
Batman Begins: il modo migliore per ricominciare
Correva l’anno 2005, quando Christopher Nolan regalò al mondo il suo Batman Begins. La prima parte di una trilogia già annunciata.
Era un altro tempo, il 2005: dimenticate i cinecomic che vanno per la maggiore adesso, cercate invece di riportare alla memoria la trilogia di Spiderman portata sul grande schermo da Sam Raimi. Dimenticate il Marvel Cinematic Universe e i Marvel Studios, con i loro film che sembrano usciti da una fabbrica taylorista. Dimenticate quello stampino, con tutti gli annessi e connessi (tipo le scene post-titoli di coda), perché qui siamo ancora da un’altra parte.
Qui ci sono gli autori, che decidono di misurarsi con i nuovi eroi di massa – i supereroi – entrati nell’immaginario collettivo: così, grandi registi decidono di mettersi alla prova, ricercando una fusione tra il loro stile, la loro poetica, e gli elementi di questa nuova mitologia.
E’ con queste premesse che Nolan si imbarca, convinto dalla Warner Bros e dalla DC Comics, nell’impresa di rivitalizzare un fenomeno che, cinematograficamente, aveva toccato gli abissi del grottesco: Batman. Dopo l’exploit anni ’90 di Tim Burton, con il pipistrello era stato davvero raschiato il fondo del barile: ricordate Batman Forever o Batman e Robin? Bene, spero proprio non ci sia da aggiungere altro.
Il primo aggettivo per descrivere il Batman Begins di Nolan può essere, dunque, coraggioso. Se Tim Burton, come di suo solito, aveva giocato sulle atmosfere fiabesche, tenendo ben distante il suo supereroe dalla realtà, il Batman di Nolan risponde ad un’esigenza contraria: quella di realismo. Come fare a rendere nuovamente godibile e credibile un personaggio come quello del giustiziere mascherato di Gotham City, in un’epoca (la nostra) in cui nessuno crede più alle favole?
Mostrando la sua umanità, chiaramente: mostrando quanto Batman sia simile a noi, e come Batman potenzialmente potesse essere uno qualsiasi di noi. Per farlo, bisogna partire dall’inizio, dalla genesi dell’eroe: ed è di questo che Batman Begins si occupa.
È, quella di Batman, una genesi cupa, che va a generare un personaggio che più cupo non si può: un morso di ragno? Un incidente con sostanze radioattive? Origini aliene?
Neanche per sogno: è la paura, il terrore più profondo, a costituire la prima e più forte spinta per la nascita di Batman (Alfred: “Perché i pipistrelli, signor Wayne?” Bruce: “Perché mi fanno paura.”). E Begins ci mostra benissimo come la paura di Bruce Wayne (Christian Bale), con tutti quei soldi e quegli agganci in società, nasca prima di diventare il multimiliardario proprietario della Wayne Enterprises: quella di magnate simbolo assoluto del capitalismo di Gotham è soltanto la maschera che Bruce indossa per farsi voler bene, per essere accettato da chi gli sta intorno.
La vita interiore, più sincera, di Bruce Wayne ci viene mostrata, in Batman Begins, per quello che è realmente: un tormento. Un’altalena che oscilla tra il dolore della privazione ed il desiderio di vendetta, che si mescola a quello, più idealistico, di giustizia assoluta.
All’inizio di Begins, è chiaro che il piccolo Bruce avrebbe potuto avere tutto: persino quando casca in quel pozzo prosciugato, e viene attaccato dai pipistrelli, sembra che non sia successo niente di grave. Suo padre si cala per salvarlo, ed è sempre statuario, incrollabile, un monumento di perfezione e filantropia. Ma nel frattempo si è aperta una crepa, larga quanto basta per generare un trauma nella mente di un bambino; un trauma di quelli che fanno sbavare l’intero mondo psicanalitico. I pipistrelli lo hanno attaccato (per difendersi! Perché avevano paura di lui!), e dentro Bruce Wayne ha cominciato a farsi largo l’oscurità che lo trasformerà in Batman.
Ma questo non bastava: occorreva, insieme alla paura, il dolore. Ed è proprio “grazie” all’omicidio violento dei suoi genitori che Bruce potrà trovare la forza necessaria per diventare un altro, per diventare un simbolo ed una leggenda. Troverà la forza nella rabbia. Ma attenzione, perché è proprio qui che sta la differenza tra Batman e gli altri supereroi, e tra Batman Begins e i suoi predecessori: quello che questo pipistrello, insieme a Nolan, sembra volerci dire, è che c’è bisogno dell’oscurità per trovare la luce.
E allora è per questo che Nolan mette in scena una Gotham non da fiaba dark, ma quasi da thriller o da giallo, immersa fino al midollo nel fango della criminalità organizzata e della corruzione ad ogni livello. Ma d’altronde, come potremmo fare noi spettatori un po’ faciloni e grossolani, a vedere il buono che c’è, se tutto intorno a quel buono non brulicassero le mele marce?
È così che nascono personaggi come Rachel Dawes (l’amore impossibile dell’eroe: unica concessione al canone), ma soprattutto come il sergente di polizia Jim Gordon (un grandissimo Gary Oldman, sorta di Sirius Black in versione “ufficiale” e metropolitana), e come lo stesso Batman.
Le fenici hanno bisogno della cenere intorno a loro per nascere; e per restare vive, per poter resistere e combattere ed aiutare gli altri, hanno bisogno di consiglieri/mentori (ed è qui che entra in gioco Sir Michael Caine, che dà vita al miglior Alfred che si sia mai visto), ma anche dei loro avversari, delle loro nemesi. In Begins vediamo come a Bruce/Batman venga impartito l’addestramento iniziale dalla Setta delle Ombre, capitanata dall’enigmatico e mistico Ra’s al Ghul (alla fine, nientemeno che Liam Neeson): è proprio da lui, e dalla sua organizzazione di ninja dalla mente distorta, che l’eroe, per completare la sua formazione, dovrà allontanarsi; e sarà con loro che si consumerà lo scontro finale del film, dopo aver affrontato sempre di più le sue paure e angosce (anche con le sembianze del Dottor Crane, alias lo Spaventapasseri, interpretato da Cilian Murphy).
Intorno a questo scontro, che è interiore prima di essere esteriore, si consuma la cornice, che porta uno dei temi fondamentali di tutta questa nuova trilogia cominciata con Batman Begins: la corruzione. Starà a Batman decidere di volta in volta come combatterla, per ora possiamo soltanto dire che è giusto che ci sia, e ce ne sia così tanta: perché la corruzione è la cosa più tremendamente reale che ci sia.
Per combatterla, come ogni altra cosa, bisogna accettarla, capirla fino in fondo. E allora lasciamoci, per adesso, con Alfred: “Sa perché cadiamo, signor Wayne? Per imparare a rimetterci in piedi”.
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