Fin da bambina sono una grande fan del mondo dei doppiatori italiani: sono quattro gatti e si fanno un culo quadruplo per doppiare ogni genere di prodotto, facendo più ore dell’orologio. Sono anche una delle categorie lavorative più democratiche di sempre, capaci di passare con scioltezza dal doppiare un cartone animato per marmocchi dell’asilo al doppiare un film erotico, dal prestare la voce ai personaggi di un telefilm beghino come Settimo cielo a farlo in prodotti pieni zeppi di parolacce e bestemmioni, a lavorare all’adattamento di telefilm progressisti come Sense8 a dedicarsi invece ai trailer di propaganda di Salvini… no dai anche loro hanno un limite.
Il loro impegno si è fatto sempre più difficile, con l’avvento dei DVD, dei Blu-Ray, delle piattaforme online, dello streaming, della tv satellite: si è passati da un’epoca in cui in Italia non si aveva altra scelta che non il prodotto doppiato – non ci si poneva neanche il problema – e i lavoratori del settore avevano dei mesi per lavorare a un doppiaggio, ad adesso, in cui vengono richiesti ritmi serrati: i telefilm, i film e i trailer escono sempre più frequentemente in contemporanea mondiale e questo richiede doppiaggi nel giro di 24 ore o di una settimana scarsa. Inoltre, la scelta sempre più frequente tra lingua originale e doppiaggio li rende meno essenziali di una volta, provocando un mix letale tra il dover lavorare di più e l’essere pagati di meno.
A questi problemi si può attribuire l’incidente, ahimè possibile e diffuso, di doppiaggi cannati completamente, che vanno a coprire e cancellare il lavoro dell’attore dietro la voce. Lì, spesso, molto sta alla dedizione del doppiatore stesso – leggendari sono i casi come quelli di Adriano Giannini al doppiaggio di Heath Ledger ne Il cavaliere oscuro, che ha intrapreso un lavoro di immedesimazione di livello attoriale, adottando addirittura degli escamotage fisici, come tenere dei pezzi di stoffa dentro le guance, per rendere al meglio in italiano l’interpretazione originale.
Un altro lavorone di doppiaggio: Giannini e Pino Insegno ai microfoni della versione italiana di True Detective (prima stagione), prestando la voce rispettivamente a Matthew McConaughey e Woody Harrelson.
Di rovescio della medaglia, può anche capitare che il doppiatore svolga un compitino mediocre e per nulla sentito.
Oppure che sia la direzione del doppiaggio a fare un lavoro sbagliato, per motivi analoghi.
Oppure ancora, che la scelta malsana di affidare il doppiaggio a un non professionista (la “guest star”) si riveli una decisione drammatica.
Sbagliare un doppiaggio o l’assegnazione di un doppiaggio, ahimè, è come imbrattare un dipinto con della vernice: vandalizza l’opera irrimediabilmente, perché per il mercato italiano quello resterà il doppiaggio “ufficiale” per sempre (a meno di avere la fortuna di un ri-doppiaggio successivo), nonostante tutti gli errori – di casting, di interpretazione, di traduzione dei dialoghi, di adattamento.
Vediamo da vicino cinque casi diventati emblematici: da un lato abbiamo un grande attore straniero che porta a casa un’interpretazione magistrale, dall’altro un doppiatore italiano che, coprendo la voce dell’attore con la sua, modifica, banalizza o addirittura rovina il suo lavoro.
In Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino fa un lavorone sulla voce e il modo di parlare del suo Aldo Raine: è divertentissimo sentirlo in lingua originale e ti fa proprio dire belin che bravo! (o minchia che bravo se non sei ligure).
Sandro Acerbo, che è tra l’altro il suo doppiatore praticamente abituale, lo doppia… come lo doppia in qualunque film, che sia Vento di passioni o Ocean’s Eleven. Monotematico. Non fa neanche lo sforzo di tentare un lavoro interpretativo che si adatti a quello di Brad. L’effetto? Che mentre in lingua originale Christoph Waltz comunque regna, ma Brad recitativamente si difende molto bene e anzi, è un’interpretazione di livello, il contrasto in italiano appare erroneamente nettissimo: sembra che Waltz sia un dio della recitazione e Brad un cane d’attore, piatto e scialbo. E non era proprio così.
E non è un personaggio che dovrebbe far ridere. Sentitelo in lingua originale: non fa ridere, anzi (cazzo, è Tom Hardy, sa quello che fa!). Mi verrebbe da dare la colpa alla distorsione vocale della voce, ma a) quella c’era anche in inglese e b) il fatto che non sia un doppiatore professionista dietro quella distorsione, ma un attore, mi insospettisce.
È un errore che non è nuovo all’adattamento della saga di Nolan: se Adriano Giannini (Joker) ha una formazione da doppiatore coi controcazzi – è di famiglia: quel grande di suo padre Giancarlo tra i mille doppiaggi eccelsi aveva a sua volta prestato la voce a un Joker, quello di Tim Burton -, tale da essere forse più bravo come doppiatore che come attore, lo stesso non si può dire per Claudio Santamaria, chiamato a doppiare Bruce Wayne fin dal primo film Batman Begins. Ora, io adoro Santamaria (specie dopo Lo chiamavano Jeeg Robot), è un ottimo attore italiano, uno tra i pochi a poter competere con gli attori oltre confine. Ma non è un doppiatore. E la scelta di Santamaria al posto di Riccardo Rossi, doppiatore professionista che di solito viene abbinato a Christian Bale, è stata molto contestata nel corso dei tre film.
Lo stesso discorso vale per Filippo Timi: ottimo attore, ma forse affidargli il doppiaggio di Bane era una responsabilità un po’ onerosa per uno che non è doppiatore a tempo pieno. E così, Il cavaliere oscuro – Il ritorno avrà per sempre un Bane che non fa paura a nessuno, con una voce acutina e lagnosa.
Doppiatore: Francesco Pezzulli (primo doppiaggio), Giorgio Borghetti (secondo doppiaggio)
Questo è uno dei casi proverbiali: una delle qualità che ha reso celebre e affascinante lo Sherlock Holmes di Cumberbatch, e che rende affascinante Cumberbatch stesso, è la sua voce. Profonda, talmente profonda da far sì che venisse chiamato a interpretare il drago Smaug nella trilogia de Lo Hobbit senza bisogno di nessuna distorsione vocale. La voce di questo personaggio è una sua caratteristica fondamentale. Togliergliela, cancellarla, è già drammatico; ma coprire quella voce con una che non ci azzecca nulla, una voce sbarazzina e adolescenziale, significa stravolgere il personaggio. E consegnarlo al pubblico italiano in una veste in cui non potrà mai apprezzarlo. In inglese, è un uomo affascinante benché particolare. In italiano, è un ragazzino viziato.
Provate a confrontare la presentazione di Sherlock in questo video (dal minuto 3:34):
Con la medesima scena in italiano all’inizio di questo (minuto 0:22):
Vi sembra la stessa cosa?
Da menzionare che la situazione che vedete era così drammatica, da imporre un evento indiscutibilmente raro: il telefilm, per la sola parte riguardante Sherlock Holmes, è stato interamente ridoppiato, sostituendo Pezzulli con un nuovo prestavoce. Per quanto mi riguarda, però, il nuovo doppiaggio non ha migliorato le cose di molto: Cumberbatch non riesce comunque a trovare un doppiatore fisso in italiano, qualcuno che possa quantomeno adattarsi progressivamente ai suoi modi. (Molti vorrebbero come doppiatore d’ufficio di Cumberbatch Luca Ward, che lo doppia come drago Smaug, ma l’abbinamento non si è verificato finora, e si continua ad andare per tentativi).
Ok, questo mi fa particolarmente incazzare perché Heath Ledger è stato in vita il mio attore preferito (naturalmente lo è ancora, era per dire che lo seguivo con costanza) e questa interpretazione è il suo capolavoro assieme a quella del Joker.
Anche Heath fa un lavoraccio sulla voce in questo film: in un’intervista aveva affermato di aver recitato Ennis Del Mar “come un pugno chiuso”, calcando molto sulla difficoltà comunicativa del personaggio, che parla sottovoce, a volte borbotta quasi, altre “mastica” le parole. È proprio questo a creare il contrasto non solo con l’altro personaggio in scena, ciarliero ed estroverso, ma anche con la carica emotiva che quest’individuo prova e che spesso lo travolge in modo drastico (che sia attraverso il bacio, o la violenza, o la nausea, o il rifiuto degli altri).
Il doppiatore non fa niente di tutto questo, e lo doppia anche qui in maniera standard, piatta, mediocre, come un qualunque protagonista di un melò, rendendolo a tratti stucchevole ma, all’opposto, rendendo meno toccanti molte scene. Se, per esempio, il momento in cui Ennis in inglese dice “è per te che mi sono ridotto così, non valgo niente” spezza quasi il cuore per il nodo in gola e la difficoltà con cui lo ammette, in italiano l’affermazione suona molto più lagnosa e teatrale.
In generale, in questa pellicola, forse non prevedendo l’impatto culturale che avrebbe avuto, è stato fatto un adattamento molto sommario – ci sono anche tantissime licenze di traduzione assolutamente non necessarie, frasi che cambiano completamente dall’inglese all’italiano, battute che addirittura non vengono doppiate. Forse è uno di quei film che avrebbe bisogno di venire un po’ rivisto, ma temo che, in italiano, ce lo dovremo tenere così per sempre.
5) Daniel Day-Lewis (Lincoln)
Doppiatore: Pierfrancesco Favino
Caso analogo a quello di Bane: non chiamate le guest star a fare il lavoro di un doppiatore. Soprattutto, non fatelo quando il materiale da doppiare è così impegnativo, trattandosi dell’interpretazione di uno dei più bravi attori viventi: castare un professionista in questo caso dovrebbe essere quasi d’obbligo. Non stiamo parlando di Kung Fu Panda, ma di un film costruito attorno a un attore e a una interpretazione magistrale, forse sua firma a chiusura di un’intera carriera.
Non me ne voglia Piefrancesco Favino, che è anche una persona simpatica, ma la versione italiana di Lincoln è in-as-col-tabile. C’è qualcosa di talmente stonato nella sua voce (si sente subito a orecchio, quando a doppiare è qualcuno non abbastanza preparato a questo lavoro), da distrarre. Che la voce dei doppiatori svii dalla fruizione di un film è qualcosa che mai dovrebbe accadere. Avete rovinato la pellicola, mi dispiace, senza se e senza ma.
E anche quella, mi sa che toccherà tenercela così.
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Il problema è aggirabile e aggirato dal numero sempre crescente di spettatori che non hanno problemi a mettere su la traccia audio originale, in caso di cattivi doppiaggi e non solo. Però bisogna anche tenere conto che, in Italia, ancora una fetta larga di popolazione guarda film e telefilm solo doppiati, e non è giusto che venga loro presentato un prodotto che non solo non rende minimamente giustizia all’originale, ma lo peggiora, lo travia, lo “imbratta” per sempre con un lavoro scadente, lasciandolo ai posteri in quello stato.
E niente, volevo chiudere con una battuta simpatica ma mi sono incazzata troppo. Andate in pace.
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P.s. Trovate l’articolo anche sulla pagina dei nostri amici di Giornale7. Fateci un salto!
Storica dell'arte, insegnante, fangirl, cinefila. Ama i blockbusteroni ma guarda di nascosto i film d'autore (o era il contrario?). Abbonata al festival di Venezia.
"Artalia8" su YouTube, in genere adora parlare di tutto ciò che di bello e sopportabile gli esseri umani sono capaci di produrre.