Sarà che il periodo storico attuale un po’ ricorda quell’epoca, sarà che la Repubblica di Weimar esercita sempre un certo fascino, sarà che in estate si ha voglia di gialli, fatto sta che ero alla ricerca di qualcosa che racchiudesse tutto questo: un Cabaret meno epocale, un Commissario Montalbano più teutonico, e con una bella spolverata di cappellini Anni Trenta e vestitini con le piume più abbordabili di un chilo di pane. Ebbene, ecco servita Babylon Berlin.
Da una decina d’anni a questa parte le serie tv vanno di moda, e i tedeschi hanno deciso che non volevano sentirsi secondi a nessuno neppure su questo fronte: complice Volker Kutscher, che a voi forse dirà poco ma che in patria è considerato IL giallista, nel 2017 sono state girate due stagioni di Babylon Berlin da otto episodi ciascuna, e pare che altrettante siano in cantiere. La storia è presto detta: siamo nel 1929 e il timido e imberbe commissario Gereon Rath (Volker Bruch) viene spedito dalla provinciale Colonia alla scintillante Berlino per indagare su un torbido furto di filmati, come dire, un po’ troppo osé per gli standard del tempo. Ad affiancarlo il collega Bruno Wolter (Peter Kurth), sorta di padre/alter ego/nemesi del giovane poliziotto, e Charlotte Ritter (Liv Lisa Fries), ragazza di umilissime origini, grandissime speranze e altrettanto dubbie frequentazioni.
Non lasciatevi ingannare: in Babylon Berlin il caso principale non è che un pretesto, e neppure troppo riuscito. Quello che conta sono le atmosfere, i costumi, l’ambientazione: accanto all’indagine, lentamente prendono corpo innumerevoli e decisamente più interessanti storie parallele. Treni carichi d’oro e di gas non propriamente leciti che dalla Russia arrivano fino alla capitale tedesca, stalinisti contro trotskisti contro nostalgici degli zar, prefetti colti, posati e destinati a soccombere solo perché ebrei (un compostissimo Matthias Brandt), reduci devastati dagli orrori della Grande Guerra, mafiosi, industriali dalle simpatie e dai traffici poco ortodossi – il nome di Alfred Nyssen (Lars Eidinger) non vi ricorda proprio nulla?
Prima che vi lasciate trasportare dagli entusiasmi, sappiate però che Babylon Berlin non è un capolavoro: il ritmo spesso non è serrato, la ricerca dello scabroso un po’ artefatta, e spesso il filone sentimentale rischia di sovrastare le indagini e la ricostruzione storica. Però resta comunque parecchio godibile, tutto sommato realistica, e soprattutto ha il pregio di rendere i personaggi secondari nettamente più simpatici dei protagonisti – guardate le prime puntate e poi ditemi se preferireste andarvi a bere una birra con l’insipido Gereon o con il manesco, burbero, irresistibile Bruno. Ed è un grandioso affresco della Repubblica di Weimar: i locali con le serate en travesti, l’arte, la psicoanalisi, ma anche la crisi economica, le masse di soldati incapaci di tornare a una vita normale, il culto dell’impero, l’antisemitismo strisciante.
Un ottimo modo per ricordare gli eventi di un secolo fa, fare qualche riflessione, immergersi nelle atmosfere del tempo e lasciarsi trasportare dal corso delle indagini: Babylon Berlin è la serie perfetta per combinare thriller, storia, politica e un po’ di mélo. E per darsi un tono quando qualcuno vi dice che non sa più a che santo votarsi su Netflix.