Boris sta bene su tutto, lo sappiamo, quindi quando ho visto la serie Leonardo su Rai 1 con protagonista Aidan Turner, non ho potuto veramente fare a meno di pensare alla seconda stagione di Boris. Quando al nostro René Ferretti viene finalmente proposta la regia di una “serie di qualità culturale” in costume dal titolo Machiavelli. Che nostalgia.
I problemi di questo Leonardo sembrano un po’ gli stessi. Ammetto che io non rappresento il pubblico più facile possibile, perché sono laureata in Storia dell’Arte e per giunta ho una venerazione per Leonardo Da Vinci che rasenta il religioso. Ancora reco le cicatrici causate dalla visione dei primissimi episodi di quell’orrore chiamato Da Vinci’s Demons. Tuttora non ho perdonato Dan Brown per gli svarioni sui dipinti leonardeschi ne Il codice Da Vinci (chissenefrega della Bibbia).
Tuttavia, attendevo questa serie con entusiasmo, perché comunque non sono mai stata una talebana del “tutto deve essere sempre perfettamente rispondente al libro/alla storia reale”: se crei un bel prodotto di fiction innestandoti in un evento storico, sono la prima ad apprezzare anche pellicole zeppe di errori – Il Gladiatore, per esempio – o addirittura trash – la serie tv Spartacus me la sono goduta dall’inizio alla fine. Infatti, le prime due stagioni de I Medici, prodotte dalla stessa collaborazione Rai/Lux Vide che ha generato Leonardo, pur con tutte le loro licenze non mi erano affatto dispiaciute. Quindi di fatto sono una persona con molto pelo sullo stomaco e giuro che ero pronta ad accogliere questa serie con un certo ottimismo. E fino all’ultimo episodio ci ho voluto credere.
Me tapina.
Partiamo dal principio: la serie sceglie di raccontare la vita di Leonardo Da Vinci all’interno di un mistero crime che verrà dipanato nel corso degli episodi. Niente che non si sia già visto: le librerie sono piene di storie del genere.
Tuttavia alla fine il risultato è strano, perché da un lato il telefilm vorrebbe anche essere un minimo un “racconto biografico” della vita di Leonardo, indugia anzi molto su questo aspetto, però al contempo lo fa diventare subalterno, in secondo piano. Il protagonista è circondato da gente che lo chiama “genio” ma tu, spettatore, non vedi un genio, vedi un povero diavolo a cui non ne va bene una e che sembra pure portare un po’ sfiga a chi gli sta intorno.
Questo Leonardo non è Leonardo Da Vinci. È lo stereotipo standard dell’artista in conflitto e tormentato, pure scritto in maniera abbastanza pigra, con infanzia difficile annessa, trasandato e disagiato, pieno di dubbi e insicurezze. La serie rinuncia in partenza a raccontarci la vera personalità di Leonardo, unica nel suo genere, per rimpiazzarlo con un cliché vivente, un mix tra un Van Gogh e un Michelangelo. Il quale, per altro, compare nella serie con una personalità ribaltata specularmente, a sua volta: da scorbutico e solitario che era nella realtà, qua diventa il bulletto di quartiere, arrogante e popolare.
Poi c’è lei. Caterina, interpretata da Matilda De Angelis. Un personaggio originale che si innesta su un esile spunto storico e che alla fine è più protagonista di Leonardo stesso e catalizza l’attenzione. Gli autori descrivono il loro rapporto in modo non dissimile da quello di Freddy Mercury e Mary Austin in Bohemian Rapsody, o da quello di Will e Grace nella sitcom omonima: un uomo e una donna che sarebbero anime gemelle, e sono il grande amore l’uno dell’altra, il cui coronamento è ostacolato dal dettaglio scomodo che a lui, sessualmente, piacciano gli uomini.
Insomma, lo dico: per essere la prima serie in assoluto che sceglie di rappresentare Leonardo come omosessuale “puro”, emerge comunque una sorta di omofobia di fondo. Le relazioni gay sono molto secondarie e accennate, quasi fossero “mali necessari” del protagonista. La più romanticizzata è quella con un altro personaggio originale, l’attore, che lo tradisce e fa una fine tragica nel giro di un solo episodio. La prima è con un prostituto, che lo farà finire a processo (evento reale). Insomma: laddove ci sono, vengono persino punite dagli eventi, oppure nascoste.
Caterina è anche la vittima dell’omicidio cui gira attorno la storia e tutto l’episodio finale serve a dipanare il mistero. Il terzo personaggio protagonista della narrazione è infatti Stefano Gilardi, interpretato da Freddie Highmore (La fabbrica di cioccolato, The Good Doctor), una sorta di detective rinascimentale che deve risolvere il mistero legato a questa morte.
Non so se il motivo sia le difficoltà realizzative legate al Covid, ma questa serie ha anche problemi di sceneggiatura abbastanza evidenti. Alcuni personaggi e hints che sembrano cruciali all’inizio della storia scompaiono dalla narrazione. Penso, per esempio, al personaggio di Tommaso interpretato da Alessandro Sperduti, che nei primi episodi è l’ombra di Leonardo e poi non si vede più. Oppure a una delle righe di dialogo più kitsch in assoluto, quella in cui si racconta sì il famoso ricordo d’infanzia di Leonardo riguardante il nibbio che si era posato sulla sua culla (riferimento reale), ma lo si rovina immediatamente introducendo la maga del paese di Vinci che avrebbe percepito da questo auspicio che il bambino sarebbe stato maledetto a vita (???).
Lì mi hanno perso, lo ammetto. E mi hanno perso due volte, visto che questo snodo poi non viene mai più tirato fuori nella storia, se non nell’episodio stesso in cui viene nominato. Quindi era proprio necessario?
Altre cose assurde? Vogliamo nominare il grande trauma di Caterina, che si rivela quasi subito essere un incidente stradale – è stata messa sotto da un carro, che evidentemente aveva una velocità di crociera di 200 km/h -, il quale l’avrebbe “deturpata” con questa insopportabile cicatrice tra le scapole, che a sua volta le avrebbe causato sterilità (???). Come sei fatta, carissima? In secondo luogo: quale medico rinascimentale poteva farti una diagnosi del genere?
Infatti poi si vede quanto era attendibile, più avanti.
L’aspetto che lascia l’amaro in bocca è che nei rari momenti in cui la serie mostra il lavoro di Leonardo, il suo processo creativo, l’esecuzione di opere grandiose come L’Ultima Cena, la messa in scena è molto bella e suggestiva. L’episodio in cui viene mostrata la rivalità con Michelangelo è super-accattivante. Viene da chiedersi perché si sia voluto dare così poco spazio al Leonardo artista (la maggior parte delle opere vengono proprio saltate, sembra che non esistano neanche), quando è letteralmente la parte che riesce meglio alla serie, quelle poche volte in cui lo fa.
Sembra quasi che gli autori non ci abbiano creduto fino in fondo, ritenendo la vicenda artistica di un genio non abbastanza avvincente di per se stessa da reggere una trama. Idea che, ovviamente, non mi trova per nulla d’accordo. Stiamo parlando di uno che progettava macchine volanti e andava a fare le autopsie ai cadaveri di nascosto. Davvero non potevate fare di meglio, con questo materiale per le mani?
Durante la messa in onda del telefilm ho realizzato quattro video di analisi, quindi se per caso a chi legge interessasse approfondire nel dettaglio cosa a me personalmente ha convinto e cosa no, può recuperarli dal primo:
Per il resto, rimango con questa amarezza e con un poco di timor panico per quello che verrà. Ovvero una seconda stagione, come minacciano, pardon, volevo dire annunciano di voler fare. Il che apre una nuova voragine di problemi, perché il grosso della vita di Leonardo è stata bene o male affrontata nella prima stagione e non è che resti molto cui riferirsi.
Quindi immagino che, nell’eventuale prossima, si inventino semplicemente tutto.