
Bumblebee: meglio di Michael Bay, ma non più di tanto
Credo che non esista una saga cinematografica più detestata di Transformers (forse solo Twilight). E pensare che era anche partita bene: pur non perfetto, il capostipite era un onesto e godibile prodotto di intrattenimento che riusciva ad accontentare sia i fan dei popolari giocattoli sia i neofiti. Purtroppo tutte le buone premesse sono andate a donnine di facili costumi a causa di una sfilza di seguiti uno più brutto dell’altro (il punto più basso per me è L’era dell’estinzione).
Ogni volta che qualcuno si chiede cosa sia andato storto, il dito è automaticamente puntato su di lui: Michael Bay (o Michael BOOM, per gli amici). Il regista con il feticismo per le esplosioni, quello che tutti amano odiare, ha diretto tutti i capitoli del franchise ed è universalmente considerato il motivo del fallimento (critico più che commerciale) della serie. Ora, io non sono un hater di Bay. Anzi, ritengo che quando vuole riesca a sfornare pellicole parecchio apprezzabili (The Rock, The Island, Pain & Gain). Tuttavia ammetto che quando mette mano ai Transformers dà il peggio di sé.

Immagino perciò che molti abbiano tirato un sospiro di sollievo quando hanno saputo che non sarebbe stato lui a dirigere lo spin-off dedicato a Bumblebee, il tenero Autobot nero e giallo (“Che sballo!”) compagno d’avventure di Optimus Prime. Al suo posto Travis Knight, già autore del bellissimo Kubo e la spada magica e qui alle prese con il suo primo live action.
La mossa pare aver funzionato: pur non avendo eguagliato come incassi i film precedenti, Bumblebee è stato accolto molto bene dalla critica yankee, arrivando ad ottenere addirittura 93% su Rotten (con un distacco incredibile dagli altri capitoli della saga)! Ma si merita davvero tutte queste lodi? Trama e poi ne parliamo.

Ambientato negli anni ’80 che tanto vanno di moda al giorno d’oggi, il film ha inizio su Cybertron, dove infuria la solita guerra tra Autobot e Decepticon. Quando i primi si trovano costretti a lasciare il pianeta, Optimus ordina a Bumblebee di cercare un altro mondo da utilizzare come rifugio. Il robottone giunge così sulla Terra, ma in seguito a uno scontro con un nemico perde voce e memoria.
Trasformatosi in un Maggiolino tutto matto, viene recuperato dalla diciottenne Charlie (la bravissima e bellissima Hailee Steinfeld), ex campionessa di tuffi, meccanica esperta, fanatica dei The Smiths e in lutto per l’improvvisa morte del padre. I due diventano subito migliori amici, ma presto finiscono per scontrarsi da un lato con l’esercito americano e dall’altro con una coppia di Decepticon.

Cominciamo subito con le rassicurazioni. Questo spin-off è di gran lunga superiore agli altri film dei Transformers, e agli ultimi due in particolare. Il fatto che a occuparsene sia stato Knight e non Bay garantisce molti pregi. Innanzitutto una trama decisamente meno confusa, dispersiva e superficiale, e che finalmente evita di ruotare intorno a un qualche mistero del passato. Non che non sia presente un accenno di revisionismo storico (quindi sono stati i Decepticon a inventare Internet?).
Knight confeziona un film più semplice ma, allo stesso tempo, narrativamente più solido, in cui certo non manca l’azione. Anche qui però la differenza c’è e si vede. Il nuovo regista prende le distanze dallo stile caotico e “fracassone” di Michele Baia e realizza delle sequenze molto più pulite e misurate, in cui è sempre chiaro quello che sta succedendo. E dove le esplosioni vengono usate con più parsimonia.

Soprattutto però viene dato maggior risalto alla componente emozionale, alquanto carente nelle pellicole precedenti. Knight mette al centro della storia il rapporto di amicizia tra Bumblebee e Charlie, mostrandone gioie e dolori e immergendolo in un’atmosfera dal sapore spielberghiano, fortemente ispirata (coerentemente con il periodo in cui si svolge il film) ai classici per ragazzi degli Eighties, come E.T. e Corto circuito.
L’effetto nostalgia è talmente forte che gli stessi Transformers riacquistano il design delle origini. Via quindi i robottoni elaborati con gli ingranaggi a vista voluti da Bay, dentro Autobot e Decepticon dalle forme squadrate come nella serie (G1). Una scelta che, ne sono sicuro, ha fatto la felicità di molti fan.

Ciononostante Bumblebee, a mio parere, non è quel filmone che le recensioni americane hanno descritto. Il motivo? Be’, per cominciare la rievocazione degli anni ‘80 si rivela un’arma a doppio taglio. Alla fine della fiera la pellicola di Knight non fa che saccheggiare a piene mani dalle avventure dell’epoca senza riuscire a distinguersi. Il risultato è una storia abbastanza scontata e piena di cliché. In effetti, durante la visione si ha la sensazione di star guardando un blando rip-off de Il gigante di ferro (che non è uscito né è ambientato negli Eighties, ma si rifà anch’esso a quel periodo).
Non parliamo poi della colonna sonora realizzata come se qualcuno avesse fatto partire la playlist “Hit anni ‘80” su Spotify. Non che mi dispiaccia la musica di quel decennio, ma mettere una canzone pop ogni cinque minuti alla lunga stanca: abbiamo capito che il film è ambientato in quegli anni, non occorre continuare a ribadirlo!

Tra gli altri problemi vi è il fatto che i riflettori sono talmente puntati su Charlie che il povero Bumblebee (il quale, robot o no, dovrebbe essere il vero protagonista) non ha praticamente alcuno sviluppo psicologico. Le cose non migliorano quando si guarda ai tanti personaggi secondari, i quali oscillano dall’anonimo all’irritante, complice un’ironia generale un po’ stupida che purtroppo non si distanzia tanto dallo stile di Bay. Anche se bisogna spezzare una lancia in favore di John Cena.
Il wrestler americano in campo cinematografico non ha mai avuto la stessa fortuna dei colleghi Dwayne “The Rock” Johnson e Dave Bautista. Infatti fino a poco tempo fa si limitava a comparire in B-movie poverissimi dalla qualità discutibile, in cui non dava certo sfoggio di grandi abilità recitative. Ultimamente però il buon Cena si sta impegnando molto per farsi notare e in Bumblebee lo dimostra bene. Il suo Agente Burns ha un ruolo molto meno importante di quanto si potesse pensare, tuttavia lui ne esce comunque promosso, risultando convincente sia nelle parti action che in quelle più comiche.

Tornando alle note stonate, a spiacere di più però è il fatto che Bumblebee sia un film alquanto “timido”, che ha paura di osare quando entra in scena l’azione. Per quanto siano ben dirette, le sequenze di combattimento sono poche e corte. È un vero peccato, specialmente per quanto riguarda la spettacolare battaglia iniziale su Cybertron: tutto molto bello, ma mi sarebbe piaciuto vedere di più. In generale, è come se mancasse quel senso di epicità che i film di Bay, nel bene e nel male, riuscivano a restituire.
Ultimo, ma non meno importante, non si capisce bene se la pellicola voglia essere un prequel o un reboot: i riferimenti alla saga principale sono molti (il Settore 7, il giovane Simmons, la Camaro), ma altrettanto abbondanti sono le incongruenze (ma Bumblebee non aveva combattuto i Nazisti?). In tutto questo, non sono molto d’aiuto le dichiarazioni dei produttori: una volta sostengono che il film sia un completo riavvio, un’altra annunciano invece che la serie originale continuerà. Stiamo forse assistendo alla nascita di un nuovo universo narrativo dalla continuity sballata come quello degli X-Men?