
Carne trémula: un thriller sentimentale in salsa iberica, firmato Almodóvar
Corpi vibranti anche quando sono vivi solo per metà, amore, morte, pistole, vestiti rossi, parrucche bionde e tanta, tantissima Spagna: in molti rimproverano a Pedro Almodóvar di essere sempre uguale a se stesso. Epperò ce ne fossero, verrebbe da dire. Soprattutto dopo aver visto Carne trémula, uno dei suoi pezzi forti, anzi fortissimi, del suo decennio dorato – del 1997, per la precisione. Il film più iberico, passionale e distruttivo che si possa immaginare; ma anche piuttosto ironico, cosa che potrebbe sembrare insolita per quell’area geografica, ma niente affatto per quel regista.
I protagonisti di Carne trémula sono i soliti aficionados, più qualche new entry: Penélope Cruz compare, anche se solo per pochi minuti, nel ruolo della giovane e ingenua prostituta in procinto di partorire, e basterebbe questo a fare il film. Madrid, Anni Settanta, il franchismo che imperversa, una dubbia pensione e una ancor più dubbia e grandiosa tenutaria, e un bambino che decide di venire al mondo su un autobus: un condensato di metropoli mediterranea, e non è passato nemmeno un quarto d’ora.
Un salto di vent’anni, ma lo scenario è lo stesso: siamo sempre a Madrid, niente più dittatura ma solo un po’ di eroina e qualche poliziotto dal matrimonio infelice e dal manganello un po’ troppo facile. Sancho (José Sancho) e David (e chi se non Javier Bardem?) perlustrano le strade della città, si ritrovano in casa della bella e tossica Elena (Francesca Neri) mentre l’ingenuo Victor (Liberto Rabal) tenta maldestramente di sedurla; Victor, che altri non è che il pupo ormai cresciuto di cui sopra. Qualche sparo di troppo, David ci rimette le gambe ma un paio d’anni dopo è felicemente sposato proprio con Elena, che nel frattempo ha messo la testa a posto; ma, sempre nel frattempo, Victor ha scontato la sua pena, è uscito di galera ed è più che determinato ad approfondire la conoscenza del gentil sesso così bruscamente interrotta. E, sempre nel frattempo, Sancho è ancora il marito di Clara (Ángela Molina), ma le cose continuano a non essere idilliache.
Carne trémula è il tipico melodramma spagnolo che nelle mani di qualcun altro si sarebbe immediatamente trasformato nella brutta copia di una soap opera; invece, Almodóvar è riuscito a creare un mix perfetto di commedia, thriller, romanzo rosa e a infilarci pure qualche punta di grottesco. Non è perfetto, certo, e c’è qualche lungaggine di troppo; ma se fosse stato elegante ed essenziale non sarebbe stato suo. Piccola chicca, il film è tratto da un giallo ambientato nell’Inghilterra degli Anni Ottanta, ovvero quanto di più lontano possa esistere da questo regista; eppure, bastano le prime inquadrature per indovinare chi sta dietro alla macchina da presa.
Colori vividi, corpi eccessivi che diventano protagonisti assoluti – i ricci platino di Francesca Neri, le pellicce leopardate di Molina, e persino la sedia a rotelle di Bardem la fanno da padrone –, lacrime e sangue ma sempre con un sorrisetto sotto i baffi; Carne trémula è la cartolina da Madrid che quel vostro amico un po’ roboante eppure adorabile non poteva non mandarvi dal suo Erasmus.