Serie TV

Atlanta: un nuovo punto di riferimento per le serie comedy

So che lo state pensando tutti, un “e che cazzo è ‘sto Atlanta!” starà vagando nella vostra testa. Bene, oggi sono qui per spiegarvelo.

Innanzitutto, chi è Donald Glover? Semplicemente, Donald Glover è quel che era Will Smith ai tempi di Bad Boys, però migliore e molto meno gangster. E senza rapporti con Michael Bay, si spera. Sceneggiatore, attore (l’avrete sicuramente notato in Solo) e rapper sotto il nome di Childish Gambino, sembra riuscire assurdamente bene in tutto quel che fa, e recentemente, il suo nuovo singolo, This is America, è in cima a tutte le classifiche americane.

Atlanta, di cui avevo già parlato in pochissime righe, è solo la punta di quel talento che possiede e, descrivendola con una sola parola, è G-E-N-I-A-L-E. E infatti vinse pure un Golden Globe nel 2017.

Atlanta non è molto convenzionale nella trama:

Segue la storia di Earn, interpretato dal citato Glover, che dopo essere stato espulso dalla Princeton è, in poche ed efficaci parole, con i drappi in prossimità del suo deretano. Viene, quindi, a sapere che suo cugino, Alfred, sta per sfondare nel mondo del rap col nome di Paper Boi: non gli rimane, dunque, che improvvisarsi suo manager. E, da qui, lo showman non ne ha più per nessuno: nella serie vengono perculati bianchi, neri, razzisti, moralisti, rapper, non rapper, Justin Bieber, la zia, la nonna e anche il cane dei vicini. Ma non con un umorismo stupido, anzi, ti lascia con quella sensazione stupenda di quando, in un gruppo di amici, qualcuno fa una battuta cattivissima su un altro, così fine che l’altro in questione non se ne accorge, e tu non sai se ridere o no. Questo è Atlanta, pura tragicommedia. 

I personaggi principali, tutti interpretati in maniera ottima, sono sostanzialmente tre:

  • Earn è uno sfigato nel senso stretto del termine;  colpito dalla vita continuamente, cerca di fare il possibile per tirare avanti. Con lui aspettatevi i migliori momenti WTF legati a episodi razzisti a cui i personaggi sembrano non fare nemmeno più caso: perché l’intento del produttore è, in parte, anche denunciare.
  • Paper Boi sembra essere spesso e volentieri annoiato dalla vita, cerca di trovare un posto tra la strada e la musica. Per la sua attitudine supponente, guarda un po’ tutti dall’alto e, paradossalmente, a lui sono legate le scene più divertenti della serie, principalmente quelle in cui entra in contatto con individui piuttosto strani (Harrison nell’episodio del Talk Show, ad esempio. Tra l’altro, quell’episodio è uno dei punti più alti che la televisione abbia raggiunto recentemente). Può sembrare, in alcune situazioni, anche la parodia vivente del rapper emergente, soprattutto per il fatto che la sua hit, ricorrente in quasi tutti gli episodi, è cantata visibilmente dallo stesso Glover, ha come temi droga e soldi, come il 90% della produzione attuale di hip hop americano.
  • Darius, migliore amico di Paper Boi, completamente schizzato.

Vi starete chiedendo, quindi, perché non abbia messo cinque stelle piene piene. Bene, il motivo fondamentale è che, vedendolo dall’Italia, molti momenti della serie si perdono per forza di cose. Inutile dire che in originale renda il doppio, ma il problema di base è che molti elementi dell’attualità americana da noi non arrivano, basti pensare ai riferimenti a giocatori di football come Colin Kapernick, o alla parodia di spot che passano sulla tv americana, o, ancora, la visione del fenomeno del razzismo e della violenza della polizia, che, dall’Italia, non sembra tanto grave quanto è nella realtà: la serie non si limita a mostrare il razzismo dei bianchi, ma anche il razzismo tra persone appartenenti alla stessa “categoria”, se così si può chiamare. Memorabile in questo senso l’episodio 9 della prima stagione, in cui Earn è ospite a casa di una famiglia alto borghese… vi lascio immaginare.

atlanta

Robbin’ Season:

La comicità, però, fa da padrone. E, infatti, la seconda stagione, verte leggermente di più sull’elemento divertimento, regalando momenti davvero devastanti, in unione con una critica ancora più feroce che, probabilmente, deriva dall’approvazione che la prima stagione ebbe nel 2016… il buon Glover si è davvero dato alla pazza gioia, basta guardare l’opening del primo episodio, con una sparatoria che sembra quasi slegata dal contesto, per la violenza mostrata.

Ma, in generale, è questo il punto di forza della serie: quella risata amara, un senso d’incompletezza nelle battute dei personaggi, una tristezza di fondo ambigua che, in tutta onestà, rendono entrambe le stagioni un vero e proprio gioiello. 

Vincenzo Di Maio

Nasce in quel di Napoli nel 1998 ma è rimasto ancora negli anni '80. Spesso pensa di esser stato un incidente ma i suoi genitori lo rassicurano: è stato molto peggio. Passa la totalità della sua giornata a guardare film e scrivere, ma ha anche altri interessi che ora non riesce a ricordare. Non lo invitate mai al cinema se non avete voglia di ascoltare un inevitabile sproloquio successivo, qualunque sia il film.
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