prodotto da Sky. Eppure tra i due c’è una differenza sostanziale: se The Young Pope è chiaramente una produzione internazionale impiantata a Roma per necessità, Il miracolo è un guazzabuglio di personaggi italianissimi che si sgretolano puntata dopo puntata.

Se c’è qualcosa che accomuna le due serie in maniera più che positiva è la selezione curatissima delle colonne sonore. Jude Law che si veste sulle note di I’m sexy and I know it non lo scorderò mai-cioè-ma-proprio-mai-nella-vita, mentre ne Il miracolo si capisce subito di che pasta è fatta la serie con una sigla come questa:

Una mescita di suono, immagini e voce che ad ogni puntata scandiscono l’attesa e ricordano a chi sta guardando cosa sta guardando, un mondo, o il mondo.

MA TUTTO IL MONDO È PAESE

Non trovo altre parole per descrivere in sintesi cos’è Il miracolo, uno spaccato prospettico del nostro mondo, così globalizzato da poter tracciare dna di sconosciuti in tutto il globo e così bigotto da ritrovarsi poi a pregare per implorare la grazia di entità superiori che possono cambiare le sorti delle nostre insignificanti vite. È questa la grande vittoria di Ammaniti, riuscire ad amalgamare con maestria le storie di ‘ndrangheta in un piccolo paese della campagna calabrese con l’attualità della politica europea, i contrasti tra ragione e religione, amore e follia, tradimenti e fedeltà.

Senza mai dimenticarsi dell’Italia, presente a 360° con le sue contraddizioni; con una selezione di brani musicali che ci riportano al pop degli anni ’70 e un attimo dopo alle solenni sonate ecclesiastiche di Tchaikovsky, con la mozzarella di bufala e la carne delle mucche piemontesi, con i litigi coniugali e i processi mediatici sui social network.

Questo è Il miracolo. Un insieme di stupidi cliché, banalità e situazioni trite e ritrite che fanno storcere il naso ma che in fondo, per una volta, possono nascondere risvolti per niente stupidi, banali o ritriti.

Stefano Ghiotto

Studio Architettura e si sa, al giorno d'oggi non ci si può più mantenere facendo l'architetto. Quindi cerco di fare qualsiasi altra cosa nella speranza di non arrivare mai alla prostituzione. Mi piacciono i film con trame complicatissime (che alla fine ti danno la stessa sensazione di benessere del bagno di casa tua dopo una giornata in Università) e le serie che non si caga nessuno come le patatine gusto "Cocco e curcuma".
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