Provate anche voi che magari odiate i musical a sedervi su una poltrona della sala Truffaut durante una proiezione come questa, inizialmente vi sentirete straniti: biondine che sorridono, sole a tutte le ore e vestitini colorati che svolazzano al ritmo di battute melense, sospiri lievi e ottimismo à go-go. Poi però qualcosa cambia, il vostro tallone ticchetta il pavimento, le dita tamburellano sul vostro bracciolo e improvvisamente i vostri occhi si sgranano e la bocca sussurra qualcosa di simile a un’esclamazione di sorpresa, mammamia, ma non è più un lamento: state cantando. La sala esplode, siete anche voi in uno di quei film? Niente di strano: siete al Giffoni Experience, qui la visione è un’esperienza.
È così che abbiamo assistito all’anteprima di Mamma Mia! Ci risiamo (in sala dal prossimo 6 settembre e distribuito da Universal Pictures International Italy), sequel/prequel del fortunatissimo musical che dieci anni prima (nel 2008) aveva fatto cantare e ballare un po’ tutti (fatturando circa 600 milioni di dollari in tutto il mondo), interpretato allora (come quasi adesso) dalla sacra Meryl Streep. Con lei Julie Walters, Christine Baranski, Amanda Seyfried e i tre paparini: Pierce Brosnan, Colin Firth e Stellan Skarsgaard.
Perché sequel/prequel? Perché la storia procede in due direzioni (avete presente Il Padrino – Parte II?), passato e presente, in cui si racconta proprio l’arrivo della giovane Donna (interpretata dalla ex Cenerentola Lily James) sull’isola greca di Kalokairi e la sua gagliarda avventura con i tre giovani futuri papà, uno dei quali interpretato da Jeremy Irvine, presente in sala davanti a centinaia di Giffoners.
“La cosa che adoro di questo film è che parte dal passato per continuare a costruire con il cuore” – commenta l’attore britannico che veste i panni del giovane Sam – “Mi fa molto piacere che la risposta di chi lo guarda sia emotiva. Vedo tanto coinvolgimento”.
Emotiva, esatto. Come dargli torto. Con tutta l’emotività che sprizza dal film si potrebbe rimpinzare l’Italia di buonumore.
A rendere godibile la visione (e l’ascolto) della pellicola troviamo infatti le musiche intramontabili degli Abba, i tramonti eterni delle isole della Grecia, la barba di Andy Garcia (new entry) in stile Amaro Averna, le rughe inesistenti dei settantenni, gli outfit della James. Ma se non ci si lascia trasportare dalla magia emotiva di una storia che si muove sui riflessi di una trama che in fondo conosciamo già, questo sequel può lasciare perplessi su alcune questioni: primo atto un po’ palliduccio (persino noioso), mancanza totale di conflitti che fa muovere la storia su un unico binario che è quello della nostalgia, fino al finale (emotivo) in grado di coniugare (un po’ forzatamente?) la sacralità della Streep alla divinità di Cher (la più giovane, sempre).
“Il fatto che i musical riescano a coinvolgere sempre più generazioni – racconta Irvine – dipende dalla qualità. Anche io non ero appassionato di questo genere ma lo sono diventato”.
Che dire, forse è perché quando assisti a uno spettacolo del genere in una sala come quella di Giffoni, dove i ragazzi strepitano per l’accenno di un bacio, esplodono in applausi quando apprezzano una battuta, e cantano a squarciagola come se non ci fosse un domani, quei sorrisi zuccherosi un po’ arrivano a contagiare persino quelli come me.
“Non ho mai ricevuto un’accoglienza tanto calorosa – confessa Irvine, che a 28 anni è già una star (il suo debutto lo deve a Steven Spielberg in War Horse) “Questa manifestazione è la più bella del mondo.
Sarà quindi per la magia di Giffoni, sarà perché in molti alla fine si chiedono cos’ha di così speciale questo film per cui inizi snobbando e finisci cantando, sarà che ho un debole per le belle amicizie e per quelle estati generose che ti rendono più generosa (!), sarà che poi alla fine le storie che si specchiano in altre storie sono comunque le storie di tutti, ma devo ammettere che l’emotività di cui parla Irvine ha colpito anche me. E poi il suo continuo richiamo alla giovinezza (nessuno sembra davvero invecchiare mai) così come il continuo specchiarsi della figlia nella vita della madre, assente ma presente di riflesso nei suoi spazi terreni quanto esistenziali fatti di scelte dettate dal (sto per scriverlo davvero?) cuore (mammamia!), mi fanno venire in mente le parole di “Andante Andante”, che un po’ traduce anche l’esperienza di questa visione:
Take it easy with me, please
touch me gently like a summer evening breeze
take your time, make it slow
andante, andante
just let the feeling grow