Mettiamo subito le cose in chiaro: io non capisco una beneamata fava di economia. Nel senso che potreste benissimo mettere spread, btp, bund, bot, nikkei, stock options, Andrea Alongi e sternocleidomastoideo nello stesso calderone che io non ci troverei alcuna differenza. Oddio, Alongi magari nel calderone non ci entra. Ma non divaghiamo. Ho quindi deciso di mettere in luce la mia ignoranza guardando la prima stagione di Billions, sapendo benissimo che appena si andava oltre il termine insider trading mi sarei sentito come un calciatore con un congiuntivo: completamente basito. Ed è inutile che ci giriamo intorno, ho cominciato a guardarla solo per Paul Giamatti. Quanto lo amo. Sì, anche quel suo corpo da orsetto peloso.
Quindi facciamola semplice: io vi spiegherò perché, secondo il mio inutile parere, Billions è una serie da vedere. Poi voi fate quello che volete: guardatela, non guardatela, sputtanatevi la pensione della nonna comprando quote della Globo Gym, leccatevi il gomito. Insomma, a vostra discrezione. (Ora però smettete di provare a leccarvi il gomito e continuate a leggere, grazie). Potrebbero esserci piccoli spoilerz innocui, ve lo dico prima così non vi arrabbiate.
La caratterizzazione dei personaggi
Ragazzi, mi ripeterò, ma come si fa a non amare Paul Giamatti? Il suo Chuck Rhoades, procuratore distrettuale del distretto sud di New York, è fenomenale. Potente, implacabile, integerrimo e distruttivo, come un bulldo(g)zer che ti si attacca alle caviglie senza mollare. Con un lato oscuro sempre in agguato, pronto a divorarlo non appena il permesso di fare quello che vuole fare (e diavolo se gli piace), gli viene negato. Rhoades viene spinto da una combinazione di elementi che già Icaro aveva sperimentato con brutti risultati: ego e orgoglio. Il suo obbiettivo? Incastrare Bobby “Axe” Axelrod, miliardario proprietario di una compagnia finanziaria specializzata in fondi speculativi.
Veniamo a lui allora, a Axe, un Damian Lewis in splendida forma. Avete presente quando una persona riesce a scrutarvi dentro? Con una precisione quasi maniacale, come un laser puntato sul vostro cuore, sempre acceso finché non riesce a tirarvi fuori tutto. Axe è così, fa i miliardi illegalmente da un lato e dona milioni in beneficenza dall’altro. Proprio come Rhoades ha un ego-orgoglio mostruoso, venefico, che lo porta ad accettare la sfida sia inconsciamente che pubblicamente, iniziando una partita a scacchi sopra un campo minato.
C’è però una pedina in comune ai due sfidanti, vero nodo gordiano di Billions: Wendy Rhoades, la moglie di Chuck, lavora come psicologa per la Axe Capital. Maggie Siff ci regala un personaggio forte e sicuro di sé, che durante tutta la stagione si troverà sballottata tra Axe e suo marito. Con il miliardario ha infatti un profondo legame di amicizia, di quelli sanguigni, veraci, che obnubilano la mente e il giudizio. Wendy ha il compito di tenere alto il morale delle truppe di Axe, che potrebbero crollare psicologicamente da un momento all’altro, aiutando quindi dei possibili criminali ad infrangere la legge. Poi torna a casa e va a dormire con chi quei criminali li combatte tutti i giorni. Il mix non è proprio dei migliori.
Ah, c’è anche Malin Akerman. Ora, non ha il costumino illegale da Spettro di Seta che aveva in Watchmen, ma anche qui non scherza. E sì, vedrete le sue tette, tanto per cambiare. Credo che ormai ce l’abbia di contratto.
I rimandi alla cultura popolare
Billions lo fa fin dall’inizio, cercando un giusto contatto con il pubblico di massa che, come il sottoscritto, appena sente dire stagflazione si mette in posizione fetale recitando l’Ave Maria al contrario. La serie da un lato vuole fare l’adulto giovanile tipo Phil Dunphy di Modern Family, e quindi ti spara un Tinder e Taylor Swift in combo. Dall’altro però c’è un continuo rimando alla cultura popolare cinematografica, che è sempre ben accetto. Partendo dall’iconica frase di Highlander “Ne rimarrà soltanto uno” per arrivare al Keyser Söze de I soliti sospetti, Billions strizza l’occhio anche ai cultori della storia del cinema. Come? Facendo il parallelismo, nemmeno troppo azzardato, tra Axe e il Charles Foster Kane di Quarto potere.
E quel simpatico bastardo che se lo fa pure portare in pellicola per guardarselo nel suo cinema personale. Che schifo i ricchi.
E poi scusate, quando arrivano quei quattro lì, proprio loro, io ho urlato. Non vi dico chi sono perché vi voglio bene. Sono troppo bravo.
I toni sempre alti
La lotta tra Axe e Rhoades è senza quartiere. Uno scontro che lascia solo detriti al suo passaggio, pronto a divorare anima e corpo dei due contendenti, disposti a sacrificare tutto pur di prevalere, anche solo per un soffio. Billions cerca quindi di mantenere sempre alti i toni della sfida, svelando pian piano i retroscena personali dei protagonisti utili a destabilizzare lo spettatore, che si inabissa sempre più negli schemi mentali di chi vive sfuggendo alla legge o cercando di farla rispettare ad ogni costo.
A fare da perfetto contrappunto c’è la regia. Discreta ma presente, soprattutto negli esterni, fa sentire piccolo chi guarda, come se i palazzi di New York calpestassero tutti, e solo chi è pieno di soldi e potere può davvero mettersi in salvo. Dopotutto dietro la macchina da presa troviamo sia il Neil Burger di The Illusionist e Limitless, sia James Foley, già regista di una caterva di episodi di House of Cards. Immagini piene, schiaccianti, con una fotografia molto ben definita, un giusto mezzo fra una luce smarmellata e le ombre di Quarto potere, tanto per restare in tema.
Il senso di perdita
Billions è fatto così, riempie la scena con personaggi amabilmente detestabili, che bruciano nel loro fuoco finché non lasciano cenere spazzata dal vento. Più ci si fa attrarre dalla sfida, più si entra in questa spirale discendente, più ci si rende conto che un esito positivo è comunque poco probabile. Peccato che è sempre troppo tardi quando ci si accorge della disfatta. Axe e Rhoades sono i due monoliti che non vorrebbero lasciare spazio alle emozioni, che lottano per la supremazia ma poi finiscono per litigarsi Wendy. E ditemi voi se non litighereste per una come Wendy. Due frustate quasi quasi… no, non devo lasciarmi trasportare. Chiedo perdono.
Quindi alla fine cosa resta? Detriti, cocci di bottiglia, dolore sparso. L’orgoglio è una bestia che ti consuma lentamente, e in Billions le parabole parallele, vicine ma lontane, di Axe e Rhoades sono la perfetta espressione di questo veleno del cuore. Quando la gara a chi piscia più lontano (per usare un’espressione coniata dalla Crusca), si sporca con il verde di infiniti dollari, allora sulla linea di arrivo ci saranno solo sconfitti. Ok, tecnicamente per pisciare lontano si rimane fermi, ma non stiamo a sindacare.
Ora scusate, ma ho avuto una soffiata sulle azioni di una certa compagnia che potrebbero salire vertiginosamente. Il tempo di capire se per “azione” si intende una delle mosse dei Pokémon e poi posso diventare miliardario.
P.s. fate un salto dai nostri amici di Billions Italia!