Film

Best – È questo il film che George Best meriterebbe?

Best è davvero il film che George Best meriterebbe? Un’epopea di un fascino ineguagliabile e oltre lo sport, non trasportata come tutti vorremmo!

 

Intro stupida.

Si può fare un articolo su un film non strettamente per parlarne?

Ve lo dico io: sì.

Perché?

Innanzitutto perché siamo su The MacGuffin e, già che non mi pagano manco le cene di redazione, se volessi scrivere un articolo sulla mia recita di quarta elementare sul Piccolo Principe, avrei diritto di farlo. Peraltro l’attore che interpreta l’uomo d’affari secondo me è portentoso, anche se gli si apre la valigetta sette volte. La regista, la maestra d’italiano, è chiaramente un’incompetente invece.

Ma sto divagando.

Siamo qui per parlare, o meglio non parlare, di Best, il film ispirato alla vita di George Best.

Vi capita mai di vedere un film pieno di avvenimenti incredibili e di leggere alla fine la dicitura “tratto da una storia vera”, rimanendo di stucco? Ecco, la vita di George Best è proprio questo: un romanzo spontaneo, senza alcun bisogno di dipingervi sopra per renderlo spettacolare. Si può, dunque, e si deve scrivere di questo biopic, solo per parlare della storia che racconta. Si può e si deve perché questa storia è talmente fatta per essere raccontata che pure un film mal recitato, mal diretto, banale e a tratti stupido, risulta godibile.

A sto punto chi non conosce George Best si sarà già frantumato i cabbasisi. Tranquilli, vi spiego meglio.

Chi è George Best?

George Best fu un calciatore Nord Irlandese che incantò l’europa per circa cinque anni.

George nacque a Belfast, il cui aeroporto porta oggi il suo nome, nel 1946 e fu scovato da un osservatore (Credo di averti trovato un genio) del top team inglese del Manchester United, che lo portò nella città britannica a soli 15 anni. Il piccolo George scalò le gerarchie di squadra in maniera vertiginosa, con i suoi dribbling ubriacanti e la sua maglia con il numero 7 sulle spalle.

Dopo una leggendaria doppietta ai portoghesi del Benfica, i giornali inglesi lo soprannominarono il Quinto Beatle, per la sua capigliatura e per il suo fare spavaldo e simpatico.

Da quel momento in poi la sua vita finì in un tourbillon di fama, feste, belle donne e macchine veloci che cominciarono a farne un personaggio anche fuori dal campo. Finì in pubblicità, tabloid e divenne il primo vero idolo di costume legato allo sport.

Qualche anno fa dissi che se mi avessero dato la possibilità di scegliere tra segnare un gol al Liverpool da ventisette metri, dopo aver saltato quattro uomini, e andare a letto con Miss Mondo, sarebbe stata una scelta difficile. Per fortuna, ho avuto entrambe le cose…

L’incredibile vita di George Best ebbe però il suo picco a soli 22 anni, quando vinse la Coppa dei Campioni da protagonista e il pallone d’oro. Per il principio che più grande sarà il tuo volo, più rovinosa sarà la tua caduta, da lì Best scivolerà però lentamente nel baratro. Il resto della sua carriera sarà un’agonia fatta di eccessi e rari lampi del fenomeno che fu. Best morirà poi di cirrosi epatica nel 2005. Vi assicuro che il mio riassunto non concede alcuna giustizia a una storia intrisa di epica moderna.

Ho speso molti soldi per alcool, ragazze e macchine veloci. Il resto l’ho sperperato.

Il film.

Ok devo parlare anche del film.

Il problema è che, mentre lo spettatore guarda Best, film del 2000 diretto da… ‘spe che controllo… Mary McGuckian, ne riesce nettamente a vedere tutte le brutture e inestetismi e scorge distintamente il guano di gabbiano che filtra dalla pellicola.

Come si fa, con una storia così intrisa di elementi narrativi, a fare un film così mediocre? Avevano tutti gli ingredienti per far conoscere anche ai non calciofili una storia meravigliosamente forte e significativa. Bastava poco…

E invece no. Come hanno fatto? Ve lo dico io come:

1 – L’attore che interpreta Best, tale John Lynch, dovrebbe rappresentare un carismatico calciatore belloccio. Sembra lo sfigato che i bulli picchiavano al posto mio in cortile. Davvero regà, non è credibile dal primo all’ultimo minuto.

2 – L‘effetto ma avete preso il fratello con i problemi? è fastidiosamente messo in evidenza tramite scene che alternano video originali delle prodezze in campo di Best con dell’orribile girato, condito di elementi senza senso, come il pubblico che finge malamente di esultare.

3 – Il supporting cast è semplicemente ridicolo. L’importanza della figura del suo mentore e allenatore Matt Busby è resa in modo totalmente inadeguato, riducendosi a una ramanzina veloce dopo una sbronza.

4 – Ci sono una moltitudine infinita di scene ridicole, come quella del suo primo arresto, che per fortuna non trovo, dove dribbla i poliziotti ed esulta come per un gol.

5 – Il film si interrompe nel momento in cui viene cacciato dal Manchester Utd, tagliando completamente la parte del suo declino sportivo e personale successivo, che, leggendo l’autobiografia (che vi consiglio), è probabilmente la parte più interessante della sua folle vita.

6 – Il film è stato fatto prima della sua morte e rappresenta un George Best odierno ripulito, che parla a una trasmissione tv. Troppa fretta di fare un film?

guarda George, ti ho preso il naso

7 – Soprattutto, la solitudine che l’alcolismo ha portato nella sua vita è ridotta a qualche litigata con qualche donnina di passaggio. L’introspezione, che ha grosse potenzialità con un personaggio del genere, è completamente schifata.

Ma un altro film no?

Insomma questo film è da una stella, ma la storia di George Best è da 5 stelle… il film è come il ragazzo genio che non studia una beata, ma che prende 6 da quanto è intelligente. 6 non è però il voto che si meriterebbe il suo cervello, come questo non è il film che George Best meriterebbe.

Sì, perché la sua vita è un quadro che si basa su quattro semplici principi compositivi:

1 – Chi pensa che lo sport sia solo sport non capisce nulla di sport. (Rielaborazione da Federico Buffa)

2 – In campo come nella vita. (Nereo Rocco)

3 – La letteratura è vita e la vita è letteratura. (Ogni scrittore, con parole diverse)

4 – E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te (Friedrich Nietzsche) <– scritto senza copia e incolla

George Best è la dimostrazione vivente, portata a iperbole e senza bisogno di ritocco o strategia letteraria alcuna, che nella vita occorre sempre rimanere legato come una fune alle persone che ti amano, che il talento non è un dono, è una conquista.

George Best mostra tutte le contraddizioni dell’epoca dei consumi e ci porta un messaggio che centinaia di scrittori, da inizio ‘900, hanno cercato di trasmettere: spesso la fortuna e la fama portano solo solitudine, che sono due chimere troppo grosse da sopportare e che non c’è limite all’abisso che può raggiungere un uomo quando si isola dal resto del mondo……….

 

 

……eeeeeeeh, non sentite la potenza di questa storia, registi? Ho usato tutta la retorica che avevo in corpo.

L’avrete ormai capito, questa recensione non è assolutamente pensata per far venire voglia a qualcuno di vedere Best, né per convincerlo del contrario. Questa recensione non è per il pubblico. Questa recensione è per voi, maestri della pellicola. Ascoltate il mio grido d’imploro: avanti su, fate i bravi e fateci un film come si deve su George Best.

Ho sentito raccontare molte leggende ai bambini. Alcune di queste riguardavano me.

Riccardo Cavagnaro

Vede la luce nell'anno 1991. Da quando ha visto "Jurassic Park" all'età di 3 anni sogna segretamente di toccare un dinosauro vivo. Appassionato lettore, viaggiatore, ascoltatore di musica e bevitore. Tutte queste attività arricchiscono sicuramente il suo bagaglio culturale, ma assottigliano pericolosamente il suo portafogli.
Back to top button