
Che ne sarà di noi, un viaggio in Grecia e dentro noi stessi
Metto subito le mani avanti: a me questo film piace un casino. Quindi se vi aspettavate una recensione stronza e/o intellettualoide, adagiate pure la mano sul vostro mouse in sofisticata plastica nera, alzate il cursore verso l’alto e cliccate quella piccola “x” che vedete in alto a destra. Oppure continuate a leggere sbeffeggiando e deridendo il mio povero cuore da teenager. Oppure leggete e basta, senza sentimenti di sorta, non sia mai che vi faccio cambiare idea.
Questo film mi sa di estate, di aspettative, di ricordi, di mare, ma soprattutto di estrema, acutissima presa a male adolescenziale. Film del 2004 per la regia di un Giovanni Veronesi in splendida forma, sempre delicato (come lo sarà l’anno dopo con Manuale d’amore), Che ne sarà di noi è stato a volte minimizzato a dozzinale teen movie di poche pretese. E la colpa, lo sappiamo tutti, è solo sua…
Fffilvio o lo ami o lo odi ed io lo odio. Poverino… in realtà mi fa simpatia, non lo odio veramente, diciamo però che abbiamo attori migliori in Italia (eddai, su, non stiamo troppo ad edulcorare, come attore FA CAGARE).
Sempre a causa di Silvio Muccino questa pellicola è stata anche letta come una specie di seconda parte di Come te nessuno mai, colossale puttanata se paragonata a Che ne sarà di noi. Non c’entra niente, sono completamente diversi e il fatto che i protagonisti siano giovani in crisi è l’unica cosa che li accomuna.
Alla fine di questo film hai voglia di fare tre cose: viaggiare, visitare Santorini (sono millemila anni che cerco di prenotare, ma costa sempre troppo) e rivivere i tuoi 19 anni, fortunelli voi se ne avete meno. La storia è molto semplice: tre amici profondamente diversi fra loro decidono di partire per un viaggio in Grecia dopo la maturità. Il trascinatore di turno è Matteo (Silvio Muccino) che, da bravo servo della gleba, vuole andare a Santorini unicamente per inseguire l’amata trombamica Carmen (Violante Placido), il personaggio più odioso e cerebroleso mai scritto.

Poi abbiamo gli altri due amici, Paolo e Manuel, interpretati da Giuseppe Sanfelice ed un fantastico, superlativo Elio Germano. Paolo è il classico timidone bravo a scuola, con due genitori abominevoli che hanno già deciso tutto riguardo il suo futuro a Milano alla facoltà di Economia; Manuel ha il temperamento opposto, ribelle e costantemente arrabbiato, con la madre vedova che vorrebbe lasciargli il negozio di animali di famiglia, che Manuel odia apertamente. In sintesi Manuel, Paolo e Matteo sono tre adorabili sfigati alla ricerca di una strada da imboccare dopo il liceo. Ai tre protagonisti si aggiungono poi altri personaggi: c’è Valentina, “la Cicalina” (ma che razza di soprannome di merda è?), ragazza della porta accanto segretamente innamorata di Matteo, anche lei a Santorini; ci sono Bea e Monica, due navigate e bellissime ragazze (e te credo, sono Valeria Solarino e Myriam Catania) e poi c’è Sandro, il tamarro ricco che se la fa con Carmen.
Ma andiamo al dunque: perché è un film che vale, perché guardarlo, perché rivalutarlo?
Perché è esattamente come le storie che descrive: fresco e sensibile. Sa sicuramente parlare agli adolescenti, ma anche ai più grandi. Diciamo che, a 24 anni suonati, a me parla ancora. Diciamo anche che, se ne avete più di me e non sapete chi siete, dove andrete, cosa farete e che ne sarà di voi, anche se di anni ne avete 60, parla anche a voi.
Ora non voglio inneggiare al capolavoro: come vi ho anticipato la trama non contiene tutta questa suspense, è un film sostanzialmente costruito sull’introspezione dei singoli personaggi, il che non costituirebbe in sé un difetto, anzi. Il problema è che il livello di introspezione non è poi così profondo e i personaggi in effetti potranno sembrare un po’ prevedibili e stereotipati: sono sì descritti a tutto tondo, ma le sfumature che mostrano sono banali tutto sommato, da Carmen che in realtà ha il cervello di una tredicenne (ma questo si era capito subito) a Paolo che acquisisce gradualmente sicurezza in sé stesso.
Ma in fondo chissenefrega. Non sarà un Fellini, ma Che ne sarà di noi fa il suo dovere: ti mette nostalgia, ti diverte, ti fa pure un pochino pensare. E’ un film sulla ricerca di sé e sulla libertà, su quel sentimento adolescenziale di assoluta onnipotenza che tutto ad un tratto entra in crisi, s’incrina. Su quanto sia tragico crescere. Su quanto facciano paura i cambiamenti. Sull’amicizia, sull’amore, ma anche sulla solitudine.
Insomma bimbi, io ve lo consiglio calorosamente, non vi cambierà la vita ma è un film davvero gradevole, a tratti brillante. E poi è un film estivo, da vedere con gelato in vaschetta e finestra aperta. Vada per le tre stelline, la quarta se l’è fregata Filvio.