
Il cliente: Farhadi porta Miller a Teheran per gli Oscar 2017
In tempi in cui il presidente del paese che ha inventato gli Oscar proclama un “muslim ban”, è assai probabile che il pluripremiato regista Asghar Farhadi non presenzierà alla cerimonia del prossimo 26 febbraio. Così come è altrettanto probabile che questa mossa gli spianerà la strada verso l’ambita statuetta; ed è un peccato, perché un film come Il cliente non ha bisogno di velarsi di ideologia politica per portarsi a casa un premio: mai come in questo caso, la settima arte non ha bisogno di altri sotterfugi. Questo film sancisce infatti il talento di Farhadi con la macchina da presa, talento di cui ci si era già accorti con About Elly e Una separazione; e quello degli interpreti, perfetti sia sul grande schermo che sul palco di un teatro della periferia di Teheran.
Il cliente racconta la storia di Emad (Shahab Hosseini) e Rana (Taraneh Alidoosti), giovane coppia con la passione della recitazione e impegnata nella messa in scena di Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Una vicenda drammatica e apparentemente relegata all’epoca del Novecento americano, finché la letteratura non decide di irrompere di prepotenza nell’Iran del nuovo millennio. Già: perché Emad e Rana a causa del cedimento del palazzo in cui abitano si ritrovano a traslocare in fretta e furia nell’appartamento di un amico, senza sapere che l’inquilina precedente era una prostituta; così, quando un cliente si presenta alla porta, Rana ne subisce le conseguenze. Da questo momento, è crisi: lei è apatica e spaventata, lui assetato di giustizia, o meglio, di vendetta. Una vendetta che finisce per riguardare molto più l’uomo della donna: se Rana è disposta a dimenticare, Emad deve difendere il suo onore, quale che sia il prezzo.
Come il commesso viaggiatore di Miller era intrappolato in un tunnel senza fine di viaggi e notti in macchina per raggiungere il tanto agognato quanto discutibile traguardo del sogno americano, così l’insegnante di Farhadi inizia una discesa agli inferi di ricerche, sospetti, interrogatori. E quando il cliente si rivela un animale insipido, capace di suscitare più pietà che indignazione, paradossalmente la sua furia aumenterà.
Ne Il cliente la bravura di regista e attori è sublime: il cineasta iraniano sa bilanciare dramma, thriller e teatralità in un gioco che inchioda lo spettatore allo schermo, mentre i protagonisti riescono ad incarnare i sentimenti più nobili e più viscerali che possono attraversare l’animo umano. Shahab Hosseini è un musulmano illuminato e progressista, ma ancorato ad un’idea ancestrale della donna e della famiglia, soprattutto quando si tratta della sua; Taraneh Alidoosti è una madonna caricata delle peggiori tragedie, eppure disposta al perdono; e Farid Sajadi Hosseini da creatura viscida si trasforma in un essere disperato, che anziché disgusto provoca compassione.
Il film nasce in Iran, e dell’Iran lascia trapelare alcune peculiarità: come la presenza di un comitato incaricato di approvare gli spettacoli, o le classi rigorosamente divise per sessi, o il timore delle chiacchiere del vicinato. Potrebbe però essere stato girato ovunque, perché le passioni di cui parla sono universali e senza tempo. Il commesso viaggiatore si suicida appena prima di saldare l’ultima rata del mutuo, Emad sceglie di condannare il suo nemico, sé stesso e la moglie ad un futuro di incomprensioni proprio quando tutto stava per essere dimenticato; e le donne, in entrambi i casi, comprendono e perdonano, ma nulla possono contro le ossessioni altrui. E allora non resta che invecchiare guardandosi negli occhi, senza più nulla da dirsi.