
Casinò: Scorsese, De Niro, la mafia, Las Vegas. Altro?
Filmone. Se si dovesse descrivere Casinò con una parola, sarebbe quella. E del resto: Martin Scorsese alla regia, Robert De Niro protagonista, Joe Pesci a far da spalla e Sharon Stone nei panni dell’immancabile bellissima e nevrotica. Ah, e James Woods a fare da contorno, tanto per gradire. C’è bisogno di aggiungere altro?
Il film è stato girato nel 1995, ma l’ambientazione è pienamente Anni Ottanta: Sam Rothstein è un abile allibratore di Chicago, naturalmente immanicato con la mafia, che a causa del suo infallibile fiuto per le scommesse viene premiato dai capoccia con la gestione del Tangiers, uno dei più esclusivi casinò di Las Vegas. Nicky Santoro, suo amico fin dalla più tenera età, viene spedito a sua volta in mezzo al Nevada per dare un’occhiata, solo che finirà per essere Sam a dover controllare il piccoletto, spesso un po’ troppo sopra le righe. Nel frattempo politica, droga, donne e un sacco, ma proprio un sacco, di soldi: e del resto cosa vi aspettereste dal mix fra uno scommettitore e una montagna di fiches?
Scorsese prende uno dei temi che più lo divertono e ci imbastisce un’opera da manuale: Casinò è l’equivalente di tre ore di una dosa di cocaina, una cascata di banconote e una scarica di mitragliatrici. Scazzottate, fosse in mezzo ai campi di granoturco, ville che sembrano voler trasferire Versailles nel cuore dell’America più becera: tutta l’estetica della criminalità organizzata, del decennio reaganiano e della ricchezza fine a se stessa, condensata in un solo film.
C’è anche del sesso sesso, ça va sans dire, ma solo per fare bella figura: Sam decide di sposare Ginger, nonostante l’irriducibile anima da prostituta e un pappone da due lire di cui non riesce a sbarazzarsi, perché ha il faccino perfetto per presentarsi in società e ripulirsi la fedina. E perché, quando cominci ad avere tutto, devi assolutamente avere anche la più bella del villaggio, sebbene ciò comporti più grane che altro.
Casinò racconta l’ascesa e il declino di un mondo che non c’è più, un mondo per il quale nonostante tutto non si può non provare nostalgia: se all’epoca Las Vegas era un tempio di potere, denaro e fascino, “oggi somiglia a Dinseyland”. Meno violenta, forse, ma vuoi mettere lo charme di un industriale giapponese contro la casalinga disperata che manda in fumo i risparmi di una vita alle slot?
Ultima, ma non per importanza, chicca che rende quest’opera un capolavoro: oltre alle inquadrature perfette, oltre ai colori sgargianti che incarnano così bene gli Anni Ottanta, oltre al ritmo incalzante, Scorsese riesce a basare un film di una tale lunghezza su una voce fuori campo. Senza renderlo noioso: azione e narrazione si fondono in un connubio perfetto, che non lascia tirare il fiato nemmeno nel silenzio del deserto.
Casinò, insomma, è proprio come ci immaginiamo la mafia e Las Vegas: pericolosi, violenti, affascinanti, adrenalinici.