
Colpo di fulmine: inviterei ad uscire Addio fottuti musi verdi
Fermi. Alt. Già sento “Ma come? Più di tre stelle ad Addio fottuti musi verdi?”. Ebbene, sì.
Sì, per una serie di motivi, a partire dalla passione fino ad arrivare al comparto tecnico, passando per il prendere per il culo Gigi D’Alessio.
Ma Addio fottuti musi verdi rappresenta, allo stesso tempo, un punto di fine ed uno di inizio: è la fine di un percorso che era costato ai The Jackal sudore e fatica (basti guardare prodotti come Lost in Google), e l’inizio di un percorso nuovo (si spera) nel mondo del cinema, che, di ragazzi con così tanto talento, ha sempre bisogno.
Quindi è un capolavoro?
Ma assolutamente no, col cazzo. La mia anima da rompipalle mi direbbe di criticare le battute sulle flatulenze o, semplicemente, la comicità non certo alla Louis C.K. (Cosa che, visto gli sviluppi delle nuove accuse di molestie, potrebbe essere un bene…), o, ancora, i troppi urli di Ciro. Ma proprio non ce la faccio. A partire dal fatto che in sala mi sia sembrato di star assistendo ad un film quasi per nulla italiano (poi, guardando i temi trattati, tipo la disoccupazione giovanile, sono tornato sulla terra), Addio fottuti musi verdi è davvero divertente.
Non per la comicità in sé, ma per l’insieme del tutto, per l’amore sconfinato per i vecchi cult di fantascienza e non solo (sono abbastanza sicuro che, almeno il regsta, Francesco Ebbasta, apprezzi molto Edgar Wright per l’impostazione di alcune inquadrature), per la stereotipia dei personaggi, che in questo caso non è un difetto, e per i gli spettacolari effetti speciali che, in un film italiano, non avevo mai visto (del resto sono curati dagli stessi ragazzi che crearono quel bellissimo Metal Gear Solid: Philantropy, e che sono stati trascinati, per fortuna, nel progetto).
La trama è piuttosto basica, ma molto curiosa.
Ciro è un grafico (con delle espressioni facciali piuttosto contestabili) con un numero indefinito di lauree, che, non riuscendo a trovare lavoro, invia il proprio curriculum nello spazio e viene assunto. Fine. Il resto è costituito da intermezzi, alquanto divertenti, e, soprattutto, pregni di autocitazionismo verso i vecchi lavori del team.
Da segnalare la presenza di Fortunato Cerlino e Salvatore Esposito, che avevano trovato la fortuna in Gomorra e che qui recitano nel ruolo degli stessi personaggi della serie ma con nomi diversi, e di Gigi D’Alessio. Cazzo, sì. Gigi D’Alessio. Accanto alla scena di Marcello, come here! in La dolce vita, e quella iconica della Loren piangente in La ciociara, di prepotenza arriva la scena con Gigi in Addio fottuti musi verdi a porsi tra quelle più emblematiche del cinema italiano.
Ma, scherzi a parte, è il comparto tecnico di questo film a far spavento.
Addio fottuti musi verdi ha un’ottima regia, un’ottima fotografia e degli ottimi effetti visivi. Le riprese aeree funzionano e sono visivamente molto belle, e alcune scene, come quella presente nei primi minuti sull’impalcatura (quella del kitammuort, per intenderci) hanno un gioco di luci molto funzionale al contesto. Trovare effetti speciali del genere nel cinema italiano, invece, è come chiedere a qualcuno il poeta preferito senza ricevere “Bukowski” in risposta. Quasi impossibile. La CGI è curata alla perfezione, e lo si vede già dall’introduzione con un improbabile Tenente Simone Ruzzo che disintegra un alieno.
Voglio concludere con un consiglio:
Ne abbiamo vista di immondizia che esce dal webbe e viene portata sul grande schermo, e, senza fare nomi (coff coff… Fuga di cerv… coff coff...), questo film non è in quella pattumiera. Se qualcuno mi dovesse chiedere se andare o no a vederlo al cinema, risponderei, senza dubbio, sì.
Nella peggiore delle ipotesi, uscirà buttando merda su qualunque aspetto della pellicola senza salvare nulla, ma tanto oggi va di moda così.
Se si libera la mente dal pregiudizio per cui YouTube = merda, Addio fottuti musi verdi sarà ottimo per passare una serata tranquilla e, magari, ripensarci anche il giorno dopo. Se poi andate in sala e vi aspettate il nuovo Metropolis di Lang, allora, perdonatemi, ma il problema è vostro, non mio.