
Barry Lyndon: un dramma in costume targato Stanley Kubrick
Anche il peggior cinefilo del mondo conosce le opere più importanti di uno dei più grandi maestri del cinema del secolo scorso. Stanley Kubrick ci ha lasciato in eredità veri e propri pezzi d’arte come Arancia meccanica, Shining, Full Metal Jacket e 2001: Odissea nello spazio. Tra queste ed altre opere più o meno celebri, oggi mi focalizzerò sul film drammatico-storico intitolato Barry Lyndon. Finito per i più nel dimenticatoio forse per via della sua stessa natura, essendo di un genere poco gettonato dal grande pubblico, meriterebbe di sicuro di condividere il podio con le opere di Kubrick citate prima.
Per non spoilerarvi l’intera storia nel caso non l’abbiate visto, mi concentrerò sulla prima parte del film.
Barry Lyndon, tratto più o meno liberamente dal romanzo di William Thackeray Le memorie di Barry Lyndon, narra nella prima parte delle avventure del giovane Redmond Barry (interpretato da Ryan O’Neal) e di come riuscì ad acquisire lo status di nobile. Siamo nel ‘700, alle porte della Guerra dei Sette Anni; il nostro protagonista è nato e cresciuto in un paesino dell’Irlanda sotto il dominio dell’Inghilterra. Tirato su dalla madre vedova, è un ragazzo idealista, ma senza un soldo, che si innamora della frivola cugina Nora Brady (la classica ragazzaccia che si è passata mezzo paese, interpretata dalla bellissima Gay Hamilton).
Entra così in conflitto con l’eccentrico capitano delle giubbe rosse John Quin (non posso fare a meno di invitarvi a notare la splendida e buffissima voce del suo doppiatore italiano), che vorrebbe anche lui sposare la donna. Il controverso ufficiale è presto favorito nella contesa amorosa per via delle pressioni dell’avara famiglia di lei, che conta di utilizzare la dote del capitano per saldare dei vecchi debiti di famiglia. Siamo al conflitto più vecchio del mondo tra materialità e sentimenti ed al nostro giovane ed impulsivo Barry non rimane che sfidare a duello il panciuto capitano per impedire il matrimonio. Ucciso il rivale nel corso della tenzone con le pistole (ma sarà proprio così?), il protagonista viene convinto dalla famiglia di Nora a fuggire a Dublino per far calmare le acque.
Lungo la strada per la città viene rapinato da due folcloristici briganti, che invitano molto cordialmente il nostro giovine a sganciargli sterline e destriero. Rimasto senza prospettive e vergognandosi per aver perso tutti gli averi lasciatigli dalla madre, Barry prende l’impulsiva decisione di unirsi all’esercito britannico che sta arruolando uomini nei pressi di un paesino lungo il suo cammino. Addestrato in poche settimane e spedito a combattere nel continente, incontrerà sotto le armi il suo vecchio amico Grogan, ufficiale ideatore della tenzone col capitano Quin. L’amico gli rivelerà come in realtà il famoso duello fosse stato architettato alle sue spalle e di come la sua pistola fosse stata caricata con della stoppa per evitare che potesse uccidere realmente il capitano inglese, che ha solo finto vigliaccamente di essere morto, in modo da far fuggire Barry, che non sembra però prendere troppo male il fatto che Quin sia vivo a spassarsela con la sua amata cugina.
Grogan viene ucciso pochi giorni dopo nel corso di un violento scontro a fuoco con una retroguardia dell’esercito francese, nel corso di una delle scene che per me (da incallito storico-guerrafondaio) è una delle più belle del film, con una ricostruzione di uno scontro a fuoco settecentesco talmente ben fatta da essere degna dei migliori documentari di Piero Angela. È forse da qui che parte la profonda evoluzione nel nostro dolce e ingenuo Barry, che rimasto senza un riferimento e sconvolto dalle violenze della guerra, decide di abbandonare l’esercito. Alla prima occasione, ruba il cavallo e l’uniforme di un ufficiale che stava allegramente copulando con un collega, e, disertando, si reca verso le linee degli alleati prussiani. Dopo aver trascorso un breve periodo come amante di una contadina tedesca, viene intercettato dal baffuto capitano prussiano Potzdorf, che riesce a smascherare il trucco del giovane Barry attraverso le sue astute lusinghe. Posto davanti all’alternativa di essere consegnato agli inglesi o arruolarsi nell’esercito prussiano, è costretto a scegliere la seconda alternativa per non essere condannato a morte.
La durezza della vita sotto le armi comincia a cambiare radicalmente il carattere del protagonista, che inizia a diventare uno scaltro opportunista.
Nel corso di una battaglia Barry salva la vita al capitano Potzdorf, guadagnandosi così la sua fiducia. Il prussiano deciderà così di affidargli un incarico sicuro lontano dalle retrovie: dovrà farsi assumere dal giocatore d’azzardo Chevalier de Balibari, che il governo sospetta essere una spia irlandese al servizio dell’Austria. Questo ambiguo personaggio, alias l’attore italiano Alberto Lionello, è per me il personaggio più riuscito di Barry Lyndon, poichè trasuda visivamente di tutta la cura che Kubrick metteva nei suoi personaggi. Nel corso del primo incontro tra i due, commosso dall’aver trovato dopo tanto tempo un suo compatriota, Barry rivelerà la sua identità al Chevalier. I due diventeranno amici e il protagonista verrà iniziato all’arte del gioco d’azzardo. Sarà proprio grazie a quest’arte e alle conoscenze del suo compare, che Barry Redmond inizierà la sua scalata sociale che lo porterà a sposare la giovane e bellissima contessa Lady Lyndon, di cui assumerà il cognome ed il titolo.
Si chiude qui la prima parte di Barry Lyndon: la seconda fase del film, intitolata Resoconto delle avventure e dei disastri che accaddero a Barry Lyndon, è incentrata sulle peripezie del protagonista nella sua vita da nobile e sulla sua successiva caduta. Non mi dilungo oltre sulla trama per evitare di rovinarvi altre sorprese.
Barry Lyndon è un’opera splendida prima di tutto per la scenografia e i costumi. Sfido chiunque a trovare qualunque altro film storico con una ricostruzione degli ambienti e dei personaggi tanto accurata, da risultare quasi al limite del maniacale. Non per nulla vinse l’Oscar per costumi, fotografia e scenografia. Questo fa di Barry Lyndon un film che colpisce in primo luogo per la sua estetica. Scene come i duelli, la fanteria settecentesca in marcia o gli abiti e le capigliature delle signore sono una vera gioia per i sensi, grazie anche alla magnifica colonna sonora che accompagna ogni scena.
Altrettanto splendida è la recitazione e la cura per la caratterizzazione dei personaggi, che dal più importante al meno significativo non risulteranno mai banali, come del resto Kubrick ci ha sempre abituato. L’evoluzione del personaggio di Barry Lyndon e dei suoi contrasti familiari non potranno che coinvolgere sempre più lo spettatore con il proseguire del dramma.
Tirando le somme, Barry Lyndon è al tempo stesso profondamento Kubrickiano e molto lontano dalle tematiche filosofiche e sociali affrontate generalmente dal nostro amato regista, ma non per questo più banale rispetto agli altri suoi colossi.
Se vi manca questo pezzo pregiato alla vostra cultura cinematografica, non indugiate oltre e correte subito a colmare questa lacuna. In fondo, vi basta sapere che è di Kubrick, o no?