A Giffoni, si sa, i colori non mancano mai, così come la bellezza.
Una delle anteprime più interessanti di quest’anno è stata infatti Beauty, cortometraggio firmato da Nicola Abbatangelo, primo film italiano mixato con Dolby Atmos e primo corto musical a essere girato in presa diretta (ogni canzone è eseguita dal vivo).
Beauty non è un film come gli altri, è una fiaba moderna dal mood dickensiano che racconta la storia di un mondo grigio, privo di colore, in cui uno scienziato, per amore della moglie, crea i colori e li custodisce in tante piccole sfere di vetro. Quando la sua amata muore, continua a lavorare disperatamente sui colori, rifiutandosi però di condividere le sue creazioni con il resto del mondo.
Ogni sfera sembra un po’ un universo a sé, in cui l’oggetto che contiene è diverso, speciale, pieno di una bellezza data dal colore, mentre fuori tutto è monocromatico.
Il film, fuori concorso al Giffoni Film Festival, è stato proiettato in anteprima nazionale e ha subito riscosso un grandissimo successo tra il pubblico dei coloratissimi Giffoners, sempre più abituati (fortunatamente) ad avere a che fare con la bellezza e con il colore (quello della pluralità, delle scelte e della ricchezza che si scopre dietro ogni differenza).
In sala, anche il giovanissimo autore, Nicola Abbatangelo, che racconta come il suo primo contatto con il mondo dello spettacolo avvenne grazie alla sua famiglia (i genitori gestiscono un’agenzia che organizza eventi e spettacoli teatrali). Appassionato di musica e fotografia, inizia come assistente di produzione e poi come direttore artistico, studia alla New York Film Academy e si specializza alla NUCT presso Cinecittà Studios e all’Istituto Murnau. La sua avventura come regista, produttore esecutivo e sceneggiatore inizia da qui, fondando poi nel 2015 la Moolmore Films, una casa di produzione i cui progetti innovativi e internazionali coniugano musica, fiaba e tecnologia.
È interessante come oggi gli autori si dedichino così appassionatamente al tema della bellezza, interrogandosi su come proteggere le sfumature che ci rendono umani dal grigiore esistenziale di chi ci abitua forse a guardare le cose col filtro unico del bianco e nero, che appiattisce persino il nostro grado di umanità sul giudizio che diamo alle cose o alle persone che ci circondano. E forse è vero che il colore bisogna crearlo. In fondo non è insito, è pur sempre una questione di come si posa la luce sulle cose. E quella luce è il nostro sguardo, sempre e comunque.