Film

Cinquanta sfumature di nero: manuale di distruzione di massa

Il secondo capitolo della saga sfumata arriva in sala: ed è subito disastro.

Si potrebbe iniziare questa recensione di Cinquanta sfumature di nero in tanti modi. Qualcosa si era già detto, in fondo. Ma si potrebbero dire tante cose, lo si potrebbe distruggere fotogramma per fotogramma. Perciò mi scuso se questa recensione non parlerà – non interamente almeno – in modo prettamente cinematografico. Perché quando qualcosa prende piega come fenomeno culturale, quale Cinquanta sfumature è, ci si scosta un po’ dai tecnicismi, per forza di cose.

Intanto ci tengo a fare una premessa, nella remota possibilità che qualche accanita (perché so che sarai donna) fan mi stia leggendo. Sì, prima di esprimermi ho letto tutti e tre gli assemblaggi di carta rilegata che mi fa orrore chiamare libri, figuriamoci romanzi. Quindi dopo lo sforzo mastodontico che mi son fatta, mi esprimo.

Abbiamo provato a darci una trama

Quando due anni fa uscì Cinquanta sfumature di grigio ricordo di essere uscita dalla sala con il mal di pancia dalle risate. Già, perché il primo capitolo di questa fortunatissima (evvai!) saga, già nel romanzo, ma ulteriormente nel libro, non ha una trama. Lui vede lei, si piglia bene perché lei è scema, se la tromba. Lei si piglia male perché lui vuol far le cose zozze, poi gliele chiede, lui le dà due schiaffi sul sedere. Lei si scandalizza e lo lascia. È già evidente che quella che merita la morte dei due sia lei, ma sorvoliamo.

In sostanza in questo film si alternavano dialoghi terrificanti e accoppiamenti ancora peggio. Così terrificanti, così ridicoli, che potevo sentire la voce del regista dichiarare, a braccia aperte, C’è scappato er trash. Insomma che guardandola sotto questa luce sono quantomeno tornata a casa divertita. (Qui vi allego il video che si esprime ulteriormente al mio posto)

Ma non poteva esserci un buon motivo per guardare sta roba, così con Cinquanta sfumature di nero siamo finiti ad assistere alla disperata lotta (proprio che senti il fiatone in sottofondo, che è comunque più arrapante delle scene di sesso, ancora una volta) al tentativo di dare una trama al film. Che altrimenti rimaneva un porno di quelli riusciti male. Il fatto che fosse meglio così non li ha sfiorati neppure.

Sì, nel film ci si sono accaniti ancor più che nel romanzo. E allora giù di drammi sentimentali (“Christian, sei malato, non ti voglio” “Ma Ana, io voglio cambiare” “Ok allora torniamo insieme!”), ex fidanzate pazze, passati tormentati, famiglie drammatiche, traumi e chi più ne ha più ne metta. Si potrebbero, dicevo prima, dire cose molto banali, io vi dico che ho rimpianto di non essere a casa a guardare The Lady. Lory del Santo vince sulle Cinquanta sfumature, a mani basse.

Sono comunque dialoghi migliori, fidatevi.

Il fenomeno delle Cinquanta sfumature

Ma al dil à di un giudizio qualitativo, aldilà di un giudizio filmico (dove posso dirvi però che succedono cose tipo “Andiamo a berci un bicchiere di vino” e tre secondi dopo hanno una birra davanti. O ancora, persone che indossano cose che poi scompaiono perché far la scena di sesso dove bisogna levare tre strati di vestiti fa brutto) il problema di questa saga è di quelli un po’ più subdoli e che scadono spesso nei discorsi qualunquisti, ma che è necessario fare.

Come forse non tutti sapranno, la saga di Cinquanta sfumature di grigio nasce come fan fiction di Twilight. Come tale, il sistema dei personaggi è uguale, nonché la loro caratterizzazione. Con una differenza: Edward C… ehm, Christian Grey, ha la fissa del sadomaso perché veniva abusato da piccolo. E fin qui, voi direte che al massimo Freud s’è un po’ rigirato nella tomba, cosa che accadrà un milione di volte al giorno.

Il punto qual è?

Il problema, che diventa evidente da questo capitolo in poi, è un altro: il passato di Christian diventa motivazione non solo per i suoi atteggiamenti sessuali, ma anche per il suo atteggiamento ossessivo e manipolatore nei confronti di lei. Non basta che lui sia ricco sfondato e pretenda di pagarle anche gli assorbenti, le proibisca attività lavorative, abbia un fascicolo con i suoi dati e le sue informazioni, non si sa bene come anche il suo numero di conto corrente. Sceglie i suoi vestiti, sclera se lei va a prendere una birra col capo.

L’atteggiamento poi non viene messo in evidenza come sbagliato, no. Il caso vuole che il capo si riveli un violento, che ogni volta che Christian ha chiesto ad Anastasia di non fare qualcosa aveva poi ragione, e via dicendo. E io passerò per la femminista della situazione, ma sono dell’idea che ad oggi educare le ragazzine (perché di loro si tratta) a pensare che atteggiamenti folli e manipolatori siano giustificabili perché una persona ha subito un trauma sia quanto di più sbagliato si possa fare.

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Non solo: Anastasia non si oppone a lui se non sporadicamente facendogli notare, ironicamente per giunta, che certe cose sono un po’ folli. Bene o male però, poche delle volontà di Mr. Grey non vengono esaudite. Eppure lui stesso la mette in luce come “l’unica che gli si ribella”. In realtà, tanto perché c’è coerenza in questa saga, la sola cosa che Christian cambia, la sola in cui non viene più assecondato come prima, sono proprio le sue abitudini sessuali.

Degradoland

A questo aggiungiamo il dramma. Sei in coda al cinema e ti vedi le quattordicenni che fanno urletti in falsetto sentendosi trasgressive perché Mr. Grey dà due patte sul culo ad Anastasia sul grande schermo. Di più: accanto a loro ci sono quattro cinquantenni che se la ridacchiano anche loro, sentendosi giovani e ribelli. E allora vorresti non esserci, al cinema.

Perché il problema non è che esistano film e libri di questo tipo, che sono sempre esistiti e sempre esisteranno. Il problema non è che chi non sa scrivere pubblichi e faccia soldi, e chi non sa fare film pure. Il problema è che c’è sempre più gente pronta a prendere a modello tutto e tutti. A qualsivoglia età, un film o un libro possono farci sentire giustificati nell’entrare in certe dinamiche, nell’essere in un certo modo.

La cultura ha ancora un potere, e prodotti come Cinquanta sfumature di grigio, nero e il rosso che sarà, dimostrano che non ci interessa. Ci interessa il denaro, anche se averlo costerà l’aver avuto la possibilità di educare uno spettatore e aver fatto l’inverso.

Per cui io mi sono detta di prenderla sul ridere, di prendere il lato trash della cosa. Ma siccome il trash presuppone la volontà di non essere verosimili, questa volta dalla sala ci sono uscita preoccupata. E preoccupata resto.

Che poi, solo a me sembra che sta tizia quando si morde il labbro sembri più vittima di un ictus che sensuale?

Gaia Cultrone

1994, ma nessuno ci crede e ancora bersi una birra è complicato. Cinema, libri, videogiochi e soprattutto cartoni animati sono nella mia vita da prima che me ne possa rendere conto, sono stata fregata. Non ho ancora deciso se sembro più stupida di quello che sono, o più furba; pare però che il cinema mi renda, quantomeno, sveglia. Ah, non so fare battute simpatiche.
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