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Il cinema secondo Aronofsky: viaggi intrapsichici, racconti di storie umane

Non è facile tracciare il racconto di una singola personalità. Ancor meno lo è il raccontare l’evoluzione di una personalità cinematografica intrecciandola con la sua storia di uomo e di individuo. Lungi da me quindi il proporre una monografia che pretenda di saper delineare siffatti pretesti. Per questo motivo, infine, la mia proposta si limiterà a raccontare l’evoluzione del cinema di Darren Aronofsky. Ed è in questa sede dunque che vi presento una monografia la quale si prende l’insperato rischio di dipingere una personalità cinematografica così discussa e così odiata, ma in tal caso altrettanto amata.

Darren aronofsky

Credo di dover aggiungere una breve postilla. Non è nelle mie intenzioni, né tanto meno nelle mie pretese, tracciare un profilo cinematografico di Aronofsky che sia globale ed esaustivo: sarebbe esoso e inconcludente. Trovo invece decisamente più interessante raccontarvelo film per film lasciando che sia il commento stesso alle opere a parlare, evitando così inutili manierismi ed eccessivi giudizi. È sempre soddisfacente riuscire a pararsi il culo per mezzo del linguaggio: mi fa sentire protetto, meglio di un preservativo triplo. O delle mascherine per bocca.

Pi Greco –  π (1998)

pi greco

Matematica, matematica e ancora matematica: solo questo circola nella mente di Maximillian Cohen (Sean Gullette). Mente che diventa ossessionata, turbata, circondata e devastata dalla matematica stessa, in un processo di avvicinamento al delirio che si mescola con disturbi psichici forti e recidivi, fino ad approdare alla soluzione. Soluzione che però, ahimè, è troppo grande e causa quindi l’autodistruzione, il completo annichilimento delle proprie facoltà mentali. Ma la soluzione è in realtà anche liberatoria, anche se in modo triste e rassegnato.

Con un allucinatissimo bianco e nero, fatto per la maggior parte di riprese con camere a spalla e decisamente ballerine, Aronofsky mette in scena la devastazione di una mente che ha puntato troppo in alto e che, come Icaro, infine ottiene solo cenere e precipita nell’abisso, concludendo però con una nota speranzosa (o forse no). Assolutamente una prova sperimentale da conservare negli annali.

Voto: 9/10

Requiem for a Dream (2000)

requiem for a dream

Alcuni parlano di capolavoro assoluto di Aronofsky, altri lo denigrano completamente. Io darò voce ai primi, togliendo però la parola capolavoro: non è questo l’apice del buon Darren.

Raccontare il mondo della droga rischia oramai di diventare trito e banale (sì, anche nel 2000) perché in troppi lo hanno già fatto e soprattutto in troppi lo hanno fatto con metodi troppo simili. Requiem for a Dream invece ci tira un doppio pugno: uno in faccia, che ci sveglia (e comunque non fa mai male, generazione di stupidi mentecatti), e l’altro dritto nello stomaco. È soprattutto questo secondo pugno che resta indimenticabile, perché troppo forte, perché inevitabile. Aronofsky crea una storia che per forza di cose ci costringe a entrare in contatto psico-fisico con i personaggi. E se quei personaggi sono quella Ellen Burstyn e quel Jared Leto è chiaro che l’esito finale sarà tutt’altro che edificante: usciamo dal film sconvolti e senza forze, con una bruttura dentro difficile da estirpare e che necessita tempo per essere metabolizzata. Caro Danny Boyle, anche se questa non era una sfida, io credo che Aronofsky abbia vinto. E ora mi bruceranno al rogo e tornerò cenere. Mai toccare un idolo cinematografico.

Voto: 8.5/10

The Fountain – L’albero della vita (2006)

the fountain l'albero della vita

Ciao Hugh Jackman, che bello che sei, tutto pelato. CHE SGOMENTO INCREDIBILE, TORNA A FARE WOLVERINE AL PIÙ PRESTO!

In assoluto il film più discusso (male) del regista… inspiegabilmente, a mio parere. Che problemi avete voialtri che quando le cose diventano troppo oniriche subito gridate allo scempio. Ok, d’accordo che non sarà un film perfetto e non completamente concludente, ma… è bello cazzo! Ricordate ancora quando dicevo di non voler dare giudizi?

Tralasciando gli indizi di indubbia oggettività critica, questo film è visivamente stupendo ed affascinante: BRILLA. Ci sarebbe poi tutto un discorso sul suo gigantesco significato (intrinseco ed estrinseco), ma esiste già un articolo dedicato a ciò. Ed il punto è proprio che The Fountain parla di troppo per poter essere ridotto a parole; d’altronde ci sarà un motivo se la forma d’arte prescelta per rappresentarlo è stata il cinema e non il romanzo, o no?! Tuttavia la paura di sbagliare e l’ossessione del dare un senso e una spiegazione a qualsiasi cosa sottrae completamente al film tutta la sua toccantissima poesia. Pretenzioso sì, irrispettoso delle pretese assolutamente no.

Voto: 7.5/10

The Wrestler (2008)

the wrestler
Buzz Lightyear mentre prova a volare

Ed eccoci: i premi. The Wrestler ha vinto il leone d’oro al Festival del cinema di Venezia. Se la logica dei premi corrispondesse alla logica meritocratica questo sarebbe il miglior film di Aronofsky. Ma sappiamo tutti che non è così e che comunque sarebbe relativo. Ciò non toglie che The Wrestler sia un ottimo film, intenso e spirituale, un processo di riscoperta dell’uomo adombrato dal personaggio che interpreta. Non credo sia il miglior film di Aronofsky, ma è sicuramente quello in cui il regista si manifesta maggiormente a livello visivo; e Aronofsky visivamente ci sa fare. Tuttavia è anche il film più “scollegato” della produzione cinematografica del Darren. Non che la sua filmografia segua una linea conduttrice o un percorso tematico, ma bene o male gli altri film per qualche motivo anche astruso posso somigliarsi. The Wrestler invece è innovativo nell’immaginario del regista e per questo forse è anche il film che più è saltato all’occhio nel corso della sua carriera. Complice anche un eccezionale Mickey Rourke, ci lascia un messaggio delicato e triste, che fa stringere il cuore, ma che regala coraggio e determinazione.

Voto: 7/10

Il cigno nero (2010)

il cigno nero
Ti salto addosso e non sai cosa succede dopo

CA-PO-LA-VO-RO! Può bastare o devo anche argomentare? E va bene, argomentiamo. Partiamo da una Natalie Portman at her finest: incredibile, follemente efficace, una recitazione tremendamente dinamica che le permette di dare spazio a tutta la sua psicosi spirituale. Sindrome di Stendhal, scusate. Continuiamo con l’impressionante credibilità con cui Aronofsky ha saputo ricostruire il rapporto madre-figlia, o ancora quella con cui ha mostrato il mondo del balletto professionistico. E poi c’è tutta la dimensione onirico-fuorviante che dona al film una prestazione ansiogena di livello assoluto, nella quale, ancora una volta, la filosofia de Il cigno nero prende forma e diventa perfezione. Ipse dixit. O forse no. Ebbene, è quindi questo l’apice di Aronofsky? Creiamo una suspense fasullissima: ve lo dirò a fine articolo. Sono un poco malvagio oppure no?

Voto: 10/10

Noah (2014)

noah

Bella merda! No dai, non completamente, solo per il suo 95%. È davvero un peccato che questo film sia così inferiore agli standard ai quali Aronofsky ci (mi) ha abituati. Il film è lento, impreciso, senza nessun andamento lineare o una costruzione diegetica che possa perlomeno sembrare efficace: troppo lungo in alcune parti, troppo sbrigativo in altre. E poi è ampolloso, si guarda allo specchio in ogni inquadratura, in ogni frame di effetto speciale che è stato piazzato sulla pellicola, la quale, sinceramente, ne desiderava (e necessitava) meno. Infine una narrazione poco interessante che fa meditare sulla possibilità di interruzione della visione. Un mescolone sbagliato e non degno di nota.

Ah già, c’è Russell Crowe.

Voto: 4.5/10

Madre! (2017)

madre!

L’ultimo (per ora) film di Aronofsky. Sicuramente sappiamo che lo scopare con quella grandissima figa bellissima figlia del cielo di Jennifer Lawrence ha giovato al fortunatissimo Darren non solo ormonalmente ma anche artisticamente: Madre! è un film unico. Un’idea innanzitutto, poi una sua rappresentazione, poi una rappresentazione che può aprirsi a varie interpretazioni, infine l’interpretazione che fa parlare il film. Una prova recitativa strabiliante della Lawrence (un po’ meno quella di Bardem) che sorregge da sola l’intero impianto della rappresentazione. E poi c’è ancora una volta la voglia, mai banale e mai ripetitiva, di Aronofsky di inserire un discorso sull’umanità e sul suo ruolo nel mondo e nel conoscibile. Ma, guarda un po’, anche questo film ha ricevuto critiche pesantissime: SIETE SOLO INVIDIOSI DEL FATTO CHE LUI IN MEZZO ALLE GAMBE DELLA LAWRENCE CI È PASSATO, VOI NO! Che poi insomma, Jennifer non è poi tutta sta bellezza di donna… ci sono senz’altro creature del cielo che sono in grado di deliziare i nostri sguardi in modo decisamente più sopraffino. Tipo Yoko Ono.

Voto: 10/10

yoko ono jennifer lawrence

Miglior film di Aronofsky

Mi pare evidente che la lotta finale sia a due: Il cigno nero vs. Madre!. Immaginate ora vostra madre che lotta contro un cigno nero, dai.

Credo sia una delle scelte più difficili della mia vita, ancora di più della scelta della facoltà universitaria o del voto alle elezioni politiche 2018. Amo entrambi i film alla follia e li ritengo dei prodotti artistici eccelsi sotto ogni punto di vista. Tuttavia c’è un elemento che uno dei due film possiede e l’altro no: la sensualità di Jennifer Lawrence. Madre! è un film più intenso e riflessivo, ma allo stesso tempo più impattivo; Il cigno nero invece è un film artisticamente leggermente migliore e portante capacità di intrippare lo spettatore con giochi registici. Qual è quindi l’elemento che sposta l’equilibrio della bilancia? La maturitàIl cigno nero è la pellicola con cui Aronofsky porta a compimento il suo processo di maturazione artistica (già iniziato con The Wrestler ed andato a puttane con Noah). Questo significa che anche in Madre! ci troviamo di fronte a un regista maturo. Ma ciò che determina infine la mia scelta (tra l’altro non richiesta e prettamente autocelebrativa) è la capacità di unire maturità e intraprendenza, ovvero la capacità di saper effettuare scelte registiche intelligenti, intrecciandole con inventiva ed innovazione, pur mantenendo un certo equilibrio formale. E questa è una capacità che in Madre! si esprime al massimo. Perciò…

Miglior film: Madre! 

madre!

Mario Vannoni

Un paesaggio in ombra e una luce calante che getta tenebra su una figura defilata. Un poco inutile descrivere chi o cosa sono io se poi ognuno di voi mi percepirà in modo diverso, non trovate?
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