
Arancia meccanica – Cos’è la violenza?
Se ti piace violento, crudo e senza pietà, allora sei nel posto giusto. No, non stiamo parlando di sesso, ma di A Clockwork Orange, per gli abitanti del belpaese Arancia meccanica. Diretto dal maestro Stanley Kubrick e uscito per la prima volta nelle sale statunitensi nel dicembre del 1971, la pellicola è passata alla storia per la sua capacità critica e analitica di presentare una società dominata dalla violenza, società definita “vicinamente futura” o “distopica” ma in realtà non troppo lontana dalla realtà quotidiana.
Ma andiamo con ordine.
Il film è liberamente ispirato al romanzo distopico dal titolo omonimo di Anthony Burgess, uscito nel 1962. La società presentata (nel film come nel libro) è una società dominata da una violenza estrema e gratuita, per meglio dire “ULTRAVIOLENZA“. Il protagonista del film è Alex, un giovane ragazzo di famiglia operaia che passa le sue nottate scorrazzando in giro per le zone della Grande Londra dove si diverte assieme ai suoi tre amici (i cosiddetti Drughi, dall’inglese Droog e derivante dal russo, significa amico) Dim, Georgie e Pete a commettere violenze nei confronti di chiunque.
La prima scena si apre con l’inquadratura sul volto allucinato ed estasiato dello stesso Alex: zoom indietro e ci viene subito rivelato che il drugo si trova coi suoi 3 compagni all’interno del Korova Milk Bar, luogo dove i ragazzi della gang si rilassano bevendo lattepiù (latte mischiato a mescalina o altre droghe) circondati da sculture di donne nude, da dove “si munge” appunto il lattepiù.
Piccola disquisizione sul Korova Milk Bar e sulle sculture dalle fattezze femminili:
- Korova deriva dal russo e significa “mucca”.
- le sculture delle donne sono state scolpite da Liz Moore prendendo ispirazione dall’opera di Allen Jones “Hatstand, table anche chair”, che rappresentava tre donne poste a rappresentare appunto un appendiabiti, un tavolo e una sedia.
Il lattepiù rende chi lo beve robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza.
La violenza, questo il tema ricorrente per tutta la durata del film, una violenza dalla due facce, ma pur sempre spietata.
Inizialmente la violenza è quella dei drughi, difatti nelle prime sequenze vengono mostrate una serie di cattiverie compiute da questi ultimi ai danni dei più disparati individui: per prima l’aggressione ad un vecchio senzatetto ubriaco che cercava di approcciare i delinquenti, il quale viene picchiato e letteralmente preso a mazzate col presupposto, affermato dallo stesso Alex, che “la visione di un vecchio ubriaco è esteticamente inaccettabile”. Primo atto di critica alla violenza messo in scena da Kubrick, che con uno strabiliante primo piano sul volto di Alex riesce ad attribuirgli fattezze bestiali, con tanto di fumo che fuoriesce dalla bocca.

Soddisfatti e divertiti i Drughi spostano la loro attenzione su un’altra banda, quella di Billy Boy. Ancora una volta inquadratura stretta sul soppalco di un teatro abbandonato e subito, zoom all’indietro a rivelare una scena di stupro che già presentivamo dalle grida disperate di una ragazza. In questa scena il teatro diventa simbolo di spettacolarizzazione della violenza messa in atto dalla banda di Billy Boy, in quanto sembra davvero di star osservando un’opera teatrale che mette in scena uno stupro, con tanto di musica e scenografie; il tutto messo a contrasto con un’ambientazione decadente e marcia che ribadisce la condanna della violenza. Tutto andrebbe a buon fine se non fosse per l’arrivo di Alex e compagni che iniziano una rissa con la banda avversaria, la quale ricorda una sequenza alla Hanna-Barbera, il tutto correlato da l’ouverture de “La gazza ladra” di Gioacchino Rossini, che in questa scena diventa un vero e proprio leitmotiv della violenza.
Vittoriosi e realizzati i quattro drughi continuano la loro personale scorpacciata di violenza rubando prima un’auto (precisamente una Durango 95) e infine mettendo in atto la “visita a sorpresa”: si recano a casa di uno scrittore aggredendo lui e la moglie e stuprando quest’ultima, completando l’atto a ritmo di Singin’ in the rain. Da notare che Kubrick sceglie di mostrare questa scena attraverso gli occhi dello scrittore, in modo da immedesimare completamente lo spettatore nella vittima.
Note di colore:
- nel romanzo di Burgess lo scrittore F. Alexander sta scrivendo proprio il romanzo Arancia meccanica
- l’esecuzione canora di Singin’ in the rain da parte di Alex è nata in modo del tutto casuale: Kubrick, non soddisfatto della resa della scena, disse all’interprete di Alex (Malcolm McDowell) di intonare una canzone ed egli scelse proprio il brano cantato da Gene Kelly nell’omonimo film

Ma tutta questa violenza non ha nessuna conseguenza?
Inizialmente no, difatti anche la notte successiva i drughi si ritrovano per ripetere gli atti della notte precedente. Accade però un evento fondamentale: Alex, indiscusso leader dei drughi, calca troppo la mano con Dim, da lui sempre preso di mira (dim in inglese significa “ottuso”, “tardo”) e questo causa una sorta di ribellione degli altri drughi, subito sedata da Alex che decide prima di picchiare con violenza Dim e Georgie, e poi di buttarli nel fiume accanto al quale stavano passeggiando, il tutto ripreso attraverso un magistrale ralenti da parte di Kubrick. Scelta sbagliata, difatti nella classica “visita a sorpresa” della notte stessa Alex viene tradito dai suoi compagni e consegnato alla polizia.

L’entrata di Alex in prigione ribalta le sorti della vicenda: Alex si ritrova in un ambiente dove è sopraffatto da tutti e non è più lui a comandare, ciononostante mantiene la sua consueta attitudine violenta.
LA CURA LUDOVICO
Simpatico come la causa che porterà Alex a tentare il suicidio porti lo stesso nome del suo musicista preferito, Ludwig van Beethoven appunto, chiamato dallo stesso Alex “il buon vecchio Ludovico Van”, coincidenza?
Alex, venuto a sapere dal cappellano della prigione di un programma di riabilitazione che da accesso alla scarcerazione immediata, decide di aderirvi. Questo programma è appunto la cura Ludovico.
In che cosa consiste?
Il paziente viene sottoposto a un’iniezione sistematica di farmaci e poi posto davanti a uno schermo, legato e obbligato a tenere aperti gli occhi tramite delle pinze, prende visione di scene/film dal contenuto violento.
Degna di nota la passione di Malcolm McDowell nell’interpretare il personaggio di Alex, il quale subì l’abrasione delle cornee e si incrinò una costola.
N.B.: Il medico posto a idratare gli occhi di McDowell durante le visioni forzate era un vero medico!
Risultato?
Il paziente, a causa dei farmaci, inizia a sviluppare un senso di malessere fisico e nausea alla visione della violenza, fino ad arrivare a un punto in cui non riesce più a praticarla perchè letteralmente piegato in due dal dolore fisico.
Nel caso di Alex inoltre la visione dei film sul nazismo o sui gulag russi era accompagnata dalla nona sinfonia di Beethoven, brano preferito del drugo.
Passato il periodo necessario per annientare la violenza insita in Alex, egli viene sottoposto a un’ulteriore prova prima di essere decretato definitivamente libero: vengono eseguiti 2 test:
- un attore lo provoca insultandolo e picchiandolo: Alex spinto dal suo impulso alla violenza prova a reagire tentando di aggredirlo, ma viene subito bloccato dal senso di nausea e dal malessere, rimanendo ai suoi piedi impotente e costretto a leccargli la suola delle scarpe
- una donna in topless gli si presenta davanti, concedendosi completamente a lui: Alex prova a toccarla e a possederla ma di nuovo il malessere prende il sopravvento ed egli si ritrova rantolante dal dolore, a terra
Giusto o sbagliato?
Sintomatiche sono in questo caso le parole del cappellano della prigione, il quale presa visione di quanto stava accadendo pronuncia le seguenti parole: “quando un uomo non ha scelta cessa di essere un uomo”. E come dargli torto? Un uomo che non può decidere cosa fare o come agire viene ridotto a un freddo automa che esegue delle istruzioni. Non si tratta di prendere una decisione che va oltre le nostre possibilità, ma si tratta invece di essere liberi di agire (assumendosi le proprie responsabilità e facendosi carico delle conseguenze) e scegliere in base alle opportunità che la vita ci offre. Il risultato della cura Ludovico è la cancellazione del libero arbitrio e la completa disumanizzazione dell’individuo, il quale cessa di essere libero e quindi cessa di essere umano.
Bene, Alex questa libertà, questo libero arbitrio non lo possiede più, perché vittima di una “cura” che lo costringe a scegliere sempre nella stessa direzione; o meglio, che lo costringe a evitare e ripudiare la stessa direzione, quella della violenza, rendendolo obbligato a scegliere per quella opposta.
CONCLUSIONI
La natura del film è, per tutta la sua durata, ambivalente. Kubrick mette in scena un continuo scontro tra concetti opposti, continue dicotomie simboliche le quali raggiungono la massima espressione nella concezione della violenza.
Analizziamole.
Visivamente il film è organizzato sui doppi: dalla prima scena notiamo gli occhi truccati diversamente di Alex, quello destro truccato pesantemente e con ciglia finte, mentre quello sinistro al naturale. Primo simbolo: la natura ambivalente dell’uomo.
Il lattepiù
Il latte, col suo colore bianco, dovrebbe simboleggiare sicurezza e purezza, invece il lattepiù contiene droghe e lo rende degenerato, sporco, contaminato.
La figura femminile e il sesso
In molte scene del film sono presenti espliciti riferimenti alla sessualità e all’oggettificazione della donna, difatti Kubrick affermava che “niente riesce a risvegliare lo spettatore dal torpore meglio del sesso”. Basti pensare per esempio alla rocking machine, ovvero la scultura dalle forme falliche col quale Alex colpisce la donna dei gatti (realizzata da Herman Makkink). Oppure anche solo al Korova Milk Bar, pieno di corpi di donne nude dalle quali mammelle è possibile ricavare lattepiù. O ancora alle statuette dei Gesù nudi danzanti in camera di Alex. L’obiettivo di Kubrick è condannare la crescente tendenza di quegli anni a usare in modo erroneo il corpo femminile e la sessualità, sfruttati come oggetti di tendenza.

La musica
L’assoluta predominanza della musica classica nel film è contrastata dalle immagini che la accompagnano, le quali tendono a dissacrarla:
- La marcia funebre per queen Mary, che è il tema principale del film, accompagna la scena iniziale nel Korova, o la scena del test con la ragazza in topless, o ancora Alex che viene picchiato dai drughi quando ritorna in società.
- La già citata Singin’ in the rain fa da accompagnamento al pestaggio di Frank Alexander e al successivo stupro della moglie.
- L’ouverture de La gazza ladra di Rossini accompagna lo scontro con Billy Boy.
- La nona sinfonia di Beethoven è la canzone duplice per eccellenza in quanto da brano preferito di Alex passa ad essere la canzone che lo induce definitivamente al suicidio.
CONDIZIONE DUPLICE DI ALEX
Alex passa da carnefice a vittima, per poi ritornare (forse) ad essere nuovamente carnefice… in modo legale!
Condizione prima dell’arresto: un giovane divertito dalla violenza, che non si fa scrupoli nel perseguitare vittime innocenti del suo agire. Ma perché Alex si comporta così? È insito nella sua natura (e di conseguenza egli diventa metafora dell’uomo) oppure c’è dell’altro? Alex vive in una società persuasiva e pervasiva che sicuramente non giustifica i suoi comportamenti, ma non sviluppa nemmeno un “antidoto” adatto a eliminarli. Esiste un meccanismo psicologico denominato distribuzione di responsabilità che prevede una diminuzione del senso di responsabilità appunto se ci si trova all’interno di un gruppo che è abituale a un certo tipo di comportamento. Quindi Alex, vivendo a costante contatto con una società che nulla gli mostra se non la stessa violenza da lui praticata, come può sentirsi davvero colpevole? È un fenomeno a cui siamo abituati anche oggi, il cosiddetto bandwagoning. Il meccanismo è semplice: se tutti lo fanno, allora lo faccio anch’io. Nel caso di Alex la situazione è leggermente diversa: lui è violento, ma non smetterà mai di compiere violenza perché si sente giustificato dalla stessa società che lo condanna. Sembra un paradosso, ma andiamo a leggere l’altra faccia della medaglia.
Condizione dopo l’arresto: Alex diventa vittima di un’organizzazione sistematica che vuole far di tutto per “rieducarlo”, ma il metodo più efficace che trova è sostituire la violenza con altra violenza. Una violenza mascherata, spacciata come un metodo estremamente efficace per eliminare l’impulso malvagio dall’essere umano, ma che allo stesso tempo lo svuota della sua caratteristica più umana: la ragione, la capacità di scegliere. È in questo modo che la violenza “ludica” di Alex si trasforma in una violenza lucida del sistema, la violenza episodica diventa violenza sistematica. La condizione in cui si ritrova Alex è esattamente speculare a quella di inizio film: i barboni lo picchiano, la sua famiglia lo caccia di casa, ancora i drughi quasi lo annegano e infine, Frank Alexander mette in atto la sua vendetta portandolo al tentato suicidio col semplice ascolto del “buon caro vecchio Ludovico Van”, in una rappresentazione geniale da parte di Kubrick che per immedesimare completamente lo spettatore nella parte lancia la telecamera dalla finestra.
Condizione dopo il tentato suicidio: Alex in ospedale, “guarito”, gli effetti della cura Ludovico non agiscono più su di lui e quindi egli è di nuovo in grado di scegliere. E cosa scegliere il caro vecchio drugo? La violenza, per l’ennesima volta, ma questa volta può farlo in modo legale in quanto il primo ministro gli promette il ruolo di capo della polizia. Ancora una volta la violenza è “sconfitta” con altra violenza, perché l’uomo è violento per sua stessa natura.
Il film si conclude con la rappresentazione di un viaggio onirico di Alex che si immagina una scena in cui stupra una donna con attorno un pubblico che applaude: violenza resa lecita.
Capolavoro del maestro Stanley Kubrick, il quale dopo 2001: Odissea nello spazio fa doppietta e realizza una pellicola destinata a rimanere nell’immaginario collettivo, grazie a una straordinaria capacità di sfruttare “l’opportunità – offerta dal film stesso – di veicolare concetti complessi e idee astratte senza servirsi in modo tradizionale della parola” e riuscendo a descrivere una realtà quotidiana di cui nessuno ha il coraggio di parlare.