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Batman e Joker: il tema del doppio secondo Christopher Nolan

Alla fine quello che temevo potesse accadere è accaduto: l’uscita americana di Tenet, inizialmente prevista per la metà di luglio, è stata posticipata al 12 agosto. Qui da noi invece l’ultimo film di Christopher Nolan arriverà ancora più tardi, il 26 dello stesso mese.

L’amarezza per questa notizia non ha tuttavia scalfito il mio hype per quello che è, a mani basse, la pellicola più attesa dell’anno (letteralmente, visto il lockdown). Al contrario, mi ha convinto a sfruttare il maggior tempo a disposizione per riesaminare, dopo Dunkirk, un’altra opera del regista: la trilogia del Cavaliere Oscuro. Stavolta però il discorso non verterà sul tempo, bensì su un ulteriore tema portante della poetica di Nolan: il doppio.


Coppie di doppi

Christopher Nolan

Il cineasta inglese non è certo il primo ad affrontare la questione. La letteratura e le arti l’hanno trattata fin dall’antichità, spesso rivestendola di significati eterei e soprannaturali, con rimandi all’eterno conflitto tra bene e male (pensiamo a Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mr. Hyde). Anche il cinema non è stato da meno (Psycho, Fight Club, ecc.), ciononostante Nolan esplora la faccenda in modo atipico, analizzando la dualità in tutti i suoi vari aspetti: divisione, ambiguità, sdoppiamento, specularità, complementarità, mascheramento…

La prima cosa che c’è da sapere è che nei suoi film non c’è mai una netta contrapposizione tra buono e cattivo. Se c’è uno scontro, questo è tra due metà parimenti negative, di cui solo una, a volte, mostra accenni di cambiamento in positivo. Inquieti, mai banali, costretti a combattere con se stessi prima che con gli altri, i personaggi nolaniani sono figure psicologicamente sfaccettate e contorte, ma soprattutto mai completamente positive.

Robin Williams e Al Pacino in "Insomnia"

Se la si esamina nel dettaglio, la filmografia del regista è piena zeppa di individui dalla bussola morale spaccata, con una coscienza tutt’altro che cristallina. Persone divise, a volte letteralmente, e che spesso esprimono le loro dicotomie attraverso il doppio ruolo di vittima e carnefice. Dal Bill di Following al Will Dormer di Insomnia, passando per il Leonard di Memento, senza dimenticare anche il Cobb di Inception e i soldati di Dunkirk, ambiguità e dubbia moralità sono caratteristiche essenziali degli “eroi” di Nolan.

Ma questi ultimi non si limitano ad essere divisi. Sono altresì propensi a muoversi a coppie. Elemento centrale di quasi tutte le opere del regista è infatti il rapporto morboso tra due elementi complementari, ognuno dei quali necessita dell’altro e ne sviluppa più compiutamente il carattere. Più precisamente, il protagonista è spesso affiancato da una figura speculare che rende manifeste le sue parti più oscure. Quest’individuo può assumere diverse forme: un alter ego, un opposto, una proiezione oppure un riflesso del personaggio principale. In ogni caso, un doppio.

Christian Bale e Hugh Jackman in "The Prestige"

Come nell’incisione Mani che disegnano (1948) di Maurits Cornelis Escher, i protagonisti dei film di Nolan seguono uno schema per cui uno costruisce l’altro e viceversa. Un rapporto di dipendenza reciproca insomma, ma anche un processo di sdoppiamento. Ciò non impedisce a questi individui di essere spesso in conflitto tra loro. E così abbiamo coppie di doppi come Bill e Cobb (Following), Leonard e Sammy Jankins (Memento), Dormer e Finch (Insomnia), Borden e Angier (The Prestige), Cobb e Mal (Inception).


La maschera di Batman

Christopher Nolan

Dove la poetica del doppio di Nolan raggiunge l’apice è nella trilogia di Batman. Dopotutto l’ambiguità, la duplice personalità, la coesistenza di luce e ombra e i nemici speculari sono caratteristiche innate del personaggio. E infatti la saga del Cavaliere Oscuro può essere considerata una summa cinematografica del doppio, indagato da Nolan nella sua forma simbolica più forte e riconoscibile: la maschera.

Sono innumerevoli i travestimenti (effettivi e metaforici) che trovano spazio nella serie, a cominciare da quello del protagonista, Bruce Wayne (Christian Bale), la cui missione (combattere il crimine) richiede una maschera per diversi motivi. Innanzitutto, essa è necessaria per garantire l’incolumità dei propri cari: solo con l’anonimato si può impedire che le persone amate paghino il prezzo delle azioni dell’eroe. In secondo luogo, la maschera è un simbolo e, come tale, è incorruttibile e immortale. Infine è un’immagine terrificante, che utilizza la paura come arma per scuotere le coscienze di Gotham.

Christian Bale

Tuttavia sarebbe riduttivo vedere in Batman un semplice mascheramento. Questo perché il Bruce tornato dopo tutti gli anni passati all’estero è un Bruce diverso da quello che se ne era andato. La sua identità attuale coincide di fatto con quella di Batman, come comprende benissimo l’amica Rachel (Katie Holmes) al termine di Batman Begins.

Bruce Wayne ha una doppia identità, ma al contrario di quello che uno potrebbe pensare, è la maschera quella vera. Non c’è scissione tra la persona e il personaggio creato, anzi a dominare è un forte processo di assimilazione. Il reale sdoppiamento avviene nella vita di tutti i giorni, in quanto Bruce è costretto ad indossare la “maschera sociale” del miliardario playboy, spendaccione e menefreghista per allontanare i sospetti dalla sua identità di uomo pipistrello. È una situazione paradossale, in cui è Bruce Wayne il personaggio fittizio, mentre Batman, l’eroe in costume, è il volto autentico del protagonista.

Christian Bale

Se già Bruce è una persona sdoppiata, anche il singolo Cavaliere Oscuro è caratterizzato da una duplice natura. Per cominciare, è una figura che si porta dietro una forte ambiguità ideologica: per far rispettare la legge, è costretto ad agire al di fuori di essa. Una contraddizione non indifferente, ma coerente con la tendenza del personaggio a muoversi in bilico tra bene e male in nome di una giustizia assoluta.

Nonostante combatta per la salvezza di Gotham e dei suoi cittadini, anche Batman possiede una metà oscura perennemente sul punto di emergere. Un lato di cui acquisisce consapevolezza vedendo il timore e la rabbia che suscita nei cuori della gente. In tal senso non è poi così diverso dai propri avversari, ognuno dei quali rappresenta un “doppio mostruoso”, un riflesso malvagio dell’eroe. Uno sdoppiamento reso ancora più evidente dal fatto che tutti loro, in una maniera o in un’altra, indossano una maschera, da Ra’s Al Ghul (Liam Neeson) a Spaventapasseri (Cillian Murphy), da Harvey Dent (Aaron Eckart) a Bane (Tom Hardy). Tra questi però nessuno è più malvagio e complesso di Joker (Heath Ledger).


Il doppio malvagio: Joker

Heath Ledger

Nemico di Batman per eccellenza, il Joker possiede la maschera più appariscente e agghiacciante tra quelle che popolano Gotham: volto dipinto di bianco, cerone nero intorno agli occhi, capelli verdi e unti e due lunghe cicatrici che partono dai lati della bocca, a formare un sorriso innaturale e tinto di rosso. Quello interpretato da Ledger è un clown solo in apparenza: è l’incarnazione del Male, nonché l’inevitabile reazione all’apparizione dell’Uomo Pipistrello.

Batman e Joker rappresentano la coppia antagonista definitiva del cinema di Nolan. Sono due facce della stessa medaglia, come esemplifica perfettamente il doppio prologo de Il Cavaliere Oscuro. Il secondo capitolo della trilogia di Nolan si apre con una rapina in banca, eseguita in pieno giorno da ladri mascherati da pagliacci. Joker, organizzatore del colpo, partecipa in incognito, non prima di aver ordinato ai suoi scagnozzi di uccidersi tra loro man mano che il compito di ciascuno è finito.

Il cavaliere oscuro, scena d'apertura

Solo alla fine, quando tutti i suoi doppi sono morti, mostrerà la propria maschera sotto la maschera, i “segni di guerra” che usa per spaventare la gente. La scena successiva, specularmente, si svolge di notte e mostra un’incursione di Batman contro alcuni criminali. Durante l’azione, compaiono degli imitatori del Cavaliere Oscuro, che però vengono sopraffatti con relativa facilità.

Le due sequenze illustrano perfettamente le opposizioni tra i due personaggi – il malvagio agisce alla luce del sole, l’eroe esce quando è buio – ma anche gli elementi in comune: entrambi utilizzano una maschera per incutere timore e si circondano a loro volta di doppi, che però si rivelano inconsistenti rispetto agli originali (gli emulatori di Batman sono goffe caricature, quelli di Joker pedine sacrificabili).

La dialettica tra i due non si esaurisce qui. Se Batman ha un’origine ben definita, Joker ne ha diverse, che è un po’ come dire che non ne ha alcuna. Non solo non si sa nulla sulla sua identità e sul suo passato, ma lui stesso, quando descrive come si è procurato le cicatrici sul volto, cambia continuamente versione. Tanto è forte la sua “inesistenza” che può permettersi di indossare più maschere nel corso del film: quella da clown nella suddetta scena della rapina, quella da poliziotto nell’unico momento in cui si mostra struccato, oppure quella da infermiera. Per contrasto, Wayne è sempre Batman, anche quando si “nasconde” sotto gli abiti civili.

Heath Ledger

La differenza più grande tra le due maschere riguarda però la sfera politico-ideologica. Batman è l’incarnazione dell’ordine più che della legge, e in quanto tale ha fondato la propria missione sul rispetto di regole ben precise, la più importante delle quali è non uccidere. Joker invece non ha regole: è un anarchico, un “agente del caos”, un terrorista che pare non avere alcun movente o scopo se non “veder bruciare il mondo”. L’unico suo intento sembra essere quello di stravolgere gli equilibri sociali per spingere le persone comuni a combattere tra loro. In tutto ciò, Joker potrebbe essere mosso da una distorta etica egalitaria, che lo rende inevitabilmente critico nei confronti della società occidentale.

È lui stesso ad enunciare il principio alla base del suo terrorismo: “Se introduci un po’ di anarchia, se stravolgi l’ordine prestabilito, tutto diventa improvvisamente caos. Sono un agente del caos. E sai qual è il bello del caos? È equo”. Ciò che cerca Joker è dunque l’equità, raggiungibile solo sostituendo l’ordine sociale con il caos. Infatti mentre l’ordine comporta una gerarchia, e quindi delle disuguaglianze, di fronte al caos tutti sono uguali. In un mondo privo di regole, nessuno è diverso e, soprattutto, nessuno può essere considerato pazzo, visto che la follia è generata dal non rispetto delle comuni norme sociali.

Heath Ledger

Batman e Joker sono perciò due poli opposti, ma essendo entrambi dei freaks, degli outsiders, sono comunque legati tra loro, addirittura necessari l’uno per l’altro. Il clown vede nel Cavaliere Oscuro la propria immagine rovesciata, una figura contraria ma complementare, e per questo ne è ossessionato. Al contempo, Batman riconosce in Joker il proprio doppio degenerato. Il criminale è per l’eroe mascherato la rappresentazione vivente della propria metà oscura, è ciò che diventerebbe lui se oltrepassasse quel confine tra giusto e sbagliato che ancora lo tiene ancorato alla fazione del bene.

Centrale per comprendere il rapporto che intercorre tra i due personaggi, oltre che la psicologia di Joker, è il dialogo che avviene alla stazione di polizia, dopo la prima cattura del criminale:

L’interrogatorio del Joker, girato da Nolan con grande maestria, è una scena molto significativa. È in questa occasione che il villain suggerisce per la prima volta all’eroe il fatto che l’uno sia la metà dell’altro (“Tu completi me”). Un concetto ribadito più avanti, nello scambio di battute successivo allo scontro finale tra i due:

Una “forza irrefrenabile” che incontra un “oggetto inamovibile”. Con questa immagine, Joker riassume con precisione la natura della coppia composta da lui stesso e da Batman: due forze di pari intensità che si respingono e attraggono allo stesso tempo. Non a caso il criminale tenterà più volte nel corso del film di persuadere l’eroe ad arrendersi al “lato oscuro”, a seguire la sua folle idea di anarchia, caos e abbandono delle regole.

Ciononostante, Bruce (a differenza di Harvey Dent) riuscirà a resistergli fino alla fine, dimostrando di essere davvero un eroe. Anche se, per difendere la reputazione dell’ex procuratore divenuto assassino, sarà costretto ad addossarsi le colpe di crimini che non ha commesso. Un fardello che in fondo può sopportare, perché lui agli occhi del popolo non sarà mai un eroe, bensì “un guardiano silenzioso che vigila su Gotham. Un cavaliere oscuro”.

Il cavaliere oscuro, scena finale

Fabio Ferrari

Classe 1993, laureato al DAMS di Torino, sono un appassionato di cinema (soprattutto di genere) da quando sono rimasto stregato dai dinosauri di "Jurassic Park" e dalle spade laser di "Star Wars". Quando valuto un film di solito cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma talvolta so essere veramente spietato. Oltre che qui, mi potete trovare su Facebook, sulla pagina "Cinefabio93".
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