Film

Anon – Ridateci Andrew Niccol, per amore della fantascienza!

Andrew Niccol, che hai voluto fa’ della tu vita?!

Chi di voi si è mai domandato chi fosse la mente dietro a film geniali come Gattaca o The Truman Show? Nessuno? Seriamente?! Ve lo dico io (ancora una volta)… Andrew Niccol. Sceneggiatore, regista e produttore, il cineasta neozelandese è uno dei personaggi nel mondo del cinema moderno che più mi abbiano mai incuriosito. Sarà forse per il fatto che mi tatuerei la sceneggiatura di The Truman Show sulla schiena? Non lo escluderei.

Sta di fatto che negli ultimi anni, dopo il sorprendente Lord of War, ecco che arrivano 3 film discutibili, sicuramente non brutti (più o meno), ma controversi: In Time (unico che salverei, nds), The Host e Good Kill (quanto si prende sul serio!). Ottime idee di base, una mano in cabina di regia sempre azzeccata, ma sicuramente filmetti… dal tono molto più leggero; meno Cinema d’autore, più “blockbuster”. Un po’ te lo cerchi, se vai a pescare quel pesce lesso di Justin Timberlake.

Stavo già attaccato alla bottiglia, da buon alcoolizzato.

Ecco però che, sottotraccia, tra un trailer su YouTube di qua e uno di là, sbuca Anon; il titolo fa già molto figo. Dopo 3 secondi, scritta rossa su sfondo nero. “Che palle, è un film Netflix…”. Distrattamente lo guardo, con l’hype sotto i talloni e dopo 2 settimane mi dimentico della sua esistenza. Fino a qualche giorno fa…

Anon è il figlio degenere ripudiato da mamma Netflix

Ah ma allora è uscito anche in Italia! Pensavo solo in america.

Un momento, maaa… non c’è scritto “film Netflix”! 

Più o meno è andata così. Nessun riassunto di trama nel menù di pausa; nemmeno il trailer in fase di preview. Sembra che qualcuno qui, tra i capoccia della piattaforma streaming, si vergogni di aver prodotto Anon e ha provato a nasconderlo a quei 4 beduini che lo stavano “aspettando”.

E devo dire che, una volta ultimato, il film lascia piuttosto ambiguizzati. Ora mi spiego.

In questo futuro distopico (a ridaje), la privacy non esiste più, in quanto degli impianti cerebro-oculari ci permettono di venire a conoscenza di ogni informazione disponibile sulle persone che incontriamo, con il solo sguardo. Mark Zuckerberg… is that you?! I problemi nascono, però, nel momento in cui un detective (Clive Owen) deve indagare su misteriose morti causate da un individuo senza identità (da qui il titolo del film, Anon = Anonymous).

Poco da dire, il film parte ed è avvincente, con un impianto da noir vero e proprio come non se ne vedeva da un po’; il detective disturbato e alcolizzato di Clive Owen funziona, nonostante il suo essere un po’ troppo monolitico nelle espressioni, e Amanda Seyfried, che da femme fatale credo sia una delle cose più belle che ho visto negli ultimi tempi. Due ottimi attori al servizio di una trama che si perde in qualche spiegone di troppo, e che tenta di complicarsi la vita da sola sul finale. Sì, ok… io capisco tutto, ma perché trattarlo così?! Netflix ha sedotto e poi abbandonato il povero Andrew…

Virtuosismi eccessivi ed estetica videoludica

E pensare che non è da tutti provare a rinnovarsi: l’idea di Niccol era quella di sperimentare, azzardare; estetica asettica, fredda… cupa, così che potesse descrivere perfettamente la sua idea di un futuro spersonalizzato, dove i rapporti umani diventano solo essenziali. Tutto questo però non gli è bastato.

Da buon folle ingordo, il regista neozelandese decide di alternare in maniera dinamica il punto di vista in prima persona dei suoi attori, su modello videoludico (come gli FPS = first person shooting, o POV, come preferite), con il classico formato cinematografico. Una formula accattivante, combinata a degli effetti speciali che, visti così, sembrano molto solidi, ma che con il passare dei minuti rischia di diventare ripetitiva e stucchevole. Soprattutto perché Anon era già esteticamente meraviglioso così.

Detto, fatto; ecco l’esempio di quanto detto

E se il realtà Niccol non volesse farlo questo film? Se fosse stato in preda a deliri di onnipotenza? Non per altro eh, ma certi salti mortali con la camera mi sono sembrati quasi un gioco a “chi ce l’ha più grosso”. Come detto in precedenza, il finale poi, va a incasinarsi da solo: ha troppa fretta di arrivare alla conclusione, non si prende il suo tempo come avrebbe dovuto, risultando un pasticcione filosofico. Per di più raccontato male.

Carne o pesce? Questo è il dilemma

Non c’è abbastanza per poter parlare di intrattenimento al 100%. Preso come film “di Niccol” non mi ha convinto appieno. Solo gli Dei del Cinema sanno quanto possa essere fastidiosa questa medietà di prodotto.

Anon non è un brutto film, intrattiene e ci riesuma un regista a cui voglio un gran bene. Però… peccato. Mi viene da dire peccato. Perché nonostante non esistonano recensioni negative che mi impediscano di godermi un film, non posso accontentarmi e dire “Mah, sììì…” per 3 film di fila. Anon è girato con una mano e in equilibrio su un piede e, nonostante tutto, rimane un prodotto valido. Io voglio di più, sono bulimico. Ridatemi Andrew Niccol. Sono stufo di ricevere delusioni.

Per favore. 

Davide Casarotti

Antipatico e logorroico since 1995. Scrivo di Cinema da quando ho scoperto di non saper fare nulla. Da piccolo volevo fare il cuoco, crescendo ho optato per il giornalista; oggi mi limito ad essere pessimista, bere qualche birra con gli amici e andare al Cinema da solo. Giuro, non sono una brutta persona.
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