
Billy Elliot – Cambia scarpe, credi in te e diventa ciò che sei
Billy Elliot è un film che non ha bisogno di tante presentazioni. Ispirato alla storia del ballerino Philip Mosley, è anche la storia di tutti noi, specialmente quando eravamo piccoli e giocavamo, e, giocando, la maggior parte delle volte dovevamo scegliere. Io ci penso spesso, e mi ricordo che da piccola sceglievo molto poco, perché mi piacevano un sacco di cose: ho giocato con le Polly Pocket e le Micro Machines, ho cucito vestiti alle Barbie e costruito con i Lego, ho usato gli stampini della Fabbrica dei Mostri per il forno della fabbrica delle Bambole. Passavo pomeriggi interi a casa delle mie amichette, ma facevo anche a botte coi maschi, e una volta ho spaccato un Forza 4 in testa a uno che barava (il forza 4 era il suo, ndr.). Sì, mi ricordo anche che i negozi di giocattoli dove avrei voluto passare la vita erano divisi in rosa e celeste, ma pace: se una cosa mi piaceva, poco importava se fosse da maschio o da femmina.
Ecco, Billy Elliot parla proprio di questo.
Cose da maschi e cose da femmine
Sullo sfondo dello sciopero dei minatori inglesi del 1984 (bella pe’ tte, Margaret Sempresulpezzo Tatcher) si svolge la storia dell’undicenne Billy Elliot.
Jackie Elliot, il padre, è un operaio che non vede prospettive di vita fuori dall’industria mineraria; Tony, il fratello, è il classico macho (o aspirante tale) che non può far altro che seguire le orme paterne. Aggiungiamo una nonna svampita e una madre morta da poco, ed ecco fatto: la messa in scena delle aspettative sui ruoli legati al genere è da manuale. Billy è un maschio, e deve fare le cose che fanno i maschi: il pugilato, come minimo. Manco a dirlo, non è per niente portato. Lo vediamo da subito, da quando varca la soglia della palestra che reca l’insegna Boys’ Club. Così, Billy è costretto a passare il suo tempo libero fra imbarazzanti scontri sul ring e allenamenti vis à vis col sacco da boxe.
“What’s wrong with ballet? It’s perfectly normal.”
“Perfectly normal? All right for your Nana, for girls. No, not for lads, Billy. Lads do football, or boxing, or wrestling…not friggin’ballet!”
Ve lo ricordo: siamo in un ambiente e in un momento storico in cui chi fa qualcosa “fuori posto” è marchiato per sempre come twat, wuff, sissy e altre amenità simili, ma soprattutto è inesorabilmente poof, finocchio.
Parentesi: guardare questo film in lingua originale è un’esperienza mistica, senza dubbio. Io, la prima volta che l’ho visto, ho capito solo Fock oaff!
Un giorno come un altro, per qualche strano caso (perché è così che succede sempre), la palestra in cui Billy si allena viene usata per una lezione di danza. Inaspettatamente, Billy sente la musica del pianoforte, attraversa un’immaginaria linea di confine tra cose da maschi/cose da femmine, ed eccolo lì alla sbarra, con i suoi scarpini da ring in mezzo alle bambine in tutù. È lì che tutto ha inizio.
Più Mrs. Wilkinson per tutti
Se c’è un personaggio che fa davvero la differenza in questa storia, è la straordinaria Mrs. Wilkinson: l’insegnante di danza che sembra uscita da Harlem, con i suoi orecchini a cerchio e la sigaretta sempre accesa, è una Julie Walters più splendida che mai. È grazie a lei che Billy capisce – sempre di più – che la danza è la sua strada: non appena lo vede alla sbarra lo ferma per chiedergli che numero di scarpe porta. E gliele procura in men che non si dica. Non c’è un singolo momento in cui Mrs. Wilkinson faccia sentire Billy fuori posto, al contrario: lo incoraggia continuamente, ma senza tante moine e senza mezzi termini, mettendogli in testa che la danza è dedizione, impegno e sacrificio – come qualsiasi cosa che si faccia con il cuore.
“I beg your pardon!?” VS “Not my daughter, you bitch!”. Sempre sul pezzo.
Ci viene un po’ automatico pensare che Mrs. Wilkinson sostituisca per Billy la madre morta, e forse non è del tutto sbagliato; sicuramente, l’insegnante rappresenta un modello educativo poco convenzionale, uno che Billy non aveva ancora incontrato. Mrs. Wilkinson, in breve, è tutti i nostri allenatori che ci costringevano a dei giri di campo in più, i nostri insegnanti di musica che ci sgridavano se non ci esercitavamo abbastanza con le scale, i nostri professori che ci toglievano quel mezzo voto perché sapevano che la volta dopo ne avremmo presi due in più. Mrs. Wilkinson è la mia prof. di italiano del liceo quando ci diceva “voi non siete vasi da riempire, ma fiaccole da accendere”.
Plenty of boys do ballet, you know
È questa la pulce che Debbie, la figlia di Mrs. Wilkinson, mette per prima nell’orecchio di Billy: anche i maschi fanno danza. A Debbie non importa tanto che Billy arrivi al Royal Ballet, quanto piuttosto alle lezioni in calzoncini e canottiera; ha una cotta per lui e gli ormoni a palla, che la portano ad avere con Billy dialoghi del tipo:
“If ya want, I’ll show ya me fanny”
“Nah, I’m ok”
Nonostante le sue siano in prevalenza mire espansionistiche, riesce anche lei a convincere Billy.
L’episodio che rimescola in maniera definitiva le carte in tavola è quello della notte di Natale. Billy porta il suo amico Michael in palestra per fargli provare qualche passo di danza, ma soprattutto il tutù. A Michael piace vestirsi da donna, provare i vestiti e i rossetti della sorella (I’m just tryin’it on, risponde a un allarmato Billy che lo vede farlo per la prima volta), ma al contrario di Billy non si sente strano a fare qualcosa che – ancora una volta – i maschi non fanno.
Billy e Michael vengono sorpresi da Jackie Elliot, ed è qui che Billy, invece che vergognarsi o spaventarsi, si piazza davanti al padre e improvvisa un pezzo di tip tap per dimostrargli che sì, anche i maschi possono ballare e no, non è necessario che indossino un tutù da femmina.
Come un cigno
La metafora del brutto anatroccolo che diventa cigno è un po’ usurata, e infatti in Billy Elliot si parla d’altro: la storia che Mrs. Wilkinson gli racconta è quella de Il lago dei cigni, il balletto di Čajkowskij. Odette, trasformata in cigno da un sortilegio, può tornare a essere se stessa per pochi momenti ogni notte, esattamente come Billy quando danza.
Ma questo, a Billy, glielo aveva già scritto la mamma nella sua ultima lettera: Always be yourself, I’ll love you forever.
Ed è proprio con Il lago dei cigni che si chiude il film: Billy ormai è primo ballerino a Londra, sta per entrare in scena, tra il pubblico ci sono anche suo padre, suo fratello e Michael, che non stanno più nella pelle. La messa in scena de Il lago dei cigni non è quella classica, ma una coreografia di Matthew Bourne andata in scena per la prima volta a Londra nel 1995. La particolarità di questa rappresentazione è il corpo di ballo interamente maschile, a ribadire ancora una volta che ognuno, maschio o femmina che sia, può diventare un maestoso cigno e spiccare il volo (sì, ho scritto davvero una cosa del genere, scusatemi, ero particolarmente ispirata).