Film

Birds of Prey e la (quasi) fantasmagorica rinascita di Harley Quinn

Classificazione: 3 su 5.

Non si può certo dire che Suicide Squad sia uno dei punti più alti, a livello qualitativo, del DC Extended Universe. Tuttavia, se proprio dobbiamo salvare qualcosa dal disastro produttivo che è il film di David Ayer, quello è il personaggio di Harley Quinn, capace di conquistare tutti soprattutto grazie all’ottima interpretazione di Margot Robbie.

Considerato il successo riscosso, era chiaro che non sarebbe passato molto tempo prima che la Warner Bros decidesse di mettere in produzione uno spin-off a lei dedicato. Così, dopo il naufragio del progetto Gotham City Sirens, ecco che abbiamo avuto Birds of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn). Un titolo bello lungo per un’opera che si pone allo stesso tempo come film-vetrina per la fidanzata di Joker e origin story dell’omonimo gruppo di supereroine.

Birds of Prey
Come cantava Cindy Lauper: “Girls just want to have fun!”

Ambientato qualche tempo dopo Suicide Squad (e Justice League, presumibilmente), Birds of Prey inizia con Harley che viene “mollata” dal suo amato Mr. J. Dopo essersi trasferita in un nuovo appartamento, aver adottato una iena di nome Bruce (“come quel gran figo di Wayne”) e aver passato diverse serate ad ubriacarsi, la nostra supercattiva preferita decide di ribadire la propria indipendenza annunciando pubblicamente (e in maniera pirotecnica) la rottura con Joker.

Mossa poco intelligente, perché senza più la protezione del clown del crimine, tutte le persone a cui Harley ha fatto dei torti hanno ora la possibilità di ricambiarle il favore. Tra queste lo spietato boss della mala Roman Sionis, aka Black Mask. Mentre cerca di sopravvivere ai vari nemici che vogliono la sua testa, Harley si imbatte nella cantante Dinah Lance / Black Canary, nella detective Renée Montoya, nell’assassina Helena Bertinelli / Cacciatrice e nella giovane borseggiatrice Cassandra Cain. Tutte donne legate in vari modi a Sionis e insieme a cui la nostra protagonista preparerà la riscossa.

Harley Quinn
Cool guys chicks don’t look at explosions!

Volendo essere sintetici, Birds of Prey è quello che Suicide Squad avrebbe dovuto essere e non è stato: un action movie folle, divertente, irriverente, ma anche violento e cattivo quando serve (merito del rating R). Il film di Cathy Yan (prima donna asiatica alla regia di un cinecomic) è uno strambo ma riuscito ibrido tra gangster movie e pellicola supereroistica, arricchito da una forte componente femminista. Tema del film è infatti l’emancipazione (come indicato nel titolo originale, al posto di “rinascita”), che non è soltanto quella di Harley.

Birds of Prey è la storia di cinque donne forti, che lottano strenuamente per affermare la propria individualità in un mondo pieno di uomini intenzionati unicamente a possederle e dominarle. Certo, tale sentimento anti-maschilista a volte rasenta pericolosamente l’estremismo (non c’è un solo personaggio maschile che sia positivo), ma nel complesso è più giustificato all’interno della trama rispetto a quanto visto in Terminator: Destino Oscuro. Tanto basta a rendere il film un perfetto manifesto del movimento “Me Too”. Non che sia esente da problemi.

Harley e Black Mask
“E’ finita, Harley! Sto più in alto di te!”

Malgrado alcuni spunti interessanti (ad esempio, l’accento sul fatto che emanciparsi significa anche assumersi le proprie responsabilità), Christina Hodson firma uno script piuttosto basilare e poco memorabile, privo di particolari twist e inutilmente complicato da quintali di flashback e flashforward. Considerato che neanche il precedente lavoro della sceneggiatrice (Bumblebee) mi aveva fatto impazzire, forse è tempo di ammettere che la Hodson non sia proprio una cima.

Per fortuna a rendere interessante la visione ci pensa la regia dinamica e frizzante della Yan, che (complici i numerosi rallenty e le scritte in sovrimpressione) dona alla pellicola un’estetica pulp a metà strada tra Guy Ritchie e Quentin Tarantino. La trascinante colonna sonora di Daniel Pemberton (accompagnata da un’infinità di canzoni pop/rock) e la coloratissima fotografia di Matthew Libatique impreziosiscono il tutto, così come i combattimenti splendidamente coreografati. A tal proposito, si nota eccome il contributo dato da Chad Stahelski, regista di John Wick, chiamato a dirigere la seconda unità durante la fase di reshoot, con esiti più che apprezzabili.

Bruce e Harley
Niente cani qui, però abbiamo una iena.

Protagonista assoluta, nonché elemento migliore del lungometraggio, è naturalmente Margot Robbie, ormai completamente calata nei panni della “psicopatica” Harley Quinn. La bella attrice australiana (qui anche produttrice) dà sfoggio del proprio talento, infondendo un’energia incredibile al suo personaggio e trasmettendone efficacemente il carattere anarchico, esilarante e prorompente. È lei l’anima del film, letteralmente.

Difatti tutti gli eventi sono filtrati secondo il suo punto di vista, il che si traduce in una narrazione (come già accennato) spesso e volentieri non lineare, in sequenze surreali e completamente fuori di testa (una su tutte, il prologo in stile cartone animato) e in frequenti rotture della quarta parete. Tutte cose che fanno sembrare Birds of Prey una versione DC e al femminile di Deadpool. La scelta di rendere la pellicola “harleycentrica” si rivela però un’arma a doppio taglio, in quanto la personalità della donna è talmente incontenibile da oscurare in parte quello delle altre protagoniste.

Harley "Marilyn Monroe" Quinn
Quando in un colpo solo vuoi omaggiare Marilyn Monroe, Madonna e Lady Gaga.

Se queste ultime riescono perlomeno a sfuggire all’anonimato è giusto merito della bravura delle attrici. Jurnee Smollet-Bell specialmente è una vera rivelazione. Magari non sarà uguale alla Black Canary dei fumetti, a partire dal colore della pelle (particolare che, come nel caso della Starfire di Titans, ha scatenato le ire dei fan puristi), ma la ragazza, oltre ad essere bellissima, se la cava divinamente sia nella lotta che nel canto. Inoltre funziona molto bene accanto ad Harley, con la quale forma un’esplosiva coppia da buddy movie in cui non mancano le frecciatine reciproche (“Tu sei la cantante che nessuno ascolta!”, “E tu la stronza che non piace a nessuno”).

Black Canary
L’espressione di chi vuole solo prendere a calci gli haters.

Da parte sua, la veterana Rosie Perez convince nel ruolo di Renée Montoya, poliziotta dai modi rudi che si comporta come se fosse uscita dagli anni ’80. A Mary Elizabeth Winstead tocca invece la parte più difficile: causa screen time limitato, la sua Cacciatrice non risalta come dovrebbe. L’ex Ramona Flowers riesce comunque a strappare più di una risata, grazie alla divertente gag del nome (a onor del vero, “rubata” a Star-Lord) e al suo essere tanto determinata nell’uccidere mafiosi quanto tremendamente insicura quando deve relazionarsi con gli altri.

Cacciatrice
Ramona non ha più bisogno di Scott Pilgrim per liberarsi degli ex.

Se poi la Cassandra Cain di Ella Jay Basco, relegata a semplice Macguffin, lascia poco il segno, la stesso non si può dire degli interpreti maschili. Narcisista, sadico e (forse) gay, il Roman Sionis di Ewan McGregor è un villain piacevolmente sopra le righe, brillante parodia della mascolinità tossica. Che fa il paio con il serial killer Victor Zsasz, cui presta il volto il buon Chris Messina (con un’inedita capigliatura platinata). Peccato solo che i due soffrano di uno scarso approfondimento. E che Roman indossi la sua maschera nera per appena cinque minuti in tutto il film.

Black Mask
Carina, ma non si poteva vedere di più?

È chiaro ormai che andare a vedere un film DC è un po’ come giocare alla roulette russa: c’è sempre la possibilità di beccarsi una cocente delusione. Birds of Prey non sarà il cinecomic che vi cambierà la vita, né il migliore dell’anno o anche solo del DCEU. Eppure, al netto di qualche difetto, è un godibile prodotto d’intrattenimento, con un’irresistibile protagonista, notevoli scene d’azione e un bel messaggio femminista. Spiace quindi vedere che non sta avendo il successo sperato.

Forse il motivo è da ricercare nel fatto che sia stato venduto come una pellicola corale quando è piuttosto un film su Harley Quinn. O magari nella mentalità patriarcale che rifiuta di accettare un action movie al femminile. O più semplicemente il pubblico non l’ha percepito come un evento cinematografico, bensì come un semplice tappabuchi in attesa dei prossimi Batman, Superman, Wonder Woman e Aquaman. Quale che sia la ragione di questo disinteresse, voi dategli una possibilità. Chissà che non vi sorprenda in positivo.

Fabio Ferrari

Classe 1993, laureato al DAMS di Torino, sono un appassionato di cinema (soprattutto di genere) da quando sono rimasto stregato dai dinosauri di "Jurassic Park" e dalle spade laser di "Star Wars". Quando valuto un film di solito cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma talvolta so essere veramente spietato. Oltre che qui, mi potete trovare su Facebook, sulla pagina "Cinefabio93".
Back to top button