Film

Beautiful Boy – L’inattesa ed ennesima pugnalata allo stomaco

Come per un improvviso lutto o per la notizia di nuovo film di Bay (scusa Michael, ma i meme su di te funzionano sempre), c’è bisogno di tempo per riprendersi. Per questo motivo non sono riuscito a scrivere un’immediata “recensione” di Beautiful Boy, film del belga Felix Van Groeningen, regista che si diverte a rendere le persone tristi e depresse (vedi Alabama Monroe). No Lars, non stavo parlando di te.

Uno dei più attesi qua al Roma Film Festival, uno dei più chiacchierati perché porta sul grande schermo Steve Carrell e Timothée Chalamet… Mica pizza e fichi! Due attori giganti, nel ruolo di padre e figlio e nel mezzo una storia di dipendenza dalla droga e di legame famigliare fortissimo. Sono ancora straziato, ma proverò a raccontarvi di Beautiful Boy. Sempre se non dovessi rimettermi a piangere.

Non un semplice film sulla droga

Il film, come già detto, racconta il dolore di una famiglia, specie di un padre, nel vedere il tanto amato figlio prodigio perdersi nel disperato ciclo della droga. Ed è proprio l’idea di questa ciclicità che rende Beautiful Boy una pellicola ancor più interessante: a livello narrativo, tutta la storia viene “vomitata” su schermo come un susseguirsi di eventi ripetitivi, alternati e concatenati nel tempo, trascinando lo spettatore nell’occhio del ciclone, nel mezzo della dipendenza del giovane Nic, facendoti sentire impotente e inerme proprio come il padre.

I due protagonisti, papà David (Carrell) e il Nic di Chalamet sono GRANDIOSI: commoventi e credibilissimi, due prove attoriali gigantesche; un pacato dramma, vissuto sulla pelle di personaggi realizzati a regola d’arte. Anzi, mi sbilancio, questa è la performance della vita per Steve Carrell. Meraviglioso poi, come non vengano date stupide motivazioni sul perché Nic scivoli nel tunnel della droga. Pura alienazione adolescenziale, semplicemente il piacere di sentirsi sballato ed euforico a 18 anni. Chapeau.

Beautiful Boy non prova a farvi stare male, vi farà del male. Fisico e psicologico. È il ricordo di due uomini forti e allo stesso tempo fragili e disperati; è dolore e speranza, è amore e solitudine. Bravo Van Groeningen, mi hai fatto sentire di nuovo una merda.

Forse, manca quel qualcosa…

Come sempre, devo trovare da puntualizzare. Beautiful Boy è davvero un discreto film, non senza qualche difetto: innanzi tutto, a metà spettacolo… un improvviso calo di ritmo; il tutto si congestiona per qualche minuto e rischia di arenare una storia fino a quel momento avvincente. Inoltre, l’essere non solo un film sulla droga, lo porta un po’ ad abbandonare la materia droga a sé stessa senza parlare di un percorso vero e proprio. È un discorso contorto e difficile da spiegare, me ne rendo conto, ma vedendo capirete. Fidatevi.

Nonostante questi nei e un ritmo non gestito al meglioBeautiful Boy ha tutte le carte in regola per essere uno dei film più accattivanti di questo anno cinematografico, sicuramente è il più difficile da digerire. Un’immedesimazione totale: perso nel dolore dei due protagonisti che lottano per rimanere alla luce del sole scappando dall’ombra mi sono commosso come bambino e come futuro padre. Un domani lontano eh, sono ancora troppo giovane adesso.

Lontano anni luce dall’essere un derivato di altri capisaldi del genere come Requiem of a Dream o TrainspottingBeautiful Boy è film pensato molto meno in grande e più intimo. Più vero (sottolineo, vero) e tangibile. Una gioia per gli occhi e le orecchie… un macigno per il cuore. Torno a raggomitolarmi sul pavimento in posizione fetale.

Davide Casarotti

Antipatico e logorroico since 1995. Scrivo di Cinema da quando ho scoperto di non saper fare nulla. Da piccolo volevo fare il cuoco, crescendo ho optato per il giornalista; oggi mi limito ad essere pessimista, bere qualche birra con gli amici e andare al Cinema da solo. Giuro, non sono una brutta persona.
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