Film

Bernie: tra santità, giustizia e omicidio

PERCHÉ AMARE RICHARD LINKLATER…

Quel matto di Richard Linklater è riuscito ancora una volta a portare sullo schermo una storia assurda quanto intrigante con il suo solito fare originale e sperimentale.

Richard Linklater è un regista estremamente interessante e versatile che sa muoversi perfettamente su diversi generi e che sa sperimentare nel modo giusto utilizzando lo strumento Cinema. 

Nella sua filmografia si possono trovare molti titoli interessanti quanto diversi tra loro: dai film per i più romanticoni come Prima dell’alba, Prima del tramonto e Before Midnight, passando per film più sperimentali e graficamente innovativi come A Skanner Darkly, produzioni più personali come La vita è un sogno e Tutti vogliono qualcosa, film che hanno segnato la nostra adolescenza come School of Rock, e poi Fast Food Nation, il gigantesco lavoro di Boyhoodinsomma gente, ci troviamo davanti a un regista che sa perfettamente dove mettere la telecamera e che ogni volta non si tira indietro dal compiere letteralmente un salto nel buio ad ogni nuovo lavoro concepito. Un cineasta coi fiocchi, oserei dire. 

BERNIE IL SANT’UOMO… O FORSE NO? 

Bernie è la storia vera di Bernie Tiede, un assistente di pompe funebri di una piccola cittadina del Texas, amato da tutti, gentile, accogliente, premuroso verso il prossimo, non si risparmia in nulla: accudisce le vedove dopo la morte dei mariti, si preoccupa della perfetta organizzazione dei funerali della città, del trattamento da riservare al corpo del defunto, le preghiere e i canti da recitare durante la funzione… e non solo! Bernie è amato anche per il suo servizio nel volontariato, tiene corsi di musica, canto e recitazione per i ragazzi, gruppi di attività per gli anziani e sfama i poveri con molte iniziative da lui organizzate. Un “Santo”, un “Angelo” sceso sulla terra questo nostro Bernie; l’uomo buono e pio, con una faccia paffuta e lo sguardo simpatico (quello del nostro Jack Black) e un cuore d’oro ricco e traboccante d’amore. Tutti lo amano e lui ama tutti. Dopo la morte del marito stringe una forte amicizia con la vedova Marjoire Nunget, la donna più ricca e odiata del paese. Nonostante tutti la vogliano morta per il suo caratteraccio, Bernie costruisce un forte e ossessivo rapporto d’affetto con lei e tutto sembra andare a gonfie vele… o quasi. 

Ahimé, la signora Nunget (oh… giusto… dimenticavo… è interpretata da Shirley MacLaine, dici niente) riduce il povero Bernie a un servo tuttofare e sono guai grossi se lui non fa come lei comanda. Bernie non riesce a dire mai “no” alle richieste sempre più esigenti della signora e piano piano diventa sempre più schiacciato e incastrato in questo insano rapporto. La svolta: una mattina Bernie si sveglia e uccide la donna con quattro colpi di fucile e nasconde il cadavere nel frigo (ricordo: storia vera!). Nonostante questo piccolo, insignificante dettaglio, Bernie non abbandona il suo ruolo di uomo pio e devoto alla comunità: spende tutti i soldi della signora per aiutare i suoi concittadini e tutti lo amano e lo ammirano per il suo altruismo. 

Dopo molti mesi però i sospetti sul destino della donna iniziano a serpeggiare in paese e il cadavere stecchito della signora viene rivenuto nel frigo tra le buste dei “Quattro Salti in Padella”, ghiaccioli e “Polaretti”. 

Bernie confessa e viene arrestato all’istante. Giustizia fatta. E invece no…

L’UNICITÀ DI QUESTO CASO

Il procuratore distrettuale Danny Buck (un Matthew McConaughey con un livello di narcisismo all’estrema potenza moltiplicato per quattro volte), si rende conto che se il processo per condannare Bernie si dovesse tenere nella cittadina stessa, la sentenza del giudice e della giuria popolare sarebbe quasi sicuramente a favore dell’imputato nonostante lo stesso Bernie abbia ammesso la sua colpevolezza. 

Si tratta dell’unico caso della storia degli Stati Uniti d’America in cui il processo è stato trasferito in una città differente dal luogo del reato per il rischio di un’assoluzione certa nei confronti di una persona che palesemente e per sua stessa ammissione era colpevole (ricordo: è una storia vera, accaduta nel 1998!).

Bernie è amato da tutti in paese, con i soldi della signora Nunget ha fatto prestiti che hanno permesso a molti cittadini di avviare imprese e aprire negozi, ha aiutato poveri bisognosi e infine ha allestito musical per i giovani della città. 

Tutti lo amano e lo giustificano: “l’episodio dell’omicidio è stato solo un attimo di frustrazione” – “quella donna se lo meritava, cattiva com’era” – “Non è stato Bernie a ucciderla, ne siamo certi”.

UN FILM “VERO” QUANTO LA STORIA CHE RACCONTA

Lo stile di regia è estremamente interessante: girato come se fosse un film a metà strada tra la fiction e il documentario (con interviste ai vari personaggi), durante i titoli di coda scopriamo che quasi tutto l’intero cast è composto dalle reali persone che hanno preso parte a questa storia; tutti gli abitanti della cittadina sono interpretati nient’altro che da loro stessi e il film sembra quasi essere l’ennesimo atto d’amore e d’affetto di quella comunità nei confronti di Bernie (che compare nelle scene durante i titoli di coda). 

“Che vuoi che sia, è stato un momento di rabbia, ogni tanto capita. E poi quella donna se lo meritava, lo avremmo fatto tutti”. È una tra le tante risposte a favore di Bernie che gli abitanti della cittadino esprimono davanti alla telecamera durante il film. 

La questione che il film ci offre è molto interessante, una riflessione sulla giustizia: può un uomo così buono e devoto agli altri essere assolto dall’accusa d’omicidio e giustificare il suo gesto come un isolato momento di rabbia ed esasperazione?

Secondo gli abitanti della cittadina sì. Per la Giustizia degli Stati Uniti invece no. E per te, caro spettatore? 

Leonardo Ceccanti

Ordinaria vita di un qualsiasi comune mortale, il cinema mi piace perchè mi piace, per il resto: faccio cose e vedo gente...
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