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B(l)ack in the days: 10 film in cui l’uso del bianco e nero è fondamentale

Vi siete mai chiesti perché certi autori, così, di punto in bianco (eheh, capita la battuta?), decidano di usare il bianco e nero nei loro film pur avendo a disposizione i colori? La maggior parte di noi pensa che questa tecnica tolga valore all’opera e che sia un qualcosa di obsoleto, che i registi la usavano in passato perché costretti dalla mancanza di mezzi per fotografare a colori. E se vi dicessi che non è vero? Se vi dicessi che in realtà esistono una miriade di film girati volontariamente in bianco e nero? Sindrome di Stendhal, nevvero?

the artist
Questo è The Artist, film del 2011 in bianco e nero… muto. Beh, ha vinto 5 Oscar.

Ma perché mai un regista dovrebbe scegliere di girare il proprio film in bianco e nero? Tristezza, depressione, nichilismo, fetish per il grigio, razzismo nei confronti dei giapponesi? Forse. Per cercare di capire insieme quali siano le esigenze che spingono i registi a fotografare “all’antica” i propri prodotti, andremo oggi ad analizzare 10 film nei quali l’uso del bianco e nero è di fondamentale importanza nella realizzazione dei film stessi.

Nell’attesa una canzone che sintetizza molto bene l’argomento:

Chiedo venia, errore mio. Anvedi te sto MJ che mi cambia la congiunzione e manda tutto a puttane…

L’estetica surrealista – , di Federico Fellini (1963)

8 e mezzo
Hello?

Ok, ho deciso di andare in ordine cronologico per dare un’organizzazione al tutto. So cosa state pensando…”ma 8½ è in bianco e nero perché è un film vecchio”. Ma siete sicuri? A me risulta che un certo Totò nel 1952 facesse già film a colori, ma magari mi sbaglio eh… Non prendiamoci in giro: il film di Fellini sarebbe potuto essere tranquillamente girato a colori. Appurato che è lecito pensare a eventuali dubbi e/o incertezze da parte del regista nell’utilizzare una tecnica tutto sommato nuova (ed escluso categoricamente che il problema economico fosse un reale vincolo), io credo tuttavia che l’utilizzo del bianco e nero in 8½ sia stata una scelta e non una necessità. Quindi, perché? Il film di Fellini non sarebbe diventato il capolavoro che è se fosse stato girato a colori, questo per due motivi:

  1. il bianco e nero calza, non a pennello, di più, nella resa dell’intero impianto rappresentativo dell’opera.
  2. il surrealismo (o onirismo, o grottesco, chiamatelo come volete) avrebbe perso tutta la sua efficacia se fosse stato reso a colori, perché sarebbe sembrato troppo, come dire…”vero”, realistico.

(E diciamocelo che è uno dei bianco e nero migliori che abbiate mai visto nella vostra vita).

Intenti parodici – Frankenstein Junior, di Mel Brooks (1974)

frankenstein junior

Ognuno di noi sa che Frankenstein Junior altro non è che la parodia di Frankenstein, nello specifico di quello di James Whale del 1931. Difatti, Mel Brooks, per richiamare nel modo più fedele possibile l’originale, ha utilizzato le stesse attrezzature utilizzate da Whale nel ’31. Quest’esigenza di fedeltà è la stessa che ha spinto il regista ad utilizzare il bianco e nero. E non solo, l’intera fotografia di Frankenstein Junior è realizzata in stile anni ’30 proprio per questo motivo. Ed è chiaro che se il film che vuoi parodizzare è in bianco e nero…

Autenticità e riconoscimento – Toro scatenato, di Martin Scorsese (1980)

toro scatenato
Rimane una delle performance migliori di sempre.

Ok, qui il discorso è un po’ più complesso; e la scelta è motivata da Scorsese stesso. Il regista, infatti, ha motivato l’utilizzo del bianco e nero con tre esigenze specifiche:

  1. differenziare Toro scatenato da Rocky (uscito nel 1976). Caro Martin, ti assicuro che, al giorno d’oggi, un uomo che ne capisce di cinema non rischierebbe di certo di confondere il tuo film con quello di Stallone, ma in ogni caso hai fatto bene a prendere precauzioni.
  2. dare l’idea dell’autenticità del periodo in cui il film è ambientato. E direi che ha decisamente funzionato. Oooooh sì, cazzo se ha funzionato.
  3. evitare di mostrare tutto quel sangue rosso. Martin, non pensavo fossi una fighetta…

Vita senza luce – Schindler’s List, di Steven Spielberg (1993)

bianco e nero schindler's list
Piango.

Anche qui la scelta del bianco e nero è molto elaborata e fortemente motivata. Spielberg decise di dare al film un’impronta decisamente documentaristica, rafforzandola appunto col bianco e nero, così da regalare all’opera un’immagine atemporale (idea condivisa anche dal direttore della fotografia Janusz Kaminski). Inoltre, sempre secondo Spielberg, il bianco e nero rappresenta l’Olocausto stesso:

L’Olocausto fu vita senza luce. Per me il simbolo della vita è il colore. Per questo un film che parla dell’Olocausto deve essere in bianco e nero.

Voglio, tuttavia, aggiungere una cosa. L’utilizzo del bianco e nero in Schindler’s List è funzionale anche a mettere in estremo risalto quei (pochi) particolari a colori presenti all’interno della pellicola, nello specifico quel preciso particolare, quel cappotto rosso che, proprio perché in contrasto col bianco e nero che lo circonda, è capace di racchiudere tutta l’essenza del messaggio che Spielberg voleva lasciarci.

Se fa schifo in bianco e nero, fa schifo – Ed Wood, di Tim Burton (1994)

ed wood

Film su quello che è stato considerato il peggior regista di sempre: Edward D. Wood Jr. Qui in realtà il motivo addotto da Burton è semplice: il film è in bianco e nero perché i film di Ed Wood lo erano. Una cosa un po’ meta, Tim? Tuttavia ritengo che l’utilizzo della tecnica “antiquata” sia ottima in questo caso ad amalgamare molto bene tra di loro tutti gli elementi della pellicola. Inoltre, dato che è sostanzialmente un film biografico, perché non usare il bianco e nero per lasciar intendere che i fatti mostrati si riferiscono a tempi passati?

Gravità e pesantezza tematica – L’odio, di Mathieu Kassowitz (1995)

l'odio
Saresti potuto essere eletto papa dei folli.

Senza fare troppi spoiler (anche se sono passati 23 anni), L’odio parla di un uccisione da parte della polizia di un ragazzo francese. Vi rendete conto da soli che non è propriamente una storia da raccontare a vostro figlio, giusto? Bene, per rendere il tutto ancora più drammatico e ancora più pesante, e quindi per aggravare il sottotesto di protesta di cui il film è pregno, Kassowitz ha optato per il bianco e nero. E lasciatevelo dire: questo film è un capolavoro.

N.d.A.: il film originariamente è stato girato a colori, per poi essere trasformato in bianco e nero in post-produzione. E meno male.

Il passato che riecheggia nel presente: un senso apocalittico di sventura – American History X, di Tony Kaye (1998)

american history x
Credo che una svastica di quelle dimensioni tatuata sul petto fosse illegale anche ai tempi del nazismo.

Ok, superficialmente la distinzione è facile: in bianco e nero il passato, a colori il presente. Sì, è vero, ma non è solo questo. Già, perché in qualche modo passato e presente si metaforizzano e diventano l’immagine dell’errore e della successiva redenzione: l’andamento cromatico segue l’evoluzione del personaggio. Ma concentriamoci sul nostro argomento: il fisico possente di Edward Norton il bianco e nero. Il film finisce male, ma male, che in confronto la ceretta la petto è un toccasana. E di nuovo: il bianco e nero si cala precisamente in quest’inesorabile fine negativa, aumentando l’intensità drammatica e dando un senso di sventura ineluttabile alla pellicola.

Distinzione narrativa (se, magari) – Memento, di Christopher Nolan (2000)

memento
Cosa? Hai fatto la pasta con le sarde?!

Non che in Memento si capisca qualcosa al primo colpo grazie al bianco e nero, per intenderci, però è ciò che dovrebbe succedere. Nel senso: le parti in bianco e nero seguono la vicenda cronologicamente, mentre quelle a colori vanno al contrario, partono dalla fine della stessa. Cosa super figa e super succosa: le due linee narrative si incontrano alla fine della pellicola e il bianco e nero sfuma nei colori. Solo per questo dovrebbe essere il miglior film della storia. Siamo tutti consapevoli del fatto che non lo penso davvero. Al di là di ciò sono fermamente convinto che Memento sia uno dei film dove il bianco e nero è utilizzato nella maniera più interessante e assieme più geniale e originale. Il risultato finale è un completo mind-fuck da registrare negli annali: meglio della droga.

Atmosfera pulp/noir e fedeltà fumettistica – Sin City, di Robert Rodriguez (2005)

sin city
Quanta figaggine in un’inquadratura

Anche qui, come in Schindler’s list (ma come anche in altri film, vedi Rusty il selvaggio o l’intramontabile La corazzata Potëmkin), tutto in bianco e nero con alcuni inserti a colori significativi. E ok. Ma il bianco e nero in Sin City funziona maledettamente bene perché rende il film U-G-U-A-L-E al fumetto: le inquadrature sembrano vignette, le scene sembrano disegnate e quell’atmosfera molto pulp, molto fittizia, molto brillante, sempre in bilico tra il dark violento e il raffinato noir è semplicemente unica e indimenticabile.

Il graphic novel che diventa film – Persepolis, di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud (2007)

persepolis

Un altro film tratto da un fumetto (un graphic novel in realtà). Questo, però, è un film d’animazione, caratteristica da non sottovalutare. Infatti l’animazione (di stampo assolutamente tradizionale) si fonde magicamente coi disegni in bianco e nero a tal punto da trasportare lo spettatore dentro l’opera e, quindi, anche dentro alla graphic novel. Motivo per cui in questo caso il bianco e nero funge da corredo, un corredo essenziale tuttavia, senza il quale l’opera avrebbe perso di impatto e di significato.

Bonus. Elogio a un’arte cinematografica che non tornerà più – The Artist, di Michel Hazanavicius (2011)

the artist
Non vi viene una lacrimuccia?

Hazanavicius deve amare con tutto se stesso il cinema degli anni ’20 per fare un film del genere nel 2011. Scusate, non potevo fare a meno di includere questo capolavoro nel mio discorso sul bianco e nero. Il film, come detto in precedenza, oltre ad essere in bianco e nero, è muto, completamente muto, proprio come accadeva (lì sì per mancanza di mezzi) negli anni ’20. Ed è a questo che servono il bianco e nero tanto quanto la mancanza di suoni diegetici: ricreare ed elogiare quella cultura cinematografica delle origini, quella da cui è partito tutto, quella da cui si sono sviluppate poi ad oggi colossali merde come Fast & Furious, quella che per sempre avrà creato le basi dell’arte che per noi è la più bella. Semplicemente cinema.

Mario Vannoni

Un paesaggio in ombra e una luce calante che getta tenebra su una figura defilata. Un poco inutile descrivere chi o cosa sono io se poi ognuno di voi mi percepirà in modo diverso, non trovate?
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