Un’opera d’arte può diventare immortale? La risposta a questa domanda non è per nulla scontata. Ma in campo cinematografico una cosa è certa: molti registi hanno provato a “tramandare” i lavori dei loro predecessori, con citazioni e scopiazzature più o meno esplicite. Un esempio è obbligatorio: Quentin Tarantino, ladro d’arte professionista (ma noi amanti del cinema approviamo i suoi crimini).
Se invece consideriamo le arti figurative, per quelli più esperti in questo campo prima o poi si saranno ritrovati a notare che la fotografia di certi film sembra ricalcare la pittura del passato. A tutti questi non posso che consigliare di prestare attenzione alla filmografia di Stanley Kubrick, feticista della pittura moderna: Barry Lyndon è un susseguirsi di citazioni d’arte.
Ma per noi che non ce la intendiamo molto con la pittura dei secoli passati, c’è un’opera d’arte famosissima che sembra apparire più spesso delle altre in citazioni e omaggi. Chi non conosce L’ultima cena di Leonardo da Vinci? La conosciamo tutti, anche grazie all’importanza che l’opera ha avuto nel bestseller Il codice da Vinci e nella riduzione cinematografica di Ron Howard. La cosa divertente è che la maggior parte delle volte che viene presentata una rielaborazione cinematografica di questo dipinto, lo si fa creando un contrasto con la sacralità che sta all’origine del soggetto. I risultati sono infatti abbastanza irriverenti e con una certa dose di sana blasfemia (devo dire anche abbastanza moderata, per non turbare i più bigotti), come vedremo nei singoli casi.
Viridiana di Luis Buñuel (1961)
In questo film il maestro spagnolo ci mostra un cenacolo di mendicanti. Quando la giovane novizia e il borghese escono da casa, i poveri mendicanti decidono di entrare, inizialmente solo per dare un’occhiata. Di fronte al lusso alto-borghese dell’edificio e alle abbondanti provviste alimentari, la situazione degenera velocemente in un’orgia di cibo, sesso e alcool. Durante tutto ciò, i mendicanti si ritraggono seduti al tavolo, in una composizione che ci sembrerà familiare.
Questa scena ha contribuito a far sì che il film venisse rifiutato dalla Chiesa Cattolica (e chi se lo aspettava!).
Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini (1962)
Qui c’è da riportare direttamente un estratto della sceneggiatura:
“Tre bei maialetti entrano, sul rozzo pavimento, intuzzando,
grugnendo, spaventati, disorientati.
Sono tutti incravattati, uno ha un cappello in testa, uno ha un
fiocchetto alla coda, uno ha un paio di giarrettiere. Entrano come una
cricca di matti, di condannati a morte, come un balletto. Dietro di loro
si vede zompare una scopa, e quella che la maneggia ride da
sbudellarsi.
MAMMA ROMA: A sora sposa! Ecco i nostri fratelli!;
Dentro l’osteria c’è una tavolata come quella dell’Ultima Cena, a ferro
di cavallo, con una quarantina di convitati: parenti della sposa, burini,
neri come tizzoni, e i colleghi dello sposo: tutti papponi.”
La scena si commenta da sola. Mamma Roma è una prostituta romana decisa a cambiare vita: l’occasione le si presenta quando il suo protettore convola a nozze liberandola da ogni legame di possesso. Questa sarà quindi effettivamente la sua”ultima cena”.
M*A*S*H di Robert Altman (1970)
Anche in M*A*S*H c’è un’ultima cena. Durante la guerra di Corea, in un’ospedale da campo ne succedono di tutti i colori. Un dentista dongiovanni è caduto in depressione perché auto convintosi di essere omosessuale. Quando rivela ai colleghi l’intenzione di suicidarsi, questi organizzano la sua ultima cena, in cui gli viene somministrato un veleno, che in realtà è un sonnifero. La successiva “visita” di un’infermiera ne confermerà l’eterosessualità.
Anche qui l’aspetto sacrale dell’opera originaria viene totalmente ribaltato, e l’effetto è incredibilmente divertente.
Jesus Christ Superstar di Norman Jewison (1973)
Rock Opera con i personaggi dei Vangeli in chiave hippie. Successo assicurato. In un film del genere, l’ultima cena non può che esserci presentata da degli uomini su un prato a cantare brani rock, il che si intona con il resto dell’opera. Oggi possiamo affermare che questa ultima cena appaia come la meno blasfema fra quelle portate al cinema, mentre per i più bigotti, all’uscita nel lontano 1973, era l’intero film ad essere eccessivamente dissacrante (musica rock=Satana!).
La pazza storia del mondo di Mel Brooks (1981)
Anche in questo film Gesù e i suoi discepoli non ci vengono presentati secondo una chiave canonica, con la differenza che qui l’intento è chiaramente parodistico. Uno dei protagonisti entra dentro una sala privata all’interno di una locanda mentre un uomo, circondato da dodici amici, esclama: “questa sera uno di voi mi tradirà!”. Poco dopo entra anche un certo “Leonardo”, per realizzare un dipinto che noi conosciamo bene…
Vizio di forma di Paul Thomas Anderson (2014)
Anche qui come in Jesus Christ Superstar abbiamo a che fare con degli hippie, solo che in questa scena non c’è nulla che si possa considerare come religioso (a parte la pizza). Larry “Doc” Sportello, l’investigatore protagonista del film, nel suo cammino che lo porta ad incontrare stravaganti personaggi e a vivere bizzarre situazioni, ad un certo si ritrova nel cenacolo hippie di Owen Wilson.
E infine…
Abbiamo visto numerose “ultime cene”, rappresentate in film fra loro diversissimi, ma che hanno in comune una certa distanza dal cinema canonico. Manca però un’ultima “ultima cena”, questa volta proveniente dal mondo della televisione. Per l’esattezza proviene da una sitcom animata, anzi DALLA sitcom animata: I Simpson. In più di 600 episodi non poteva mancare una versione gialla e irriverente del dipinto di Leonardo. Abbiamo qui un Homer soddisfatto, circondato dai suoi amici, nel suo ambiente naturale: il bar di Boe. Penso che in questo caso la più grande differenza con il dipinto di Leonardo sia che, se quella è stata l’ultima cena di Cristo, questa non sarà mai l’ultima sbronza di Homer…