
Asterix e il segreto della Pozione magica: i galli son tornati… per davvero
Prima di parlare di questo Asterix e il segreto della Pozione magica, voglio proporvi un semplice ragionamento. Se vi arrivasse notizia che la Disney stia producendo un adattamento con attori in carne ed ossa di un classico di Topolino, come reagireste?
La trovereste un’idea assurda che potrebbe portare solo a un risultato posticcio e scadente che non renderebbe minimamente giustizia al personaggio o al suo mondo. Giusto? Molto bene. Questo risponderà a quei folli che, leggendo, si sarebbero chiesti: ma come mai non fa nemmeno un rifermento ai quattro film dal vero della serie?
Detto questo, parliamo del nuovo (e simpaticissimo) capitolo della saga cinematografica di Asterix.
Dopo quattro anni dall’uscita del precedente Regno degli Dei, tornano Alexandre Astier e Louis Clichy al timone. Il noto attore Christian Clavier (I visitatori, Non sposate le mie figlie) sostituisce Roger Carel, voce storica del buon Asterix (sin dal primo episodio della serie). – Dovrei aggiungere qualcosa in merito a precedenti incontri di Clavier con il personaggio? Non direi proprio, avete letto l’introduzione? –
Di nuovo torna il tema musicale nato con Il Regno degli Dei e di nuovo torna il 3D, con quel ritmo d’azione dinamico e moderno à-la Genndy Tartakovsky (Samurai Jack e Hotel Transylvania, per capirci).
Ma questa volta, dopo il passo verso l’animazione al computer, le cose cambiano ulteriormente. O meglio, fanno un piccolo passo indietro. I due registi decidono, infatti, di lasciar perdere gli albi di Goscinny e Uderzo e di affidarsi a un soggetto totalmente originale.
Non è una scelta nuova: gli stessi autori della serie (ai tempi degli sfortunati Studios Idefix) l’avevano intrapresa con Le dodici fatiche di Asterix. Non è nuova, ma certamente è rischiosa: non è un caso che Le Fatiche sia praticamente un caso unico nella serie (e per chi obbietta, rimando nuovamente all’introduzione). In seguito si è tentato di unire soggetti diversi, come con La sorpresa di Cesare, o di allungare intrecci già esistenti, come nel caso di Asterix conquista l’America o del pessimo Asterix e i Vichinghi.
Questo soggetto, pur con notevoli rimandi ai ventiquattro capolavori a fumetti del sodalizio Goscinny/Uderzo e con diverse riflessioni in merito ai suoi personaggi, propone un intreccio inedito, ideato da uno dei due registi: Alexandre Astier.
Il druido Panoramix, a seguito di un incidente, decide che è venuto il momento di trovare un successore a cui tramandare la formula della sua Bevanda magica. Scortato da Asterix, Obelix e dal piccolo genio Bonemine, viaggerà fino alla sacra foresta dei Carnuti, per consultare i suoi compagni druidi su chi possa essere il candidato ideale. Ma, nel momento in cui un suo antico rivale (dal nome rivelatore di Rancorix), entrerà in scena con lo scopo di impossessarsi della formula della Pozione, la ricerca si rivelerà più complessa ed insidiosa del previsto.
Come si può intuire, questa storia ha come vero protagonista il vecchio Panoramix. Focalizzarsi su di lui porta a indagare vari aspetti del suo carattere di solito poco esaminati. L’orgoglio, l’angoscia riguardo l’avvenire, il costante ripercorrere le sue scelte, la fortissima sensibilità. Il personaggio, che già ammiravamo per il suo carisma e la sua saggezza, esce da questo trattamento ancora più fresco e forte.
Questo film è un vero e proprio seguito del precedente Regno degli dei. Torna lo stile, tornano dei personaggi, torna la visione moderna dei due registi. E, come tutti i migliori seguiti dovrebbero fare, mantiene oltre ogni immaginazione le promesse del predecessore.
Sebbene la storia sia davvero prevedibile, questo non ha importanza, perché il film è compatto e divertente. Essersi liberati dal peso di dover adattare per lo schermo una storia già funzionante sulla carta stampata e doverci competere, giova non poco.
Il ritmo è curato ancora di più. I tempi comici migliorano, come le battute che sono più divertenti e più studiate. Se nel Regno degli dei pullulavano riferimenti semplici e immediati (come Superman o King Kong), in questo film i riferimenti si fanno più sottili e “sofisticati” del precedente (da classici come La congiura degli innocenti a iconografie religiose…). I personaggi introdotti sono interessanti (per quanto Rancorix ricordi, almeno d’aspetto, l’indovino Prolix) e, incredibile ma vero, la piccola e geniale Bonemine si rivela un personaggio riuscito, simpatico e non forzato (al contrario del ruffiano Barufus del precedente Regno degli dei).
L’animazione fa un salto estetico incredibile e il complesso offre momenti di stile davvero intriganti, dagli inserti di animazione tradizionale fino a un’intera sequenza fatta seguendo lo stile di un bozzetto animato. Alla regia si cerca di costruire belle sequenze e splendide inquadrature con risultati davvero interessanti e di tutto rispetto.
Si capisce molto bene che l’ambizione è ben più alta di quella di un semplice filmetto per famiglie. In questo caso, sembra che i registi cerchino di creare esattamente quel che Goscinny e Uderzo crearono con il loro sodalizio: una storia per chiunque sia disposto a seguirla. Non per adulti, non per ragazzi, non per bambini, non per famiglie.
Il segreto della Pozione magica sembra anche voler entrare nella grande famiglia degli albi di Asterix. I riferimenti, infatti, non sono ai film, ma alle storie a fumetti: torna Elpiubelgalix, antagonista di Abraracourcix su Il duello dei capi, torna la pozione fluttuante, creata in un momento di folle amnesia, da Panoramix, torna la Foresta dei Carnuti, che solo chi ha letto albi come Asterix e i Goti può già conoscere.
I difetti però non mancano. Sebbene la serie non sia nuova ad avventure in cui altri personaggi godono di maggiore attenzione rispetto alla coppia Asterix-Obelix, in questo caso il loro ruolo è davvero marginale. Sono gli Unknow della situazione. Questo potrebbe non piacere a tutti gli appassionati.

Il doppiaggio italiano non è all’altezza del precedente Regno degli dei, che vedeva fuoriclasse come Gianni Giuliano, Michele Kalmera, Fabrizio Mazzotta o Dante Biagioni (recentemente scomparso). Un doppiaggio, questo, che non sembra eccellere particolarmente, proponendo un cast di voci che sembra abbastanza uniforme (senza molti picchi). Fatta forse eccezione per qualche illustre presenza, come Franco Zucca (per Rancorix) o Olivero Dinelli (per Panoramix).
Le battute sono migliorate, ma non tutte vanno a segno. Il film ha un ritmo ottimo, ma anche un finale forse un pochino lungo. L’aspetto satirico e cinico, che spesso caratterizza le storie di Asterix, sembra scomparso (quanto meno diminuito) a favore di un intrattenimento più leggero e brioso. L’argomento su cui si concentra (la responsabilità) è valido, ma non interessante e adulto come altri affrontati dai precedenti episodi (come il consumismo, la burocrazia, il militarismo). Ma sono elementi questi, che (alla fin fine) non sono necessari per creare una buona storia per questo personaggio.
Anche perché questa storia intende essere, prima di tutto, un’avventura dai forti toni fantastici che vuol regalare un’ora e venti di assoluto divertimento. Niente di più, niente di meno.
Il consiglio finale quindi è di andare a vedere questo film: lo vale il grande schermo. Siate voi in cerca di una nuova storia per Asterix, dopo anni di delusioni e poco coinvolgimento, o anche solo di una visione leggera e simpatica, questo film fa decisamente al caso vostro.