Film

Cane di paglia: una pietra miliare firmata Sam Peckinpah

Cane di paglia. Chi è il cane di paglia? O meglio, se dico la parola “cane di paglia”, che cosa vi viene in mente? Sicuramente, se non conoscete il film cult di cui vi sto per parlare, la prima immagine che vi soggiungerà alle cervella sarà quella di un quadrupede lungo più o meno un metro, spelacchiato, codardo e con della pagliuzza infida posata al di sopra del suo sporco manto. Altrimenti, in secondo luogo, potrebbe ritornarvi all’orecchio quella canzone di qualche anno fa del gruppo rap “OneMic” che costantemente, con un tono di voce surreale e quasi volto al ridicolo, decantava: “QUANDO IL CANE DI PAGLIA BRUCIA DI RABBIA, ESPLODE TUTTA LA CITTA’”.

Ebbene devo darvi una brutta e una bella notizia. Se conoscete questi terribili versi siete delle merde (io, ad esempio, lo sono), ma delle merde che conoscono già la trama (o, per lo meno, l’argomento cardine) del film in questione. Eh già, i OneMic in questa loro canzone non cantavano un “cane di paglia” a caso, ma proprio quello del film di Sam Peckinpah.

Ma andiamo con ordine. Cane di paglia (Straw Dogs, nella versione originale) si tratta di una pietra miliare girata nel lontano 1971 da sua maestà Sam Peckinpah, appunto. Il titolo deriva da un’espressione tratta dal Tao Te Ching (il libro del Tao e della Virtù) di Lao-tse, dove, per i cinesi, “causa ed effetto non sono aspetti successivi, ma solo aspetti simultanei della stessa verità”.

Il cagnaccio di paglia con la moglie durante una partita a Scarabeo
Il cagnaccio di paglia con la moglie durante una partita a Scarabeo

Che cos’è dunque il cane di paglia? Ebbene, sebbene non esista, alla fine, una definizione sacrosanta di quest’espressione, il cane di paglia io me lo sono raffigurato come un cane stupido, scemotto. Un cane che vorrebbe fare la guardia, ma che, causa la sua benevolenza e la sua acuta goffaggine, non ce la fa.

Peckinpah, durante la prima metà di film, ci pone davanti agli occhi una figura, quella di  un matematico ben educato (tale David Summer, interpretato da un giovanissimo Dustin Hoffmann) che, per motivi di studio, decide di trasferirsi in un piccolo cottage della Cornovaglia assieme alla sua strafichissima moglie bionda con le tettone e gli occhi verdi smeraldo. Scusate l’improvviso sfogo hot, ma devo assolutamente farvi sapere che il fatto che la moglie di Summer sia una gran puledra (e non una vecchia signora munita di dentiera, bastone e tette molli) stravolgerà completamente l’equilibrio del film. Quindi ecco, mi sembrava importante sottolinearne il sex appeal (e quello che, purtroppo, ne deriverà).

Germano Terrazzone, Odoardo Golasecca, Gesù Bambino, Arcangelo Scatolarotta. Quattro ragazzi del luogo
Germano Terrazzone, Odoardo Golasecca, Gesù Bambino, Arcangelo Scatolarotta. Quattro ragazzi del luogo

Andando avanti nel corso del film, il giovane David, sempre educato e gentile, si renderà conto che c’è da riparare il tetto della casa. Una persona normale avrebbe volentieri chiamato delle persone normali, ma sua moglie insiste perché il suo ex fidanzato Charlie e i suoi compari (a quanto pare, degli abili muratori) vengano ingaggiati dal marito per porre rimedio al danno.

È da qui che tutto ha inizio. La moglie di David inizia (non si capisce il perché) a fare l’oca giuliva coi piacenti operai. Charlie e i compari le tengono gli occhi addosso costantemente, e lei ne è bella contenta, tant’è che non si fa mancare nemmeno la passeggiatina con le tette all’aria di fronte ai giovani allupati. David, immerso nel suo lavoro, non si rende conto di nulla.

Il cane di paglia (David, ovviamente) non è in grado di difendere il suo territorio. Il cane di paglia è troppo radicato nella sua dimensione, quella dell’onestà, della correttezza, delle convenzioni sociali, perché si possa capacitare che qualcosa non sta andando per il verso giusto.

Durante una battuta di caccia alla quale era stato invitato proprio dagli operai (o meglio, i lupi cattivi di questa terribile storia) la moglie del cane di paglia viene brutalmente stuprata dall’ex fidanzato (e poi anche dai compari). In questa scena, intrisa di un realismo crudo e dirompente, il montaggio, caotico e serratissimo, (in ‘sto film c’è una quantità davvero infinita di frame, cazzo), si alterna al solo straziante gemito di lei, preda della ferocia del branco. Il cane di paglia, tuttavia, continua a vivere nella sua dimensione, quella della ragione, non venendo mai a scoprire nulla del terribile accaduto.

La scena dello stupro. ralenti e freneticità la fanno da padrone. Delirio.
La scena dello stupro. “Ralenti” e freneticità la fanno da padrone. Angoscia allo stato puro.

Per più di tre quarti di film Peckinpah gioca con lo spettatore. Una vicenda che sembra evolversi nel peggiore dei modi (il prevalere del male sul bene, del branco contro il povero David), si tramuta invece, nell’ultima parte del film, in una sequenza memorabile e inaspettata. Il cane di paglia, saturo di tutto, inizia a bruciare di rabbia.

Fra le prime sentenze che ho letto nella mia vita da classicista (studente di liceo classico, ndr) non dimenticherò mai quell’espressione plautina che recita “Homo homini lupus – l’uomo è lupo per l’altro uomo”.

Succede così che il cane di paglia mette da parte tutti i suoi principi, tutte le sue rigorose geometrie educazionali, per elevarsi (o, forse, abbassarsi) al livello dei suoi aggressori. E’ qui che il cane di paglia diventa un lupo, una belva, un animale primordiale disposto a tutto pur di difendere ciò che gli appartiene. L’intera vicenda prende una drastica svolta durante una notte di celebrazioni in paese, quando Henry, un abitante del villaggio con problemi mentali, viene sedotto da una ragazza e involontariamente la uccide. Il cane di paglia lo investe inavvertitamente, e lo fa salire a casa sua. Gli abitanti, inferociti, tentano in tutti i modi di invadere la sua abitazione, ma il cane di paglia, oramai, non è più disposto a seguire la linea da lui sempre adottata.

Il cane di paglia. Soddisfatto.
Il cane di paglia. Soddisfatto.

Con un finale magistrale e fra i più sanguinolenti della storia, Cane di paglia si fa precursore dei grandi film sull’ultraviolenza (all’epoca confinata in particolar modo al cinema di genere) rivelando un finale proto-tarantiniano ed erigendosi come un’opera cinematografica di indiscutibile valore tecnico ed argomentativo.

Uccisi tutti gli aggressori, eliminata definitivamente ogni presenza losca, il cane di paglia si renderà conto del massacro che ha combinato (bello grosso, oserei dire) e si avvierà verso altre strade. Noi, invece, ai titoli di coda, avremo due opzioni:

  1. Potremmo ritrovarci ad avere un’erezione causata dalla magnificenza dell’opera appena visionata.
  2. Se ci trovavamo in quella fascia che prima della visione del film conosceva la canzone “Cane di paglia” dei OneMic, la andremo a riascoltare, e le riusciremo, finalmente, a dare un fottuto senso.

Lorenzo Montanari

"Il ragno rifugge dal bugigattolo, ma è ben attento alla preda. Sarà l'ora di fare un bagno, Edison?" Sestri Levante, Genova, Italia.
Back to top button