
Bianca, Nanni Moretti e la Sacher Torte
Nevrotico, narcisista, voyeur, tenero: un personaggio a tutto tondo per Bianca, ovvero uno dei film più riusciti di Moretti
Forse nella vostra vita c’è stato un periodo in cui eravate disperatamente single, con tanta voglia di non esserlo. Agghindandovi sapientemente di frasi tipo “Sto bene da solo, basto a me stesso”, “Stasera si sboccia@a!!1!”, vi godevate la vostra imprevista libertà, fallendo una storiella dopo l’altra. Vi sentivate soli, spesso vi chiedevate: “esisterà davvero una persona per me?”. Alla fine di tutto però c’era sempre un’insostituibile certezza, chiara e pura, una montagna rocciosa su cui aggrapparvi nei momenti di massimo sconforto: la coppia storica. L’amica fidata insieme all’amico fidato, bellissimi, innamorati, perfettamente equilibrati, che superano ogni difficoltà. Loro vi hanno portato ad una certezza: l’Amore vero esiste. Ne avete le prove. Niente può fermarvi.
Fino a che si lasciano. E allora niente, ‘fanculo.
Forse nella vostra vita c’è stato tutto ciò (o forse solo nella mia). Se c’è stato, non potete perdervi questo film dell’ ’84, il mio preferito di Nanni Moretti: Bianca. Vi sentirete anche voi un po’ Michele Apicella, protagonista del film, svilupperete con lui una certa empatia e se l’ansia è vostra amica penserete pure di somigliargli. Spero che cambierete idea nel finale, che non vi spoilererò.
50 shades of Michele Apicella
(Titolo del paragrafo da inorridire. Nanni se mi leggi – ahahah – abbi pietà, il cattivo gusto mi affascina da sempre). Michele Apicella, interpretato da Moretti stesso, è come Antoine Doinel per Truffaut: è il suo alter ego, nonché il protagonista che ricorre nei suoi film. Già presente in Io sono un autarchico (1976), Ecce Bombo (1978) e Sogni d’oro (1981), Michele Apicella è ogni volta un personaggio con un vissuto, un’età e un lavoro diverso, ma di film in film ricorrono in lui le stesse manie, le stesse paranoie, la stessa insoddisfazione e insofferenza nei confronti del mondo in cui vive. Soprattutto, la stessa comica sociopatìa.

“Nanni, spostati e fammi vedere il film!”

Così gli suggeriva Dino Risi, decisamente non l’ultimo arrivato. Con questa frecciatina, Risi riuscì a cogliere un aspetto innegabile dei film del primo Moretti: l’egocentrismo. I personaggi di Nanni Moretti sono dei grandi, grandissimi egocentrici (e qualcosa mi fa pensare che lo stesso regista lo sia), il Michele Apicella di Bianca non fa eccezione.
Michele è il nuovo professore di matematica nella scuola superiore “Marylin Monroe”, un istituto tra il postmoderno e il trash, dove i professori di storia insegnano la biografia di Gino Paoli e al posto del quadretto con il presidente della repubblica viene appeso quello con Dino Zoff.
Bianca (una giovanissima e splendida Laura Morante) invece è la nuova professoressa di francese, dolce e delicata. Michele si innamora di lei ma qualcosa va storto. “Quando c’è un legame non puoi solo star lì a guardare, osservare… no, non è più possibile! Bisogna mettersi in gioco. E poi io non sono abituato alla felicità.”, dice Michele a Bianca. E Michele è uno abituato a osservare moltissimo, in modo ossessivo: scheda morbosamente le relazioni tra i suoi amici, tra Massimiliano e Aurora, che però ha un amante, tra Ignazio e Maria, che passano da una rottura ad essere una coppia libera; monitora persino la relazione tra Matteo e Martina, suoi studenti. Michele non lo accetta, non si dà pace, per lui le coppie devono stare insieme e amarsi fedelmente per tutta la vita. Perché? “Perché la felicità è una cosa seria, no? Ecco, allora se c’è, deve essere assoluta”, risponde candidamente Michele.
Giallo, commedia o dramma?
Diventa difficile classificare questo film. C’è il giallo nell’omicidio di Aurora, all’inizio del film, che darà il via alla trama. C’è il dramma di Michele, solo, triste, angosciato da se stesso e dagli altri. Ma c’è anche molta commedia, brillante, dalle tinte surreali, a volte grottesche: memorabile la scena della Sacher Torte, lezione di vita e di alta pasticceria, che “Bake Off” levati proprio:
In Bianca si riconferma anche tutta l’angoscia da post-sessantottino fallito, già ben presente nei film precedenti, tra permissivismo senza limiti, amore svuotato da impegno e valore, gli anni ottanta come simbolo del fallimento della rivoluzione. Amarezza a non finire per Apicella/Moretti, a cui non resta che affogare la frustrazione nell’iconico mega bicchierone di Nutella. Che spettacolo.
Bianca è anche e soprattutto un film sull’incomunicabilità, sull’impossibilità di darsi pace rispetto al fallimento dei rapporti umani e dell’amore, così fallace, effimero, illusorio. Farà bene vederlo ai perfezionisti, ai codardi, alle coppie più o meno aperte, ai single tormentati e tormentanti. Ai tempi, a me fece bene.
