
Border – I confini della paura
La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari.
Baudelarie diceva che la natura è un ricco spettro di corrispondenze reciproche che si specchiano e si rivedono in infiniti rimandi. E proprio perché questa foresta di simboli è viva e continua a crescere nelle sue magiche corrispondenze, il viaggio dell’uomo al suo interno è pressoché infinito. Questa è stata la sensazione principale che ho provato quando ho visto Border. Mi sono addentrato in una foresta di rimandi, sensazioni ed emozioni, così diverse eppure così complementari fra loro, da farmi perdere completamente il controllo di me stesso. Ma procediamo per gradi.
Border parla di Tina, doganiera attenta ed efficiente, che, grazie al suo incredibile olfatto, riesce a fiutare qualsiasi sostanza illecita. Tina è molto diversa dalle altre donne: alta, robusta, possente, il suo aspetto ricorda più quello di una bestia che di un essere umano. Per quanto sia efficiente però, Tina vive una vita molto triste e monotona, con un compagno che non ama e un vecchio padre malato. La sua vita cambia totalmente quando incontra Vore, un uomo molto simile a lei, da cui si sente incredibilmente attratta. I due inizieranno a vedersi e instaureranno una relazione morbosa, che li porterà a superare i loro angusti confini e a conoscere più a fondo la loro vera natura.
Attenzione, da qui in poi spoiler!
Difficile definire cosa sia Border. Un documentario? Un Horror? Una storia d’amore? Un racconto di formazione? Un Noir? La risposta è che il film non appartiene a un genere preciso, ma riesce a districarsi attraverso vari filoni narrativi e eccellere in tutti. Perciò la potenza del suo messaggio e della sua estetica superano ogni schema.
Border è una storia di formazione: narra il viaggio di Tina che da umana, scopre di appartenere alla razza dei troll (sì i Troll, quelli delle fiabe) e capisce così di aver trascorso tutta la sua vita in una menzogna. Grazie a Vore, suo mentore e amante, Tina riesce a regredire a uno stato bestiale che, per quanto implichi una perdita di umanità, comporta una maggiore libertà e un maggiore indipendenza dalle convenzioni sociali.
Border è poi una meravigliosa storia d’amore: macabra, carnale, repellente, intima e vissuta, sempre a metà strada fra disgusto e seduzione. È la storia d’amore fra due creature emarginate, rigettate dalla società che nella loro diversità trovano un’affinità elettiva: due anime complesse, divise e tormentate, che diventano, seppur per un breve periodo un’unica cosa.
Border però è anche un noir: Tina infatti viene immischiata in un caso di pedofilia in cui scoprirà che è coinvolto anche Vore. Infatti, il troll ruba i bambini degli uomini, sostituendoli con i propri feti mestruali, e li vende a una setta di pedofili, per vendicarsi di quello che gli esseri umani hanno fatto alla sua famiglia. Davanti a una simile atrocità, Tina dovrà scegliere se lottare per il mondo a cui appartiene davvero o per il mondo in cui ha sempre vissuto: in questo modo la sua Natura si scontrerà con Cultura.
Si può parlare anche di documentario, riferendosi alla regia di Ali Abbasi. Il suo stile di regia è molto simile a quello di Lars Von Trier e del Dogma 95: telecamera a mano che bracca gli attori come un cane da caccia e inquadrature instabili, spesso fuori fuoco che servono non solo a farci entrare più a fondo nel cuore della vicenda, ma anche a trasmetterci un senso di instabilità. Infatti il regista ha un duplice atteggiamento nei confronti dei suoi personaggi: da un lato ne è spaventato, perciò, spesso, essi vengono inquadrati da lontano, come se fossero degli animali allo stato brado da osservare, dall’altro ne è incredibilmente affascinato e li osserva per cercare di capire le loro abitudini e i loro atteggiamenti.
Tuttavia il genere a cui penso che la pellicola appartenga meglio è sicuramente l’Horror, anche se la sensazione che il film trasmette non è la paura, ma il disgusto. Molte scene, fra cui il rapporto sessuale fra Vore e Tina e il feto di Vore (chiaramente ispirato al feto di Eraserhead), non spaventano, ma creano nello spettatore un senso di inquietudine e tormento, che è difficile da assimilare.
Inoltre pensando al fatto che il film sia ambientato in Svezia, si capisce quanto l’intento di Abbasi sia quello di denunciare un tipo di razzismo molto presente nel suo paese: un razzismo, che non crea mai delle barriere, ma che si esprime in una degradante congiura del silenzio. Le minoranze infatti non sono mai osteggiate, ma sempre tacitamente emarginate.
La conclusione a cui si arriva, guardando Border è che la realtà e la fantasia coincidono. Le atrocità, a cui sono sottoposti i troll, non sono così diverse da quelle che le minoranze etniche nei vari paesi civilizzati sono costrette a subire; viceversa le oscenità commesse dagli uomini, non sono così lontane da quelle che si sentono ogni giorno al telegiornale: pedofilia, razzismo, omicidi, rapimenti. Perciò come spesso la storia ci insegna, i fantasmi e i troll, non sono i veri mostri. No, i veri mostri sono gli esseri umani, i veri mostri siamo noi.